Dopo la prevedibile sconfitta direi che non avete ancora visto niente!

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Ho certezza di aver pre-visto (e scritto nel merito) il calvario mediatico che sarebbe costato al popolo a cinque stelle il trittico di sconfitte che avrebbero preceduto l’apertura formale della campana elettorale europea, e il non aver saputo/voluto/ potuto reclutare, selezionare, formare un proprio ceto politico dirigente all’altezza delle complessità che la corrente ascensionale (finita) nella pubblica opinione, stanca del passato osceno, aveva, determinato con il successo del 4 marzo 2018. Il Mitico MoVimento, guidato (si fa per dire) da donne e uomini (in realtà quasi esclusivamente uomini) che di teoria e di pratica di ciò che è da considerare rigorosamente pubblico e di cosa sia privato, sapevano (e sanno) poco e niente, orfano di un armonioso rapporto con il nuotatore genovese che aveva abilmente sollevato lo tzunami, morto anticipatamente il visionario (a sua volta circondato da un positivo e misterioso effetto alone), si è mostrato insufficiente in quello che questo marginale e ininfluente blog chiama bonding, bridging, linking. Gli elementi che fanno forte (quando ci sono) un’organizzazione che deve pensare a non disperdere il capitale sociale che gli viene affidato, se non conosciuti, in teoria e in sperimentata e consolidata prassi, diventano, loro stessi, i boomerang che ti colpiscono con violenza fino ad azzerarti/abbatterti rovinosamente. Questa caduta sarebbe poca cosa sottoposta al giudizio della Storia se non fosse che, implicito in questo comportamento dissipativo, ritengo ci fosse la libertà, presente e futura, di un intero popolo, già sofferente per altri e più complessi motivi ed inadeguatezze.

Il non aver prima (do you know “prima”?) delineato (dopo averli ampiamente discussi e prefigurati) almeno cento passi di legalità utili a consolidare le relazioni fiduciarie che si instaurano tra persone che appartengono (così doveva essere e così sembrava da fuori) ad un medesimo gruppo sociale caratterizzato da forte omogeneità di valori e di interessi, è stato il primo passo falso di questo rovinoso percorso. Niente bonding strategico e, al massimo (anzi ritengo questo il primo gravissimo limite), di corto raggio: Niente bondig se non conventicole di alcuni in rapporto con altri. Così, amici pentastellati, si sono create (questo è evidente essere successo) forme di solidarietà (vi piace l’eufemismo?) ma a beneficio dei soli componenti del gruppo ristretto. In altre realtà si chiamavano cerchio magico. A Firenze, giglio.

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Quando il bonding viene praticato con questa miopia, il bridging non riesce a farsi strada e non determina accumulo di ulteriore capitale sociale tra persone/cittadini appartenenti a gruppi culturalmente distanti e perfino con interessi tra loro divergenti. Niente “ponti” perché si è ritenuto tenere separati quelli dagli altri. Si vedeva lontano un chilometro che questa era la scelta del gruppo dirigente e prego gli eventuali detrattori del mio pensiero di non provare a smentirmi o mi dovrò soffermare ad elencare tutti i piccoli miserrimi trucchi attuati per dividere ed imperare quello che ora si mostrerà, trattato in questo modo “violento e unilaterale” risultare essere il nulla organizzato. Con i ponti sistematicamente costruiti (ma ci vuole mestiere e vera passione da Genio Pontieri per saperlo fare) sarebbe nata una fiducia generalizzata – cosa ben diversa da quella che effimeramente si forma coltivando bonding nel proprio clan – che è sarebbe stato il fattore chiave di un vero avanzamento del tessuto connettivo rigenerato utile (se non indispensabile) quando l’epidermide fosse stata ricostruita dopo le ustioni generate dalla devastante partitocrazia. I contratti non si firmano con nessuno fino a quando la loro esecutorietà non è credibile agli occhi dell’organismo vivente che era nato spontaneamente dopo lo tzunami devastante. Ma si voleva far nascere un organismo vivente pensante e consapevole o un Golem di fango inanimato?

Bonding, bridging e, infine, linking ho scritto, come insegnano i maestri di quella materia complessa che è il divenire delle cose e delle persone pensanti quando provano ad organizzarsi.

Il linking (spero che vi sia chiaro il termine) se non lo si sa praticare è meglio che uno “in politica” non ci si butta perché sarebbe come buttarsi nelle Cascate del Niagara, a culo nudo.

