Non mi pesa esortare Morra ad insediare un tavolo filosoficamente all’altezza della guerra alle mafie
Sapete cosa pensassi, in fase di scelta, di Nicola Morra alla Presidenza della Commissione Antimafia. I miei post sono lì dove li ho resi pubblici e non sono certo stati rimossi a nomina avvenuta. Il Parlamentare Morra, oggi, per decisioni nate da considerazioni approfondite, in materia tanto complessa, da parte di chi, a suo tempo, lo ha scelto, ritengo i vertici politici del M5S, consapevoli che su quel fronte si sarebbe giocata la sostanza del potere (considerazioni e criteri valutativi che non sta ad un blog marginale e ininfluente giudicare), ha la responsabilità di dettare la linea strategica della Repubblica su di un tema (in realtà, a mia modesta opinione, sul “tema dei temi” quale deve essere considerato il contrasto/la disarticolazione/la prevenzione della complessa galassia delle mafie in Italia e, per legami impliciti, certamente in Europa se non sull’intero Pianeta). Ecco perché, con quella consapevolezza dei limiti che hanno sempre caratterizzato il mio modo di procedere, non solo ho sospeso ogni scritto polemico (le autorità sono ciò che sono ed io non sono nessuno), e mi sono messo, doverosamente, ad osservare “i cento passi di legalità” che il Presidente ha deciso di compiere. A passi, sfilando a fianco di don Ciotti e sotto le insegne di Libera, il Presidente della Commissione Antimafia ne ha fatti certamente più di cento, come era suo dovere fare, portando legittimazione e solidarietà istituzionale alle iniziative del religioso. Così fa bene a rilasciare dichiarazioni sul processo in corso in cui la Repubblica Italiana ha chiamato alla sbarra, con gravissime imputazioni, non solo Antonello Montante ma un numero significativo (quelli individuati) di traditori del giuramento allo Stato che ora dovranno sapersi difendere da accuse infamanti. Fa bene quindi ad esprimersi su un tale groviglio bituminoso solo apparentemente “locali” (e qui, signor Presidente, cominciamo a non esserci perché, di “locale” nel “Sistema Montante” non c’è nulla se non il locale rinvenuto, adibito a custodire carte che non sarebbero dovute essere nelle disponibilità del criminale e dei suoi complici. Queste cellule, quando vengono scoperte, rivelano, ad una attenta ma al tempo semplice osservazione, l’appartenenza ad un solo tessuto connettivo finalizzato al fare sì che la criminalità massonica (o la massoneria criminale, riesumando l’uovo o la gallina?), non solo faccia affari ma nel farli condizioni/controlli la vita stessa della Repubblica. Niente quindi “quello che si è appreso ieri è particolarmente inquietante” perché (a prescindere, direbbe Totò, dai dettagli che emergono in quel o in quell’altro dibattimento) se uno si fa semplicemente inquietare, siamo a “caro amico” e a “ma mi faccia il piacere”. Sempre citando il principe De Curtis. Che comunque sempre massone era a testimonianza della complessità del fenomeno culturale e dei suoi modi di pervadere la società. Massone Totò e Alighiero Noschese, Gino Cervi o Gino Latilla.
Ma lasciamo i frizzi e i lazzi e torniamo alla gravità di quanto emerge in processi (ma prima dei processi ci sono le investigazioni che a volte ben altro rivelano che poi per mille motivi non possono divenire atti di accusa formalmente sostenibili ma che rivelano quel gravissimo fenomeno che è la commensalità abituale tra delinquenti, massoni, “statali” (politici, forze dell’ordine, servizi segreti, religiosi, professori universitari, magistrati, medici) e liberi pensatori. Un groviglio bituminoso che pervade, a macchia di leopardo (in realtà, centimetro dopo centimetro quadrato, vista dall’alto, l’Italietta ormai, è quasi tutta zona grigia (usando le autorevoli parole del Presidente Sergio Mattarella), palude corruttiva che bisogna asciugare, dove, le mafie prosperano. E il signor Presidente usa una consecutio temporum (prosperano al presente) che non lascia spazio a stupirsi, inquietarsi, scoprire l’acqua calda, svegliarsi da visioni precedentemente idilliache o, peggio, cadute dal pero o discese dalla montagna del sapone. La Loggia Propaganda (sono certo che questo lo sappia anche Lei che di massoneria non mi risulta essere mai stato uno studioso, tanto meno commensale abituale di massoni) viene sviluppata da tale Adriano Lemmi, Gran Maestro di quel Goi (luogo di pensiero