Rebels without a Cause
L’International Crisis Group, ICG, ha pubblicato un interessante studio sulla guerra dimenticata del Donbas, tornata al centro delle cronache nostrane per un ingente e recente sequestro di armi di guerra.
Tralasciando le implicazioni giudiziarie italiane, che cosa sta accadendo nel Donbas, regione da anni in guerra tra separatisti filo-russi e governo centrale di Kiev?
Il governo del nuovo presidente, Volodymyr Zelenskyy, attore famoso per il suo personaggio seriale di un onesto presidente ucraino e proprio per questo vittorioso alle elezioni dove ha “asfaltato” l’uscente Re del Cioccolato Petro Poshenko (che aveva subito il sequestro delle sue fabbriche di cioccolatini in Russia), dopo le iniziali misurazioni con Mosca, ha alzato la cornetta e ha chiamato Vladimir Putin per parlare di un nuovo “corso” delle relazioni tra i due paesi e della situazione nel Donbas, ricca area mineraria del paese (tralasciamo le considerazioni, per mancanza di spazio, sulle origini professionali di Zelenskyy e dei suoi editori). La ferita aperta nel paese sta dissanguando l’Ucraina e la “realpolitik” de facto si impone. Vedremo cosa ne avverrà.
Per comprendere in sintesi una realtà complessa, e non complicata, qual è quella della guerra nel Donbas, lCG, nel suo studio parte da tre interrogativi, che sfuggono a chi ha cercato di ridurre in termini manichei un conflitto come quello ucraino, pensando di andare a “salvare l’Europa”, comprendendo poco o nulla della complessità di eventi come quelli bellici, e non avendo neanche letto qualche aforisma sul tema, da Sun Tzu a Petraeus passando per Von Clausewitz: «Cosa c’è di nuovo? Il graduale ritiro della Russia da qualsiasi piano per annettere parti dell’Ucraina orientale ha aperto delle fratture tra Mosca e i suoi gruppi separatisti nella regione. Perché è importante? Per Kiev, queste divisioni potrebbero creare opportunità per riavviare il dialogo con la popolazione dell’est. Tali contatti, a loro volta, potrebbero contribuire a gettare le basi per l’unificazione dell’Ucraina. Che cosa si dovrebbe fare? La spaccatura tra Mosca e i suoi delegati dovrebbe informare le politiche del nuovo presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. Kiev dovrebbe cercare di ricostruire le relazioni con gli abitanti delle zone separatiste, allentando il blocco economico ad est e aumentando la prossimità alla popolazione».
Da queste basi si muove un ragionamento ampio ma di lettura agile, per chi comprende l’inglese, lingua in cui è scritto il documento ICG; per comodità dei nostri lettori forniamo alcuni passi tradotti (la traduzione è nostra e ce ne scusiamo con gli autori) dell’Executive Summary.
Buona lettura.
P.S.: perché volesse leggere il documento nella sua interezza questo è il link:
Rebels without a Cause: Russia’s Proxies in Eastern Ukraine Europe Report N°254 | 16 July 2019
«L’abbandono da parte di Mosca dei piani per annettere il territorio o riconoscerne l’indipendenza ha lasciato il movimento separatista ad est frammentato. Nel frattempo, i cambiamenti nella leadership del D/LPR hanno solidificato il controllo di Mosca sui responsabili, rimuovendo al tempo stesso dal potere alcuni che avevano goduto di un certo sostegno popolare. Il risultato sono tre gruppi distinti nell’est: una leadership per procura finanziariamente e politicamente dipendente da Mosca ma senza obiettivi politici chiari o una base locale propria; separatisti ideologici le cui speranze di entrare in Russia sono state deluse; e la maggioranza della popolazione, esaurita dalla guerra e frustrata dall’apparente indifferenza di Kiev e Mosca.
Con un nuovo governo a Kiev, questa evoluzione potrebbe presentare delle opportunità. Informato dalla realtà che le prospettive del D/LPR sono tutt’altro che uniformi, il presidente Volodymyr Zelenskyy potrebbe iniziare a ricostruire le relazioni di Kiev con la regione devastata dalla guerra. Ha buone ragioni per farlo. Solo migliorando i legami, il leader ucraino può sperare di convincere la popolazione di queste regioni che Kiev ha a cuore i loro interessi, un punto di partenza essenziale per reintegrare queste aree nella politica dell’organismo ucraino. Le crescenti divisioni tra Mosca, i separatisti originari e la popolazione di Donbas significano anche che, mentre un accordo con il Cremlino è un prerequisito per la pace a Donbas, di per sé potrebbe non essere sufficiente. I procuratori russi al potere nel D/LPR dovrebbero probabilmente accettare qualsiasi cosa la Russia abbia firmato, ma potrebbero incontrare il malcontento di una popolazione già arrabbiata, compresi i separatisti che potrebbero non voler deporre le armi. Inoltre, il miglioramento delle relazioni con la popolazione del Donbas potrebbe potenzialmente rafforzare la mano di Kiev nei negoziati con Mosca.
La costruzione di tali legami sarà difficile, data la sfiducia e la rabbia che esiste sia nel D/LPR a Kiev che a Kiev nei confronti dei separatisti e delle persone che vivono nelle zone che controllano. Né Kiev ha interlocutori ovvi: la dipendenza dei leader dei governi de facto D/LPR da Mosca suggerisce che possono fare poco da soli.
(…) Anche se in linea di principio si sono accordati su ciò che deve accadere, in linea con tali accordi, ciascuno di essi ha insistito affinché l’altro compia il primo passo: La Russia vuole che l’Ucraina offra autonomia al Donbas; l’Ucraina vuole che la Russia cessi il suo coinvolgimento militare e garantisca il disarmo delle forze che sostiene. Ma anche se Mosca e Kiev concordano sulle mosse iniziali, l’Ucraina deve affrontare un’ulteriore sfida. La reintegrazione delle zone controllate dai separatisti richiederà a Kiev di convincere la popolazione che il loro futuro è ucraino. È improbabile che questo processo sia rapido o agevole, ma è il punto di partenza».
Elijah Baley