Ieri, ai Fori imperiali in pieno sole, con i ragazzi di Greta

Un momento della “Strike4Climate”, manifestazione che sostiene la battaglia in difesa del clima dell’attivista 16enne svedese Greta Thunberg, Roma 15 marzo 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Ieri, alcune ore del residuo tempo che mi è concesso di vivere, era stato destinato ad assistere ad una manifestazione calendarizzata nell’ambito del vasto programma che va sotto il titolo di Difesa Collettiva, organizzata bene (un successone), dallo staff del sottosegretario alla difesa Angelo Tofalo e, ritengo, dagli uffici preposti dell’Esercito Italiano. Per cause plausibili (il solito disguido), il mio nominativo non è risultato tra chi si era prenotato per accedere alla sala della Biblioteca Nazionale Centrale di Castro Pretorio per assistere all’incontro. Per cui l’organizzazione mi ha, come era opportuno, relegato in ultima fila. Per motivi miei personali (non vedo più bene), da quella distanza non avrei visto niente se ci fossero state, ad esempio, slides da leggere. In più, per scelte di convenienza e di “gerarchia”, una scolaresca vociante (dal primo minuto i ragazzi, insofferenti, mi hanno chiesto a che ora finisse la manifestazione) mi avrebbero impedito perfino di ascoltare. Ho preso la palla al balzo e me ne sono andato. La presenza degli studenti mi ha suggerito “dove” andarmene. Uscito dalla Biblioteca, preso un autobus, mi sono ritrovato antistante il soleggiato (che mattinata!) Foro Romano nel cuore del raduno che le scuole romane avevano scelto per unirsi alla manifestazione a sostegno dell’azione politico culturale intrapresa da Greta, la Giovanna d’Arco a guida del costituendo “esercito” ambientalista mondiale.
Come si dice: mi si è chiusa una “porta” con gli amici della Difesa, in Biblioteca Centrale, e mi si è aperto un “portone” sulla bella gioventù, finalmente (così mi è sembrato) scossasi dal torpore del letargo politico e culturale in cui era stata lasciata colpevolmente, direi da tutti noi, senza sogno, senza Stella Polare.
Tanti, tantissimi come era opportuno che fossero. Tra i ragazzi ho visto anche molte persone adulte, con i segni del tempo passato a sperare inutilmente che qualcuno si accorgesse che il Pianeta si sarebbe dovuto attrezzare non solo per una riconversione ecologica del sistema energetico come risposta a problemi di sopravvivenza ma come una grande opportunità verso una nuova cultura. Una cultura complice/alleata per raggiungere una qualità della vita che dovrebbe essere, senza distinzioni, la finalità ultima dei terrestri. E ieri mattina ho visto (così mi è sembrato) qualcuno cominciare a farlo, con chiarezza e con facilità di linguaggio. Linguaggio chiaro e diretto che ho sentito usare dai giovani e che ho ritrovato sui loro cartelli. Creativamente tutti fatti “in casa”. Certo i giovani nativi digitali, appartenenti, con diversi gradi di consapevolezza, alla “infosfera turinghiana”, difficilmente, anche applicandosi, possono capire/condividere le idiozie culturali legati all’esclusione e ai respingimenti.Pertanto ho sentito ritmare molti slogan contro gli atteggiamenti fobico-razzisti-provincialotti del Ministro Salvini. Difficile non farlo quando si è nati nell’era post internet e dove la rete informativa (ormai anche altro) a cui, come un solo tessuto connettivo di crescita esponenziale, sanno di appartenere i ragazzi, va nella direzione opposta a quella verso la quale dei poveri mentecatti sostenitori della conservazione degli attuali privilegi (economici e di razza), di alcuni su altri, gli oligarchi (loro si planetari) vorrebbero spingerli. Questa generazione (ci sono certo tra loro eccezioni di bulli razzisti e cretini) si prepara a seppellire le donne e gli uomini che hanno in odio il principio dell’inclusione e della evoluzione della “razza umana”. Il 4 gennaio 2018 ho pubblicato un raccontino “Silly asses” (Razza di deficienti!) di Asimov che oggi ripropongo, quale omaggio, da lontano ma sentito, alla mia “bellissima” G-G (Greta-Giovanna). E questo (considero Greta, afflitta dalla sindrome di Asperg, bellissima nella sua apparente fissità e autismo) lo scrivo, tra l’altro, alla faccia della faccia (la sua si mostruosa) dell’insulsa (era così da ragazzetta canterina e lo è ancora oggi da vecchia citrulla) di Rita Pavone. E di tutti quelli (compreso il mio lettore Aldo Parisio) che abbiano in odio quanto sta accadendo. Perché, sentite a me, qualcosa di notevole sta accadendo a prescindere dalla “Razza