Amici pentastellati, chi è Mario Ciancio e perché Lady Diana andava a cena da lui?

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Nel mio vagheggiato criterio di selezione della classe dirigente politica di un Paese evoluto, se uno non sa capire (e deve anche saperlo spiegare) perché Lady Diana andasse a cena da uno che si chiama (lei è morta ma lui, pur anziano, è ancora vivo) Mario Ciancio, non dovrebbe sperare di divenire parlamentare della Repubblica italiana, soprattutto se, in particolare, pretende di essere eletto in Sicilia.

Direte che sono il solito estremista provocatore e che pretendo l’impossibile. Ma noi, comuni mortali, blogger marginali e ininfluenti, con un Paese sempre più affaticato e confuso nella rotta da prendere, che ci facciamo, diversamente, di ragazzetti, barbuti o meno, che non ci dimostrino, esaminati, che, quando leggono un testo come quello che segue, sanno interpretarlo e fare, doverosamente, da quel momento, gli interessi dello Stato? Mi spingo oltre. Non solo ci dovrebbero garantire/dimostrare che capiscono (ci vuole scienza giuridica per inoltrarsi nel ginepraio che leggete a seguire e non, ad esempio, studi superficiali di chimica, tanto per fare un esempio) ma che, giurando alla Repubblica, sono pronti a fare tutto quanto nelle loro possibilità e prerogative per cominciare a dipanare matasse di questa complessità. Ho preso un caso tra i tanti che sostanziano il lunghissimo “filo di perle” che si dipana dallo sbarco angloamericano in Sicilia (1943) fino, ecco l’esempio, alle truppe USA da alloggiare a Sigonella. Cioè ad oggi. E non parlo di edilizia o progetti che si sostanziano o meno. Parlo del potere e di chi lo esercita. Dentro e fuori le logge massoniche, in accordo o meno con la mafia e i suoi vari momenti organizzativi.

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Per uno che non sa di questi grovigli bituminosi, anche se fosse il ragazzo più volenteroso ed onesto del mondo, agire profittevolmente nell’interesse superiore della nostra Italia, risulterebbe impossibile. Bene, temo che, con solo alcune eccezioni, neanche il ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede, di fronte ad un testo come quello che trovate a seguire saprebbe dirvi cosa c’è sotto, sopra, dietro. Soprattutto, perché Lady Diana andasse a cena a casa di Mario Ciancio. Non credo che il Guardasigilli sappia spiegare, in modo convincente, le dinamiche di tali mondi e di come siano strutturati alcuni poteri. Se non fosse così, pronto a scusarmi. Eppure Bonafede è palermitano e laureato in legge. Tantomeno credo che sappia aiutarci a vedere chiaro in una storia avvincente come quella che ho scelto, il neo viceministro dell’Interno, Vito Crimi, anch’esso palermitano. Lui, in verità, si era iscritto ad un corso universitario di matematica ma, di fronte alla complessità di quell’universo scientifico, si è arreso. E per campare onestamente è salito a fare l’impiegato al Tribunale di Brescia dove, in teoria, si applica la legge e quindi ha respirato la disciplina. Prima di interessarsi di Servizi Segreti e poi di Editoria. Dalla Sicilia complessa (se non imperscrutabile) è salito anche Francesco D’Uva (è arrivato a Roma da Messina e dopo essersi laureato in chimica), anagraficamente giovane ma ormai potentissimo capo gruppo alla Camera del M5S. Non mancano quindi i siciliani (ci sono anche altri e mi scuso per questi esempi fatti in modo semplice e riduttivo) eppure il dubbio, osservando quello che continua ad accadere intorno a mafia e anti mafia, nel MoVimento (o in quel che si prepara e restarne) e nel Governo a guida 5 Stelle, è che si brancoli nel buio. O non saremmo arrivati ad un mantovano, Luigi Gaetti (per un periodo anch’esso parlamentare pentastellato, dopo essere stato, in un’altra stagione, leghista antimeridionalista appassionato) medico specializzato in anatomia patologica, che si è dovuto/voluto interessare di testimoni/collaboratori di giustizia (cioè uno dei momenti organizzativi più delicati del processo investigativo per il contrasto reale alle mafie, che sono, spero che lo sappiate, un fenomeno originariamente del nostro Sud). Leggete e ditemi se l’interpretazione di un mondo sofisticato come quello che viene descritto, anche recentemente, dai magistrati, può essere affidato a brave persone (forse, cominciate cortesemente ad ammetterlo), un po’ sprovvedute, certamente culturalmente disarmate) come quelle citate, anche solo a titolo esemplificativo.

Oreste Grani/Leo Rugens che, come è notorio, non avendo titoli accademici, si limita a fare il saccente grillo parlante, presupponendo, da libero cittadino di avere dovere/diritto a svolgere funzione di coscienza critica.

P.S.

Dopo il primo testo (impegnativo l’ammetto) mi applicherei a leggere l’intervista a seguire che, sempre gratuitamente, è stata ricercata e scelta in questo audace abbinamento, esclusivamente per voi nella santa rete. Fonti aperte, amici, fonti aperte.

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