Fermo immagine di alcuni anni addietro?
L’amico Alessandro Cerboni, segnala alcune pagine da “Sindaci in Rosso” scritto a quattro mani da Vittorio Feltri e Renato Brunetta nel lontano/vicino 2006.
“…. L’Umbria è una regione con poco più di ottocentomila abitanti, due o tre grandi quartieri di Roma. Ci sono ben 92 Comuni, tutti, meno poche unità, governati da sempre dalla sinistra. Le eccezioni “bianche” sono in primo luogo le città dei santi: Assisi, Cascia e Norcia. Gli apparati burocratici dei municipi sono quindi storicamente selezionati da una classe dirigente inamovibile. Idem per quanto riguarda la Regione e le due Province, nonché le quattro Asl, le due aziende ospedaliere e le nove comunità montane. In ogni assemblea rappresentativa appartiene al centrosinistra oltre il 60 per cento dei consiglieri. Nelle città maggiori ci sono poi i consigli di circoscrizione. A Perugia ne hanno creati ben 13, in ognuno ci sono quindici eletti. In tutto fanno quasi duecento attivisti politici pagati in una città di 150mila abitanti: i due terzi sono naturalmente di centrosinistra. I presidenti – sono tutti diessini margheritici e rifondaroli – percepiscono uno stipendio di circa mille euro al mese più altri emolumenti: il primo gradino della carriera politico-amministrativa. Gli altri consiglieri non restano all’asciutto: tirano su qualche centinaio di euro mensili. Le Circoscrizioni ci sono anche a Terni e a Foligno. In quest’ultima città hanno strafatto: per 55mila abitanti ci sono 132 consiglieri circoscrizionali con ben otto presidenti. Naturalmente a questi vanno aggiunti gli eletti in Comune, quelli in Provincia e in Regione. Già da questo primo, parzialissimo screening si capisce come a sinistra i funzionari di partito – fortemente diminuiti – siano stati sostituiti da questa macchina istituzionale: una volta entrati non se ne esce più. E’ una sorta di assicurazione sulla vita: potere e denaro da star tranquilli per sempre. Si parte dalle Circoscrizioni, si passa per i Consigli comunali, per le Asl, per enti più o meno inutili sino ad arrivare – questo vale solo per i più bravi e i più fedeli – alla Provincia, alla Regione, al Parlamento, nonchè alle tante e ben pagate presidenze. Una volta i consiglieri e persino gli assessori non guadagnavano granché, adesso prendono stipendi super. Il cursus honorum non comporta alcun rischio: qualora per sbaglio non si venisse eletti, c’è sempre pronto un buon posto da dipendente pubblico. Questo grosso corpaccione militante ha un nome: il “partito dei consiglieri e degli assessori” e ha soppiantato i vecchi funzionari di federazione. Si mobilita, in particolare, per le elezioni amministrative riuscendo a fare la differenza.
Ed infatti il centrosinistra nelle consultazioni locali prende sino al dieci per cento in più rispetto alle nazionali. Prendiamo una città come Perugia: solo dai livelli squisitamente istituzionali si calcola che si muovano a vantaggio del centrosinistra centinaia di persone (cinquecento, ma forse molti di più), che vanno a cercare voti. Sono un vero e proprio “esercito di professionisti della politica” che batte la città sistematicamente, quartiere per quartiere, frazione per frazione, ricordando all’elettore tutto ciò che ha fatto per lui da quando si è impadronito del primo strapuntino istituzionale. E sono lavoratori indefessi perchè sanno che dal numero di preferenze che prenderanno dipenderà il loro futuro: la carriera si costruisce casa per casa, promessa dopo promessa, favore dopo favore. Nemmeno a dirlo, il centrodestra parte fortemente svantaggiato: meno eletti, meno soldi, meno potere e, quindi, meno persone che si impegnano nella caccia capillare al voto.