e azione che oggi è guidato, anche in azioni giudiziarie contro alcuni componenti della precedente Commissione Antimafia, da tale Stefano Bisi) che perseguiva il disegno di far divenire il da poco costituito Stato italiano una sola cosa con la massoneria. La loggia la sviluppa il Lemmi ma la fonda tale Giuseppe Mazzoni (l’assonanza forse ha generato negli anni alcuni malintesi) preoccupato che, correva l’anno 1877, i “parlamentari”, un po’ provinciali si potessero trovare spaesati a Roma e che necessitassero di assistenza nel loro provare a fare diventare l’Italia, appena fatta, una Nazione. Roma era la fresca capitale in cui si aggiravano questi parlamentari rappresentanti di alcune ben individuate categorie: banchieri, cortigiani (c’era una corte anche intorno ai Savoia), faccendieri (si chiamavano già così) e vari professionisti. Erano, poveri ingenuotti, alcuni, in cuor loro repubblicani, di portare “cambiamento”, “modernizzazione” e “buon governo”. Spesso, se non sempre, con spirito anticlericale. Come si vede nulla di nuovo sotto il sole. Perfino un numero (trecento) mi torna in mente pensando a quel periodo storico. E se mi riesce (bisognerebbe essere all’altezza di queste complessità storiche ed io mi sento onestamente inadeguato) racconterò anche il perché di queste reminiscenze numeriche. Inquietanti se devo usare un termine che sembra piacere a Nicola Morra. Dicevo che Giuseppe Mazzoni (e non Mazzini) fonda la Loggia Propaganda (nella massoneria una delle fisse è “fare propaganda”) senza badare, in uno spirito ecumenico (e mi scuso del termine scelto) alle obbedienze di provenienza. Vera novità in un mondo di super litigiosi, frazionisti come in nessun altro credo. Mazzoni voleva fare gli Italiani come invocava Massimo D’Azeglio. Per farla nascere, seguendo procedure antiche, utilizzò le colonne della Loggia Universo, a sua volta edificata dieci anni prima da un altro personaggio che non dirà niente a nessuno: Ludovico Frappoli.
Perché questi riferimenti e queste date? Semplicemente perché il 25 aprile del 1865, il prefetto di Palermo, Filippo Antonio Gualterio, di Orvieto, mandato dai piemontesi savoiardi a rappresentare il regno utilizzò, in questa chiave forse per le prime volte, il termine mafia in un rapporto redatto appunto per Casa Savoia.
“I garibaldini nel 1860 ebbero necessità di avere legami con quest’associazione malandrinesca“. Così si espresse il prefetto e il termine “malandrino” (come “biricchino”) mi è sempre rimasto simpatico e “calzante”. La circostanza descritta non toglie niente all’attività politica e militare di Giuseppe Garibaldi (lui certamente massone di grado elevatissimo) ma apre un ragionamento, irrisolto, su quanto ancora avviene nel governo della Cosa pubblica.
Un pedaggio che si sarebbe dovuto esaurire (così come quello dello sbarco anglo-americano del 1943) e che invece, con modalità cicliche, camaleontiche, gattopardesche continuiamo a pagare.
Non sto gettando fango sulla vicenda risorgimentale. Ci mancherebbe pure. Dico che da quegli anni, le combriccole di lestofanti ciclicamente sotto copertura riorganizzatesi nelle logge massoniche non hanno mai cessato di essere in combutta con la criminalità che, grazie a queste collusioni, si è fatta sempre più ricca e, in quanto tale, forte, lucida, acculturata, lei sì, in sviluppo permanente, avendo scelto un virtuoso metodo ricorsivo. Difficile oggi distinguere se sia nato prima l’uovo o la gallina. Certamente il Presidente della Commissione Antimafia se dichiara di sentirsi solo da ieri/oggi in-quieto, dichiara, esplicitamente e implicitamente, se stesso in uno stato precedente di “quiete” che lo descrive “candido” (da Voltaire) come non avremmo voluto che fosse mai stato. Da quando Morra è venuto al mondo, il suo Paese è condizionato da questi intrecci. Stiamo parlando di una guerra spietata (in corso da decenni) ciclicamente combattuta ad armi impari, dove i loro morti (o imprigionati) sembrano tanti perché sono stati spesso frutto di regolamenti di conti e di delazioni spietate e ciniche che, paradossalmente, hanno rafforzato la mala pianta. I nostri caduti, nello stesso tempo, si contano a centinaia, lasciati, tranne in alcune rituali occasioni, nel polveroso oblio collettivo. Se, viceversa, dobbiamo ricominciare a ricordare (non ipocritamente) gli insegnamenti dei nostri eroi, teniamo conto