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Il linking (risparmiatemi la dissertazione sulla branca che comunque, a differenza di tanti improvvisatisi apprendisti stregoni, conosco come le mie tasche), se non si tengono sempre presenti le modalità (e le finalità leali e trasparenti) con cui si è messo mano alle prime due condizioni organizzative primarie (il bonding e il bridging) sarà un vero disastro e gli “altri” (in politica ci sono gli altri, se non lo sapevate) si divertiranno da dietro a farvi il servizietto, si diceva, per pudore, un tempo. Certo se vi piace questa pratica politico-sessuale è tutto un altro discorso perché avremmo trovato il vero recondito movente di un tale gravissimo comportamento dissipatorio. Se il bene pubblico non era la finalità, tutto questo mio ragionare viene meno e rimane solo di fare i conti con chi ha tradito, per l’ennesima volta, la Repubblica e, se ne avremo la forza, di stanarlo pur ben mimetizzato (ma non troppo) da abile “Quinta Colonna”. Con l’aggravante che la restaurazione (in essere se solo si guardasse a chi adesso governerà la Basilicata e sta governando la Sicilia) che adesso gli italiani dovranno subire, lascerà una scia dolorosa di morti e feriti. Speriamo solo in termini metaforici. A proposito di questa sequenza di risultarti catastrofici, vorrei sentire qualche parola ben detta da chi, in questi mesi, ha sostenuto la congruità della propria retribuzione (pagata dai soldi pubblici) rapportata alla sequenza di successi elettorali pregressi che ci si attribuiva come frutto di proprie abilità. Erano invece, banalmente, il frutto di correnti ascensionali che non potevano non portare in alto il ballon d’essay a cinque stelle. Governare il pallone e il “gioco del pallone”, in Italia, il Paese dei pallonari e dei mister, si è dimostrato altro impegno. Comincerei a fare i conti di quanto ci è costata (e non solo in dobloni) l’arroganza e la supponenza di troppi ciucci presuntuosi che, fattisi re, hanno trattato il bene pubblico (anche l’onesta speranza di vero cambiamento indirizzato ad una Repubblica più giusta e più pulita andava considerato patrimonio della collettività e accumulo di capitale sociale) come cosa loro. A tal proposito, come ho detto altre volte e per altre situazioni, considero sempre illecito trattare le cose pubbliche come fossero private. A prescindere dagli scontrini, dai filmini, dai favoritismi a quello e a quell’altro e dei primi arresti. Nei prossimi giorni tornerò ad usare la griglia interpretativa di ciò che è “comune” che si oppone a “proprio”, così come “pubblico” si oppone a “privato”.

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Per fare questo, qualche post addietro, ho usato il pensiero colto e sofisticato della grande intellettuale, Hannah Arendt, a proposito di ciò che, apparendo in pubblico, sia da considerare udibile da tutti. Anzi se non fosse così, saremmo già di fronte ad un illecita privatizzazione. Privato, dice Arendt, è ciò che viene sottratto alla vista. Non mi sembra il caso, se non si vuole “tendere a zero” (il dimezzamento del dimezzamento del dimezzamento tende, rapidamente, allo zero) di privatizzare ulteriormente ciò che era dei cittadini. Certamente di quegli 11 milioni che avevano votato, il 4 marzo 2018, il M5S. Ciò che era loro, dicevo, compresi i soldi che, arrogantemente, viceversa, alcuni ritenevano, durante le vacche elettorali grasse, fossero congrui. Soldi per nulla confacenti ora che il titolo crolla.

Come si vedrà, ad ognuno il suo mestiere. Il bene pubblico da proteggere in una crisi di civilizzazione come è quella colpevolmente messa in atto, anche in Italia (mentre potevamo fare l’eccezione nel Mediterraneo e divenire esempio virtuoso), andando al Governo con la Lega e, di fatto, con il peggiore berlusconismo affaristico-criminale, non può ormai essere garantito da chi ha reso caduca la speranza. Ho detto ciò che penso da uomo libero. Il vostro Leone Ruggente (oggi forse anche Furente) sta per prendere autobus, metro e poi, by feet, per andare all’INPS e sapere se ci sono novità sul fronte del Grande Cambiamento. Questo perché chi sa dettare e organizzare l’agenda (ve ne hanno fatte di tutti i colori) potrebbe aver deciso che il “torero” vi trafiggerà mandando in malora, negli ultimi giorni elettorali pre-europee, la vostra Maginot del RdC/PdC. Se come penso le delusioni supereranno ampiamente le gratificazioni di pochi, saranno cazzi amarissimi. Ma a quel punto sarà troppo tardi. Inventarsi, una nuova corrente ascensionale, in assenza di un refolo di vento, sarà impresa impossibile.

Eppure, dopo un’analisi impietosa e una previsione così catastrofica, ci deve essere un valido motivo per cui questo vostro marginale e ininfluente blogger ribadisce intemerato: Hic Manebimus Optime. Che siano i sorci opportunisti (ed altro) che, come erano saltati a bordo, ora che il fasciate del vascello tende a sfaldarsi, fuggano tempestivamente.

Oreste Grani/Leo Rugens