Il vero movente della cacciata di Enzo Biagi ad opera del duo criminale Berlusconi-Dell’Utri
Con questo post lascio in rete uno spunto autobiografico a cui tengo più che mai. Non avevo 15 anni (li avrei compiuti solo il 6 maggio successivo) e il 31 marzo 1962, andò in onda, in quello che si chiamava il Secondo Programma (oggi ancora RAI 2), il primo numero di «RT – Rotocalco Televisivo», trasmissione ideata e condotta da Enzo Biagi.
RT era la prima trasmissione basata sulla tecnica dell’inchiesta giornalistica. Per la prima volta, Biagi fu anche conduttore in studio. Vado con la memoria all’adolescenza e a quelle iniziative giornalistiche perché, per motivi difficili da ricostruire in questa sede, ho conosciuto uno dei giornalisti della redazione (Emmanuele Rocco) e, pur giovanissimo io e uomo adulto lui, usufruii dei suoi racconti relativi al suo lavoro redazionale. In piedi, in un bar. Io ovviamente astemio (lo sono ancora tranne un bicchiere di vino rosso utile alle coronarie) e lui a cui bere non dispiaceva. Rocco era un personaggio particolarissimo (così mi appariva) che mi aveva colpito perché, ad ore insolite (poco dopo cena), si fermava (era sicuramente un super alcolico quello che beveva) in un bar di Via Civinini (angolo Piazza Euclide) che noi ragazzi chiamavamo “della Roma Nord”. Cioè la stazione della Ferrovia che portava da Piazzale Flaminio a Viterbo. Bar molto molto molto meno chic di quello antistante che era il Bar Euclide di Annibale Olivetti. A quell’ora rientravo dalla palestra del Centro Sportivo Italiano (ecco perché ero fuori con il permesso dei miei genitori) dopo aver preso il tram 39 che si fermava a pochi metri da quel bar. Lo avevo notato perché, spesso, Rocco era “in pantofole” (intendo dire non metaforicamente) e mi sembrava anche un po’ alticcio. Mi divertiva (e affascinava) fermarmi ad ascoltarlo.
Aveva fatto parte della Resistenza Armata gappista romana e questo, potete immaginare, come aumentasse il fascino per un ragazzetto. Inoltre abitava nello stesso palazzo di una mia fidanzatina dell’epoca, tale Laila. E la stessa mi aveva riferito che Emmanuele Rocco non era un conta balle ed era anche “giornalista parlamentare”. Ero compagno di scuola (e di palestra) di Alberto Statera, a sua volta figlio di Vittorio, della Stampa di Torino, decano proprio dei giornalisti parlamentari. Grovigli ma anche possibilità di avere conferme (investigative) che Rocco, con i suoi racconti, non fosse un cazzaro. Racconti di un periodo storico (la lotta antifascista), in fin dei conti, fresco fresco. Ma non di questo aspetto dei contenuti dei racconti di Rocco volevo parlarvi. Di ben altro e di questo ben altro sento oggi, per motivi ancora più intimi e contemporanei, di lasciare testimonianza.
«Rotocalco Televisivo», a cui lavorava Rocco, fu uno dei primi programmi televisivi ad occuparsi di mafia. Forse il primo con quella capacità culturale che gli Enzo Biagi, gli Emilio Ravel, gli Emmanuele Rocco avevano. Un servizio fu infatti registrato a Corleone da Gianni Bisiach e per la prima volta furono fatti i nomi dei feroci boss della Sicilia quali Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Luciano Liggio. Ed ora, cortesemente, prestate attenzione al C.V. di Bisiach, uno degli esempi di uomini (e donne) trasdisciplinari che popolavano la nostra Italia (e in particolare la RAI) della “Ricostruzione”. Uomini alla Pompeo De Angelis (erano “colleghi” con Bisiach), Emilio Ravel, Emmanuele Rocco, Enzo Biagi, tanto per fare alcun i nomi. Uomini che sembra impossibile credere che fossero come erano. Bisiach (ultra novantenne) è ancora vivo se si avesse animo per intervistarlo.