I militanti pagati dalle istituzioni non sono però solo gli eletti, ce ne sono molti altri che non hanno nemmeno bisogno di fare la campagna elettorale: è l’esercito dei nominati. E’ bastato che nella scorsa legislatura, un consigliere regionale come Carlo Ripa di Meana facesse una sua indagine conoscitiva perchè saltasse fuori che la Regione – sanità a parte – sforna nomine per ben 298 fra enti, associazioni, comitati, osservatori, consorzi e cooperative. Tutte poltrone, poltroncine che prevedono compensi, male che vada gettoni di presenza, e che gestiscono poteri, poterucoli e danari.
Per un totale di 8,6 milioni di euro all’anno, ma il dato è parziale, perchè circa la metà di questi enti non ha fornito cifre sulle proprie spese per stipendi: in totale, insomma, si dovrebbe arrivare a una discreta sommerta, utile a distribuire mance e mancette di tutti i tipi. Fra questi enti ce ne sono alcuni dal nome e dalla mission soprendenti. Pochi sanno che la Lorenzetti e l’intera giunta si riuniscono con tanto di delibera – per nominare un loro rappresentante nella “Commissione tecnica centrale del libro genealogico del cavallo da tiro pesante”, per scegliere sette tecnici della “Commissione per il centro imballaggio delle uova di Perugia” e altrettanti per l’identica commissione istallata a Terni, quattro per “il Comitato della razza ovina appenninica”, l’intera “Commissione provinciale per le assicurazioni dei pescatori di mestiere nelle acque interne”. E via enumerando sino ad arrivare a quota 298. Una volta questi elenchi li pubblicava l’Espresso e si riferivano al sistema del sottogoverno democristiano. Ora, la stampa di sinistra e non – tranne lodevoli eccezioni – preferisce non farne parola visto che sono ascrivibili al potere rosso. La “sprecopoli”, scoperta da Ripa di Meana, ha fatto nascere una battuta: “Una volta un umbro su due votava comunista, ora un comunista umbro su due vota in un consiglio di amministrazione”. Amenità a parte, questa è la situazione. Ma siamo ancora alle briciole del voto di scambio in salsa umbra. La ragnatela dei dipendenti pubblici e delle collaborazioni Se nella rossa Toscana un terzo degli abitanti vive con i fondi che transitano per Regione e enti locali, in Umbria – come già detto – i beneficiati superano probabilmente la metà. Partiamo dai dipendenti pubblici: fra Regione, Comuni, Asl, aziende ospedaliere, Comunità montane e altro, sono più di quarantacinquemila. Ci sono poi le due Università, dove storicamente la selezione del personale avveniva attraverso il potere democristiano e cislino. Ormai però quei gruppi sono in larga misura approdati nelle file del centrosinistra: alla Margherita ma anche direttamente ai Ds. E così la fatidica soglia dei cinquantamila viene scavalcata. Si tratta del 6,1 per cento degli 825mila residenti, la percentuale più alta d’Italia. La verità però è che questa cifra va raddoppiata sino a sfiorare le centomila unità. Regione e enti locali, infatti, hanno messo in piedi dei “bracci operativi” ai quali delegano molto del lavoro da svolgere: sono in genere aziende private a partecipazione pubblica. Ci sono poi le coop di servizi e il cosiddetto terzo settore che vivono grazie ai fondi pubblici profusi a piene mani.
Ecco come un importante studioso di diritto amministrativo, Giampaolo Rossi, docente alla Terza Università di Roma, descrive in un’intervista al Corriere della Sera, le spese esorbitanti del sistema pubblico regionale: “Il vero problema sono gli enti locali, cresciuti a dismisura negli ultimi anni.
E non parlo del livello degli stipendi ma del loro numero. Prenda l’Umbria, solo ottocentomila abitanti: una Regione, due Province, nove Comunità montane, quattro Parchi, tre Ambiti territoriali. A ogni livello ci sono politici e dipendenti che spesso per giustificare l’esistenza dei loro uffici finiscono per fare le stesse cose. Spreco di soldi e procedure complicate”.
Rossi, un tecnico peraltro vicino alla Margherita e quindi certo non pregiudizialmente contrario alle amministrazioni di centrosinistra, ha ragione da vendere quando individua l’Umbria come il luogo più burocratizzato d’Italia. La situazione però è peggiore di come lui la descrive. Prendiamo il caso del Comune di Perugia, il problema non sono soltanto i suoi dipendenti. La questione più scottante è rappresentata dal fiume di danaro che ogni anno se ne va in commesse e consulenze.