che, facciamo il suo nome con forza e coraggio, Giovanni Falcone si sarebbe, ad oggi, dovuto onorare attuando quel luogo mentale, investigativo e giuridico, da lui ideato dove, anche grazie alle tecnologie “pensanti”, la speranza di sconfitta (l’azzeramento della zona grigia di cui parla il signor Presidente della Repubblica) sarebbero alla nostra portata. Oggi, signor presidente della Commissione antimafia, tali tecnologie evolute e in divenire saremmo in grado di farle funzionare con i fondi liquidi sequestrati ai criminali (lasciamo ad altri gli altri beni immobiliari), miscelati volutamente ed opportunamente con altro denaro proveniente dalla restituzione etica che proprio voi parlamentari del MoVimento avete effettuato e che vi preparate a confermare come prassi civile. Ho letto che Francesco D’Uva, capogruppo alla Camera ed altri parlamentari a cinque stelle stanno proponendo di modificare la prassi semplicistica e ingenuamente riduttiva della restituzione del denaro (decine e decine di milioni), scegliendo (e sono pienamente d’accordo) un pensiero finanziario mirato a divenire stimolo di vero cambiamento. Non solo mi piace, ma mi permetto di suggerire, con questo post un uso intelligente e opportunamente metaforico di attacco “spietato” (vuol dire senza pietà come senza pietà deve essere) nei confronti dei criminali e di chi sotto altre spoglie li alleva, li protegge, li perpetua. Da quel 25 aprile 1865.
Le macchine di cui parlo oggi hanno, in mezzo mondo, un uso circoscritto alla caccia ai terroristi. Per chi le sa usare queste tecnologie collaborative e semi-pensanti (sicuramente auto apprendenti) danno un contributo quasi risolutivo nella lotta ai terroristi (o ai nemici della Patria) di varia formazione ideologica. Sto proponendo di virare, in comune accordo e indirizzando la prua della nave verso il nemico dei nemici dell’Italia (questa è la nostra peculiarità negativa ma che si prepara a diventare anche quella europea) l’uso sapiente di queste tecnologie e di farlo usando i soldi stessi che le nostre Forze dell’Ordine sequestrano quotidianamente ai criminali e ai massoni fattisi delinquenti. Tenendo sempre conto che le mafie conoscono il potere dei segni e che l’uso, opportunamente comunicato, di questo “loro” denaro suonerebbe, finalmente, un atto coraggioso e di vera determinazione a vincerla questa guerra infinita. E a proposito di segni, colgo in una qualche fonte aperta, che il sen. Morra, forte della sua autorità superiore (questo è e dobbiamo considerare finalmente la Commissione Antimafia) pone al Ministro dell’Interno Salvini la richiesta di chiarimenti della mancata costituzione di parte civile nel processone che si avvia in queste ore a carico di Antonello Montante e decine di ipotetici (così sono contenti i garantisti, quelli in buona fede e quelli disonesti) traditori della Repubblica. Alcuni tra gli imputati anche dipendenti del Ministero dell’Interno. Chiudo il post pertanto con un plauso a Morra (e scritto da me ritengo che valga quadruplo) che, con questa richiesta opportuna, potrebbe inaugurare una stagione di chiarimenti. Che ci potrebbero portare fuori dall’oscuro verso la piena luce. E questo chiarore (e per tanto chiarezza) il popolo a cinque stelle non solo se lo aspettava (deluso in alcuni casi) ma se lo merita. A prescindere, per ora, da chi vinca o meno le elezioni.
E a questo proposito tenete conto che sotto a tutto questa riflessione c’è la necessità di portare in superficie anche come, per l’attività occulta o palese, della massoneria e criminalità, in alcune regioni (orma quasi tutte) si compongano i risultati elettorali in occasione delle elezioni amministrative (anche le regionali sono da considerare amministrative) e delle conseguenti sconfitte del Movimento che vede i suoi sostenitori eclissarsi nell’astensione.
Oggi mi sono lasciato andare a più pensieri (alcuni per me veramente impegnativi) ma voi che ormai mi conoscete spero che non vi meravigliate del mio tendere a tenere tutto insieme. Perché, sentire a me, tutto si deve leggere come un insieme e chi rifiuta questa approccio trasdisciplinare, spesso (se non sempre) tende a conservare e, nel conservare, prova a nascondere la sua vera parte. Che spesso è quella dell’illecito.
Oreste Grani/Leo Rugens
Bravo Nicola.
Seguiamo il Bianconiglio…..
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