Non si finisce mai di imparare. Ma forse no

Guardate questi gradevoli pupazzetti e cominciate a seguirmi nel ragionamento.

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Accade anche questo in questo strano Paese. Alcuni pagano i prezzi (e che prezzi!) ed altri incassano. Spero solo metaforicamente. Certamente, in termini di credibilità, qualcuno porta a casa qualcosa. Almeno, in apparenza. Ma a molti interessa apparire più che servire.  Comunque a chiarire questa storia di icone grafiche ci proverà il vostro Leo. Fosse l’ultima delle cose di cui mi dovessi interessare. Sono imbarazzato, non tanto per me (che sono rotto a tutto) ma per chi, paradossalmente, ha ritenuto di potermi trattare con queste modalità offensive, tenendomi all’oscuro di questa iniziativa che vede coinvolta, con ruolo centrale, un figura professionale che avevo scelto per coordinare lo sforzo didattico della Scuola di cui da anni vi parlo. La prassi attuata si può riassumere in: “Quello che è mio, è mio; quello che è tuo, è mio“. Mentre si trattava, al massimo, di risorse della Repubblica. E mi riferisco, ovviamente, alle risorse umane. Questa espressione scherzosa (ma non troppo) la attribuivamo a quelli che un tempo chiamavamo comunisti. Prendo atto, di fronte a tanta superficialità, che le scelte arroganti potrebbero essere peculiari anche di questa nuova classe dirigente. Una storia di potere da primissima partitocrazia? Così questa vicenda mi appare e, per tanto, mi amareggia.

Sarebbe bastato chiedere chiarimenti ed io li avrei dati. Con lealtà e gratuitamente. Come faccio sempre. Così sarebbe stato possibile avere gli opportuni dettagli su alcune “improvvise” assenze.

Era il “nostro” organico, studiato da mesi, a cui avevo dovuto mettere mano, modificandolo, per il precipitare di situazioni giudiziarie gravissime che mi avevano consigliato massima prudenza. Organico che era figlio di scelte culturali, a suo tempo, fatte. Con sacrificio ed ore ed ore di conversazioni e di  confronto. Se avevo rinunciato, per avviare il Corso di Formazione alla Polis, ad una figura professionale, forse c’era un perché. Certamente l’ho fatto a che il Governo non ne avesse nocumento. Ripeto, se richiesto, avrei potuto fornire chiarimenti sulle decisioni prese. E non a cuor leggero. Per prima cosa, come sempre, facendo scelte protettive degli interessi superiori della Nazione. Protettive e lungimiranti. Come spesso – dicono – siano le mie scelte. Vediamo se mi ero sbagliato io o se chi ha fatto il passo inopportuno senza neanche consigliarsi. Con me che lo avevo a suo tempo fatte le scelte.

Io, con sofferenza, mi taglio un braccio e qualcuno, passa e lo raccoglie? Ma dove siamo arrivati? Soprattutto alla luce dei troppi errori fino ad oggi commessi. Comunque, sono imbarazzato per quanto accaduto, in modo oscuro e senza farmi cenno. Oscuro non vuol dire losco o illecito (il signor sottosegretario poteva fare come ha fatto) ma, inopportuno, certamente si. Soprattutto ora che sarò costretto a chiarire perché non avevo potuto usufruire della collaborazione di chi adesso è, viceversa, pubblicamente, suo collaboratore. Ma forse sono io che esagero considerando delicate alcune situazioni civili-militari. Di cui ormai, è evidente, a nessuno interessa un cazzo di niente.

Oreste Grani/Leo Rugens