Facciamo qualche esempio, le coop rosse nel 2005 hanno ricevuto una cifra superiore ai 18 milioni di euro per fornire servizi di tutti i tipi.
Naturalmente il trend della spesa è a salire. Qualche briciola – esistono figli e figliastri – viene data anche alle coop bianche che si sono dovute accontentare di trecentomila euro in tutto. Ma non finisce qui: Pantalone è di manica larga con tutti i suoi figli. Se sfogli le interpellanze di qualche rappresentante della minoranza, che fra mille difficoltà prova a fare l’opposizione, scopri che per la progettazione di manifestazioni culturali, nonostante ci siano una valanga di dipendenti comunali operanti nel settore, si ricorre all’esterno, in particolare alla ditta Archiservice di proprietà di un ex funzionario di partito, naturalmente diessino. Il nostro neo imprenditore, solo dal Comune di Perugia, ha ricevuto, nel 2005, commesse per poco meno di novantamila euro. L’Archiservice non è che uno dei tanti casi, ma rappresenta bene un modo di governare che distribuisce prebende ad amici e compagni.
C’è poi la “santa grandinata” delle consulenze: il Comune di Perugia, per continuare con l’esempio precedente, distribuisce ogni anno miliardi di vecchie lire per garantirsi la indispensabile collaborazione di architetti, avvocati, geometri e via elencando, tutte professionalità che ha all’interno di un organico di oltre 1.400 dipendenti.
Fra coop di servizio, imprese private create ad hoc, e collaboratori più o meno utili c’è un esercito di stipendiati che va ben oltre il numero dei dipendenti. I primi sono molto più condizionabili dei secondi. Un impiegato regionale o comunale, se non è in carriera, è infatti scarsamente ricattabile. Il suo posto è fisso, nessuno lo può mandare via. Se decide di prendere le distanze dal potere o magari di opporsi ad esso, nessuno può fargli niente. Un soldatino dell’esercito degli stipendiati attraverso commesse o collaborazioni è invece molto più a rischio, basta non rinnovargli il contratto. Un cambio di maggioranza sarebbe pericoloso: chi gli garantisce che i nuovi saranno munifici con lui quanto lo sono stati i vecchi?
La finanza allegra made in Umbria prevede la messa a bilancio di una enorme quantità di crediti, che però spesso non sono esigibili. Ed è così che nel documento contabile 2005 del Comune di Perugia sono inopinatamente mancate – secondo lo stesso centrosinistra – quasi quattro milioni di entrate. La Cdl sostiene che la portata del “buco” sarebbe almeno doppia. Il sindaco Locchi ha spiegato l’incredibile vicenda con un errore commesso dai funzionari, ma il dirigente dell’ufficio Bilancio ha preferito non apporre la propria firma sotto le cifre fornite dal sindaco. Un pasticciaccio senza precedenti. Spese pazze e gigantismo burocratico, ma c’è dell’altro: l’Umbria ha trecentomila pensionati, una percentuale da record. Di questi ben il 47 per cento (altro primato) – come ha rivelato Pierangelo Maurizio sul Giornale – percepiscono pensioni d’invalidità. Una gran parte sono ex dipendenti pubblici, selezionati anche in passato – vista l’eternità del potere rosso – dalle sinistre. Gli altri provengono per la quasi totalità o dalle file del lavoro mezzadrile, largamente diffuso in Umbria, o da quelle operaie, entrambe quasi totalmente egemonizzate, sin dall’immediato dopoguerra, dalle forze di sinistra e in particolare dal Pci.
Non c’è bisogno di fare forzature né di ricorrere alla denuncia di chissà quale malcostume per sostenere che la stragrande maggioranza dei consensi di questi quattrocentomila e passa, fra stipendiati in qualche modo dalla mano pubblica e pensionati, sono direttamente o indirettamente controllati dalla sinistra. E’ un portato storico quasi fatale. Ma ancora non siamo che a metà della descrizione dell’imponente sistema di potere che madame Lorenzetti e compagni, di partito o di strada che dir si voglia, gestiscono.
…”