Gianni Bisiach
Diplomato nel 1946 al liceo scientifico di Gorizia, successivamente si trasferisce per sei anni in Africa dove sarà ufficiale meteorologico della Royal Air Force all’aeroporto di Asmara, ricercatore con il prof. Raymond Katz al Laboratorio Geologico dell’Eritrea e geologo cercatore d’uranio in Dancalia con l’ingegnere belga Louis Astrup.
Ottiene due lauree in medicina e chirurgia, col massimo dei voti, alla scuola di medicina di Asmara e all’Università di Roma con specializzazioni in anestesia (prof. Antonio Dauri) e radiologia(prof. Luigi Turano). Compie ricerche particolari in Africa su lebbra e sifilide (prof. Cesare Greppi), amebiasi (prof. Giuseppe L’Abbate), malaria (prof. Mattia Sforza), anatomia patologica e autopsie (prof. Mario Manfredonia),melitense (prof. Filippo Sofia), tracoma (prof. Giambattista Bietti, padre dell’oculistica italiana), malnutrizione in Ruanda e Burundi (prof. Giovanni Ferro-Luzzi), ginecologia (prof. Antonino Verro). In Italia compie studi in psichiatria (prof. Mario Gozzano e Franco Basaglia) e neurochirurgia (prof. Beniamino Guidetti).
Diventa primo aiuto chirurgo del prof. Antonino Musso (allievo di Achille Mario Dogliotti di Torino) e anestesista personale del prof. Raffaele Paolucci di Valmaggiore, direttore della Clinica Chirurgica dell’Università di Roma. Con il prof. Luigi Gedda (Istituto di Gemmologia e presidente dell’Azione Cattolica Italiana) compie ricerche sul parto indolore per un libro di Papa Pio XII. Con Giovanni Berlinguer effettua ricerche sulla malaria, nell’Istituto di Parassitologia dell’Università di Roma (direttore prof. Ettore Biocca).
Negli anni ’50, nella rivista mensile Incontri oggi, diretta da Lucio Lombardo Radice, ha fatto parte della redazione insieme a Luchino Visconti, Carlo Lizzani, Renato Guttuso, Enrico e Giovanni Berlinguer, Ugo Attardi e Renzo Vespignani.
Alla Camera dei Deputati (Presidente Pier Ferdinando Casini) ha realizzato la Mostra sul Presidente John Fitzgerald Kennedy, inaugurata con la presenza della sorella del Presidente, Jean Kennedy Smith, e dei più stretti collaboratori presidenziali Arthur M. Schlesinger Jr. e Ted Sorensen.
Di precocissima esperienza, già dall’età di 7 anni (con cinepresa, proiettore e moviola Pathé Baby), nel corso degli anni realizza brevi documentari con il Cine-GUF di Gorizia, documentari in Africa e, a Roma, sceneggiature con Cesare Zavattini (“Il tetto”, “I misteri di Roma” anche come regista) e con Michelangelo Antonioni (Professione Reporter).
Nel 1969 realizza il film I due Kennedy, prodotto da Angelo Rizzoli e Alfredo Bini e insignito del Premio Spoleto Cinema 1970 a pari merito con Luchino Visconti (La caduta degli dei) e Federico Fellini (Fellini Satyricon).
Nel 1972 realizza un documentario sul viaggio di Papa Paolo VI in Asia e Oceania. Sempre nel 1972, Bisiach viene chiamato da Roberto Rossellini, presidente del Centro sperimentale di cinematografia, a coordinare i corsi e a tenere, per dieci anni, l’insegnamento di Tecniche dell’Informazione Cinematografica e Televisiva.
Nel 1978 Saddam Hussein, vicepresidente della Repubblica dell’Iraq, lo invita a Baghdad per il Festival del Film antimperialista, con una delegazione formata da Sergio Amidei (sceneggiatore del film Roma città aperta), il regista Ettore Scola e Gina Lollobrigida; Saddam Hussein accompagna Bisiach a visitare il Paese (Babilonia, Bassora) e gli assegna il premio per il film I due Kennedy.
Ha curato la rubrica Testimoni oculari (1958-61) e nel dicembre 1960 l’inchiesta in tre puntate sulle spedizioni polari del Gen. Umberto Nobile, con i dirigibili “Norge” e “Italia” ottenendo il massimo ascolto nella storia della Rai, con oltre 28 milioni di telespettatori.