di deficienti” che imperversa, egemone, sul Pianeta. Sotto il naso anche di chi, pentastellato, non doveva distrarsi o farsi imbrigliare in mille e mille stronzate (e cose sordide) che si aggirano intorno al mondo degli affari Sì-TAV. Tanto per fare un esempio. Come si vedrà a tempo debito. Per questo, tra l’altro, siamo NO-TAV, NO-TAP, ad oltranza, e, per il rispetto di Madre Natura, che, quando si incazza, non lascia scampo ai cretinetti organizzati e dediti ai loro miserabili arroganti, irrispettosi, accordini vi invitiamo a riflettere. Mi dispiace che nella furia iconoclastica a cui la Natura, reagendo, si lascia andare, ci vadano di mezzo milioni di innocenti. Anche per questo non avremmo dovuto fare patti di governo con gli indifferenti, i mascalzoni cinici, i concreti che di cum-cretezza nulla sanno, con gli amici degli amici dei mafiosi (il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, la Val d’Aosta sembrano, per numeri di arresti e pericolosità dei legami con la P.A e la politica partitica la Locride, fino al Reggino senza dimenticare il Crotonese e il Vibonese dei bei vecchi tempi andati), con gli amici di Putin che ora ci ripensano, solo perché, qualcuno, evidentemente, li tiene per lo scroto, pronto, ogni tanto, a dargli una strizzatina dolorosa e condizionante e non una carezza voluttuosa.
Quanta strada ho fatto ieri uscendo dalla Biblioteca Centrale, grato a chi non mi aveva trovato un posto per assistere, senza troppo disagio, alla riflessione sul rapporto tra il mondo civile e quello militare a cui, evidentemente inutilmente, per decenni, mi sono dedicato.
Oreste Grani/Leo Rugens
HO FATTO UN PATTO CON IL DIAVOLO: PRIMA DI MORIRE MI SPETTA AVERE L’INFORMAZIONE CERTA DELL’ESISTENZA DELLA VITA EXTRATERRESTE
Ritengo che in pochi sappiate che in orbita ci sono andati decine di telescopi spaziali. Per l’esattezza sono tanti che nel tempo sono stati lanciati, di differente potenza e di diversa utilità. Alcuni hanno cessato l’attività. L’espressione (diversa utilità) è ovviamente riduttiva e un po’ fessacchiotta usarla da parte mia. Ma, a oltre settant’anni, sono interessato solo a macchine che siano in grado di farmi chiudere gli occhi dopo avermi fatto assistere all’annuncio “certo” che è stata trovata la vita fuori dalla Terra. Questo è uno dei patti che ho fatto con Satana. E questa possibilità i vecchi accrocchi (!!!!!!!!), non me la garantiscono. Nella primavera del 2019, viceversa, parte, anche con il contributo europeo/italiano, un osservatorio astronomico che una volta posizionato in orbita solare (!!!!!!!!!!!!!!) ci consentirà, con tecnologia ad infrarossi, di individuare, anche in galassie lontanissime, pianeti con le loro eventuali differenze stagionali, presenza di vegetazione, il tempo di rotazione, il clima. Questa macchina che comincerei a chiamare intelligente, sa fare tante cose e si chiama James Webb Space Telescope ed è costata solo 9 miliardi di dollari!!!!!!!!!!! Mentre scrivo la cifra, non provo irritazione, come quando devo leggere che “ferri vecchi” come gli F35, che al massimo servono per ammazzare un po di “nemici” (di chi?), costano lo stesso un fottio di soldi.
James Webb si è meritato questo onore avendo dedicato tutta la vita a dirigere progetti folli per sprovincializzare i terricoli provando ad incuriosirli rispetto agli universi possibili.
Con questo occhio posizionato intorno al Sole, siamo ad un passo dal vedere qualche faccetta simpatica che ci saluta da altri mondi. La macchina, se ho capito bene, ci porterà a vedere, molto da vicino, come “mangiano” i buchi neri. Vedere “da vicino” la fine della materia potrebbe corrispondere a capire quasi tutto. Potrei, pertanto, andarmene soddisfatto dopo aver fatto tesoro di come questo luogo in cui ho vissuto ha avuto origine. E non sarà poco, dal momento che, quella volta, la fine di cui si parlerà, sarà la mia. Mi dico queste cose e le scrivo perché darsi un movente è quasi tutto. Attualmente sono sostenuto esclusivamente dalla volontà di raggiungere alcuni obiettivi affettivi, culturali, politici che sono importanti e certamente meno di “conoscere i segreti dell’Universo” ma uno stimolo in più – per combattere depressioni e malattie – non ci starebbe male. Anche perché sono cresciuto con un ottimismo che mi ha sempre sostenuto fino ad oggi ma ci sono, da qualche mese, per colpa grave di alcuni ragazzotti che ho dovuto frequentare mio malgrado, non poche notti durante le quali la mia sola forza interiore sembra non bastare.
