Giulio Regeni e il fattore umano

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Graham Greene e il whisky

James Grady, ne “I sei giorni del Condor”, ha raccontato che l’intelligence USA leggeva e legge romanzi polizieschi o storie di spionaggio per capire se qualcuno mandi messaggi, rivendichi operazioni o tragga ispirazione per operazioni future, CIA inclusa.

Andrew e Gordievskij, “La storia segreta del KGB”: “Per tutto il periodo che precedeva l’assegnazione, l’ufficiale [del KGB] doveva studiare a fondo la lingua del Paese cui era destinato, e leggere romanzi e opere di consultazione. Si presumeva che gli elementi destinati a Londra avessero già letto Dickens. Le opere di narrativa di cui si consigliava la lettura spaziavano da Tom Jones di Fielding all’ultimo libro di Le Carré. Quanto alla saggistica, era praticamente obbligatorio leggere l’ultima edizione di Anatomy of Britain di Anthony Sampson. Lo stesso valeva per il lavoro segreto di Michail Ljubimov e per un libro sull’Inghilterra di Otvčinnikov, ex corrispondente della «Pravda»”.

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Graham Greene e Paolo VI

Graham Greene, “Il fattore umano”, 1978; Maurice Castle è il traditore, la talpa, che per odio verso l’apartheid e per amore di Sarah, donna africana, passa informazioni ai sovietici in merito all’Africa, alle attività cinesi in Africa e alle attività di contrasto ai movimenti anti apartheid comunisti o meno che fossero… è Castle che parla:

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Castle è interrogato da Muller, che ha scoperto la sua identità durante la missione in Sudafrica anteriore al colloquio su riportato…

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Castle accoglie Muller a casa, Londra, e lo sfida mostrandogli Sarah; Muller gli comunica che Carson, un sudafricano bianco comunista e contrario all’apartheid, l’uomo che ha messo in salvo Sarah, è morto in carcere di polmonite:

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Il fotomontaggio è relativo all’incontro, non personale ma durante una funzione religiosa, e all’interessamento di Greene per Padre Pio a metà degli anni Cinquanta

Da qui in avanti il dolore e il disonore.

IL CAIRO – “Giulio è il mio migliore amico. E’ scomparso dal 25 gennaio. Ci siamo incontrati all’inizio dei nostri studi nel 2014 a Cambridge, Regno Unito. Studia la lingua araba da anni. Ama l’Egitto. Ama la gente. Pensa che meritiamo il meglio. Era mia guida a Cambridge. Avrei dovuto essere la sua guida al Cairo. Ho avuto modo di guardare la mia amata città attraverso i suoi occhi. Abbiamo bevuto ‘nos darba’ in piccoli negozi di succhi di frutta. La scorsa settimana aveva appena scoperto il sahlab (una bevanda tipica a base di latte, ndr). Il 15 gennaio è stato il suo compleanno. Ha imparato a fare il tiramisù nella nostra cucina per la sua ragazza. Sua mamma ne ha mangiato la metà. Questa è una foto di noi due quando abbiamo passato gli esami di primo anno. Allora avevo pensato che avremmo dovuto rifare la stessa foto il giorno della laurea. Dobbiamo fare quella foto. Trovatelo. Per favore”. Questo il messaggio scritto da Noura Wahby sul suo profilo Fb il primo febbraio. Anche lei, come Giulio Regeni, 28 anni di Fiumicello (Udine), è al secondo anno all’Università di Cambridge. Sta aspettando di avere sue notizie, sono dieci giorni che non ne ha.

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Fiumicello, Udine, Cambridge, campus, Egitto, Regeni ha amici in angoli di un mondo dove non è il primo a sparire. Una pagina Facebook privata e aperta nel 2006, la foto di Berlinguer come copertina e l’adesione a diversi gruppi socialmente attivi sia italiani che egiziani. Conosce varie lingue, parla inglese, francese, arabo, spagnolo. A 17 anni era andato a studiare in New Mexico per poi trasferirsi in Inghilterra. Nel 2012 e nel 2013 un premio al concorso internazionale ‘Europa e giovani’, dell’Istituto regionale studi europei, per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente, poi un’esperienza alla sede dell’Unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale) e infine un dottorato su tematiche economiche. Giulio si trovava al Cairo temporaneamente.

Fonte la Repubblica, Katia Riccardi, 3.2.16

I magistrati ritengono che Regeni abbia consegnato i dieci report della ricerca alla sua tutor il 7 gennaio 2016, ovvero il giorno nel quale Mohamed Abdallah aveva chiesto al ricercatore di consegnargli – per curare la moglie malata – le 10 mila sterline che la Ong britannica Antipode intendeva mettere a disposizione dell’organizzazione. Dalle conversazioni rilevate sul computer di Regeni, si evincerebbe che l’idea del versamento – in teoria finalizzato a finanziare la sua ricerca – venisse dalla professoressa che, interpellata, ha affermato di non ricordare. Non solo, Abdel Rahman nega che, nell’incontro del 7 gennaio, Regeni le abbia consegnato i report. Eppure lei stessa in una mail successiva si congratulò con lui per la qualità del lavoro. Quanto emerge dall’esame delle conversazioni e delle chat intrattenute da Regeni nei suoi ultimi mesi di vita contraddice quindi quanto detto, o non detto, dalla professoressa. La speranza dei pm Pignatone e Colaiocco è che l’esame dei tabulati e la ricostruzione dei contatti della docente riesca, se non a scoprire la verità, a dare una vera svolta all’inchiesta, in attesa che venga tradotto il cospicuo faldone (circa mille pagine) inviato a Roma lo scorso dicembre dagli inquirenti egiziani.

Fonte AGI, 11.1.18

Forse è solo una coincidenza o forse no, ma proprio nelle quarantotto convulse ore consumate a cavallo del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, il generale Alberto Manenti, direttore dell’Agenzia per la sicurezza esterna (Aise), si è trovato al Cairo faccia a faccia con i vertici dei servizi segreti egiziani. Questo risulta all’Huffington Post da almeno due fonti, che hanno confermato le voci che circolavano già da alcuni giorni.

Non è mancato chi, nel 2016, invocava la chiamata dell’ENI al tavolo dei responsabili, ma cambiava idea il 21 luglio 2017 dopo che mi ero esposto pubblicamente chiedendo giustizia, memoria e borse di studio da intitolare al “ricercatore” italiano Giulio Regeni.

Alberto Massari

N.B. Regeni non l’ho conosciuto ma era suo il messaggero, incontrato in biblioteca, una mattina.

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Testata del profilo commemorativo su Facebook

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Chi sia il personaggio non lo sappiamo, ma si trova nel profilo commemorativo di Giulio Regeni su Facebook