E infine (per il senso di questa mia nota) nel 1962 realizza Rapporto da Corleone (quella cui è dedicato il post in quanto oggi anniversario della trasmissione) la prima inchiesta sulla mafia in Sicilia con la collaborazione di Cesare Terranova (poi ucciso nel 1979 da Luciano Liggio, che come giudice lo aveva condannato all’ergastolo; insieme al suo autista Lenin Mancuso) e di Felice Chilanti, Girolamo Li Causi, Michele Pantaleone, Antonino Rizzotto (fratello del sindacalista-eroe di Corleone) e Ferruccio Parri.
Da questa inchiesta è nata la Commissione Parlamentare Antimafia (1963). Anche a questo dettaglio tenevo per dare un conforto al grande lavoro che persone a me care stanno svolgendo, con coraggio e passione civica.
A New York, la mitica trasmissione di quella sera, sarà utilizzata da Walter Cronkite per il Corso dei telegiornalisti della CBS.
Ecco dove voleva andare a parare il vostro ormai vecchio Leone Ruggente: quei nomi (Riina, Provenzano, Liggio) che, pur da morti, ancora ci condizionano, furono pronunciati in televisione 57 anni addietro (oggi, stropicciatevi gli occhi, è l’anniversario) da uomini come Biagi che, gli amici degli amici dei mafiosi Riina e Provenzano, ancora decenni dopo, non solo odiavano, ma con spirito memore e vendicativo di sostanziale appartenenza, espulsero dalla RAI, non appena arrivarono al potere. Grave affermazione relativa a moventi segreti, nessi e rizomi sordidi di cui mi assumo la responsabilità. Gli amici dei mafiosi non perdonarono mai a Biagi (e agli altri) di aver fatto quei nomi, con largo anticipo e rompendo un’omertà che già allora condizionava la vita democratica della Repubblica. Immaginate cosa arrivo, complottista farneticatore come sono, ad affermare? Dico chiaro-chiaro che dietro alla cortina fumogena di mille altri pretesti, il duo criminale (Dell’Utri – Berlusconi) volle punire Biagi il “delatore/infame”. «Rotocalco Televisivo», da quella splendida serata diede impulso e coraggio, per i temi affrontati, a nuove trasmissioni di approfondimento giornalistico. Altro dalla televisione di Silvio Berlusconi per cui il mafioso Dell’Utri raccattava gettito con Publitalia. Sul Programma Nazionale (oggi Rai 1) dal 20 gennaio 1963 andò in onda TvSette, in seconda serata alle ore 22.10. «Rotocalco Televisivo», nella sua prima serie (tra il 1962 e il 1968), fu invece trasmesso in prima serata al sabato e replicato il giorno dopo, la domenica pomeriggio. RT terminò nel 1968 con un’inchiesta I ragazzi di Arese (cittadina lombarda alle porte di Milano) per la regia di Gianni Serra in collaborazione con Giuseppe Gadda Conti.
Ma questa dei ragazzi di Arese è un’altra storia. Oscena anch’essa, ma frutto di altraattvità censoria.
Oreste Grani/Leo Rugens che, come vedete, al pari degli amici e datori di lavoro dei mafiosi, non dimentica niente.
P.S.
E voi ad uno (parlo di Berlusconi, criminale, complice di criminali, capo indiscusso di decine di parlamentari, nazionali e regionali, rivelatisi criminali) consentite ancora di fare politica? A prescindere dalla magistratura. Adesso anche in Europa? In effetti, dimenticavo che materia per sollazzarvi ve ne ha data: da Drive In, passando per Federica Gagliardi la dispensatrice di decine di chili di cocaina …, o imbottendovi il cervello di pettegolezzi sul sesso spinto e ben ripagato attuato, nel tempo, con decine di ragazzotte, opportunamente reclutate dai troppi Lele Mora, Gianpaolo Tarantini, Nicole Minetti, Emilio Fede. Circondandosi dei Cesare Previti, Walter Lavitola, Marcello Dell’Utri. Sempre attento a come i suoi parlamentari prendessero ordini da lui o piuttosto da Luigi Bisignani.
E’ vero. La mafia non dimentica.
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