Vivo a cavallo tra il desiderio che è implicito nell’attesa del 2019 (e oltre) per avere notizie dal JWST e il fatto che da ragazzo/giovanotto, già sposato e già carico di responsabilità, lessi un raccontino di Asimov, breve, molto breve, che mi perseguita, non tanto nel divertente significato metaforico, ma nel titolo “Silly asses” che, banalmente, significa “Razza di deficienti“. Da quel momento aver trovato cento, mille conferme che una “razza di deficienti” popola la Terra è stato tutt’uno.
Certamente il raccontino lo avete letto, ma io lo lascio ugualmente nella rete, abbinato alla notizia consolatoria del lancio, nella primavera del 2019, del JWST.
Ecco il racconto che mi ossessiona.
Naron, dell’antichissima razza di Rigel, era il quarto della sua stirpe a tenere i registri galattici. Aveva il libro grande, con l’elenco delle innumerevoli razze di tutte le galassie che avevano sviluppato una forma d’intelligenza, e quello, notevolmente più piccolo, nel quale erano registrate tutte le razze che, raggiungendo la maturità, venivano giudicate adatte a far parte della Federazione Galattica.
Nel registro grande erano stati cancellati molti nomi: erano quelli dei popoli che per una ragione o per l’altra erano scomparsi.
Sfortuna, difetti biochimici, squilibri sociali avevano preteso il loro pedaggio. In compenso, nessuno annotazione era stata mai cancellata dal libro piccolo.
Naron, grande e incredibilmente vecchio, guardò il messaggero che si stava avvicinando.
– Naron! – disse il messaggero. – Immenso e Unico!
– Va bene, va bene, cosa c’è? Lascia perdere il cerimoniale.
– Un altro insieme di organismi ha raggiunto la maturità.
– Benone! Benone! Vengono su svelti adesso. Non passa un anno senza che ne salti fuori uno nuovo. Chi sono?
Il messaggero diede il numero di codice della galassia e le coordinate al suo interno.
– Uhm, sì – disse Naron – conosco quel mondo. E con la sua fluente scrittura prese nota sul primo libro, poi trasferì il nome sul secondo, servendosi, come di consueto, del nome con cui era conosciuto dalla maggior parte dei suoi abitanti.
Scrisse: “Terra”.
– Queste nuove creature – disse poi – detengono un bel primato. Nessun altro organismo è passato dalla semplice intelligenza alla maturità in un tempo tanto breve. Spero che non ci siano errori.
– Nessun errore, signore – disse il messaggero.
– Hanno scoperto l’energia termonucleare, no?
– Certamente signore.
– Benissimo, questo è il criterio di scelta.
– Naron ridacchiò soddisfatto. E molto presto le loro navi entreranno in contatto con la Federazione.
– Per ora, Immenso e Unico – disse con una certa riluttanza il messaggero – gli osservatori riferiscono che non hanno ancora tentato le vie dello spazio (il racconto delizioso era stato scritto il 29 luglio 1957 ndr).
Naron era stupefatto.
– Proprio per niente? Non hanno nemmeno una stazione spaziale?
– Non ancora signore.
– Ma se hanno scoperto l’energia atomica, dove eseguono le loro prove, le esplorazioni sperimentali?
– Sul loro pianeta, signore.
Naron si drizzò in tutti i suoi sei metri d’altezza e tuonò:
– Sul loro pianeta?
– Sì, signore.
Lentamente, Naron prese la penna e tracciò una linea sull’ultima aggiunta del libro piccolo.
Era un atto senza precedenti, ma Naron era molto, molto saggio e poteva vedere inevitabilmente meglio di chiunque nelle galassie.
– Razza di deficienti! – borbottò.
Ora capite come la questione della nostra solitudine (non riusciamo ad avere contatti con nessuno nell’Universo) potrebbe ascriversi a quella “Lettera scarlatta” che Naron, il saggio, decise di attribuirci con quella riga di cancellazione. E non sapeva ancora che Kim Jong-un e Donald Trump fanno a chi ce lo ha più grosso. Il dito, ovviamente, per schiacciare il pulsante utile a fare esplodere le bombe atomiche sul proprio pianeta. Consoliamoci con il James Webb Space Telescope e vediamo se, alla fine, ci riabiliteranno come terrestri e ci consentiranno di incontrare qualcuno.
Ad oggi, mi risulta, siamo ancora in black list.
Oreste Grani/Leo Rugens