Al Baghdadi è morto

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GAME OVER???

 

Al Baghdadi è morto. E tutti noi speriamo che lo sia e che quello che l’agente immobiliare attuale inquilino alla Casa Bianca (non mi sembra che dare dell’agente immobiliare ad un agente immobiliare sia un reato) è andato starnazzando in diretta globale sia effettivamente accaduto.
Ma… ci sono dei dubbi; dubbi che ad un marginale ed ininfluente blog come il nostro, che dei dubbi e dello stare coi piedi per terra ha fatto la sua via maestra in tutti questi anni senza aver mai perso un colpo, fanno alzare le antenne e invitano a scavare per trovare connessioni, coincidenze (che non esistono, ricordiamolo tutti) e legami rizomici che possono aiutare a comprendere quanto avvenuto a me che sono un vecchio settantenne, forse rincitrullito, ma forse anche no.
Tornado ai ma, ecco ci sono dei dati che non si incastrano in questo filmone che, forse vedremo presto su Netflix o su altra piattaforma (esattamente come accaduto con la morte di Usamah bin Laden ad Abbottabad, che per chi non se lo ricordasse, è in Pakistan). Ci sono tempistiche di politica interna statunitense che si incastrano perfettamente con questo sensazionale annuncio (tipico da piazzista – non mi pare sia un reato dare del piazzista a un piazzista) della morte del ricercato numero al uno al mondo: Abu Bakr al Baghdadi, che, mi dicono Bell e Baley, per ISIS è il Califfo Ibrahim (che strano nome, Abramo, per un capo terrorista, ma se volete ci ritorneremo).
Ovviamente spero di sbagliarmi ma la sfida è allettante e a me le sfide, specie se impossibili come questa, sono sempre piaciute.
Vabbè direte voi, quali dati non tornano, il Califfato è caduto e al Baghdadi è morto, basta così voltiamo pagina e pensiamo ad altro. E no, miei 4 lettori, fermiamoci un attimo a ragionare anche se a caldo sugli eventi. Tanto per citare un dato che non torna: gli USA avrebbero effettuato un raid di quella portata che, se ben ricordo qualcosa di militare, comporta l’utilizzo di mezzi aerei, in queso caso droni, e poi di forze speciali USA in una zona sotto il controllo russo, come cui gli USA non vanno d’accordo e che avrebbero ceduto l’onore di uccidere il famigerato al Baghdadi (fratello di super loggia – Hathor Penthalpha – di Putin e di Erdogan) proprio a Trump che li sta tartassando di sanzioni e di altre misure ostative su enti e persone? Controllo di una zona in guerra, perché così è la Siria, che si dica o meno, non è solo il pattugliare le strade, ma anche controllare cieli e
comunicazioni e molto altro, si tratta di una realtà complessa e multiforme, se vorrete anche su questo ci torneremo.
Oltre a ciò con l’”aiuto” dei turchi? Quegli stessi che sono stati buttati fuori dal progetto F35 per il fatto che si sono comprati gli S400 (per chi non lo sapesse sono missili che buttano giù quello che vola e tanto altro) perché i Patriot USA (missili pure questi) costavano troppo, e che ora si voglio comprare i Sukhoi (sono aerei da combattimento) per coprire il buco degli F35 infischiandosene della loro appartenenza alla NATO?
Già i media russi di stato come RT (Russia Today, in inglese, e se non leggete i media russi non sapete quello che vi perdete per comprendere le sottigliezze della propaganda russa) riportano un comunicato del ministero della Difesa russo, quello direttamente coinvolto in Siria, secondo cui non risultano recenti azioni USA nell’area di Idlib e che quanto detto da Washington si basa su affermazioni non supportate da prove… dicono a Trump e ai suoi, in soldoni, le prove dove stanno?
E poi ci stanno le fasi del racconto, o meglio dire del plot (la lingua inglese, semplice nella sua essenza, usa lo stesso termine per indicare la trama di un opera letteraria – romanzo film e così via) narrato da Trump / John Wayne (pace all’anima sua), le versioni uscite sono state parecchie e poi troppo perfette, da film appunto; i tempi di Trump e la tempistica dell’azione: l’agente immobiliare alla Casa Bianca sarebbe stato sul campo di golf mentre si svolgeva l’azione, lui comandante in capo dell’esercito più potente del mondo, in cui i suoi uomini davano la caccia ad al Baghdadi (ve lo ricordate Obama, Clinton e compagnia cantando nella sala per l’evento di Abbottabad? Uscirono addirittura le foto e i filmati) e chi avrebbe dato l’ordine di entrare e stanarlo (ergo di ucciderlo, se qualche anima candida non pensasse che ciò accada) se non il comandante
in capo? Il suo vice (?) che, perso come è tra un sermone e l’altro, non si muove di un passo, al momento, dal suo presidente; il segretario di Stato alla Difesa (?) altro piazzista della Boeing, ex marine, che non vuole fare la fine del suo grande predecessore al Pentagono (per chi non lo sapesse si tratta di Jim Mattis, vero mito delle forze armate a stelle e strisce).

E così via, poi, i dubbi sui fatti e sulla loro narrativa restano. Quanto la Bell e Baley ci dicono mantiene tutto il suo valore, Baghdadi morto o non morto. Una cosa deve essere ben chiara a tutti noi: guai a ritenere risolto il problema ISIS o realtà complesse similari. Si aprono comunque nuovi scenari geopolitici e internazionali le cui conseguenze rischiano di bussare direttamente alla nostra porta (e mai a mani vuote), anche di quella italica (che confida troppo nello stellone). Mai come adesso la partita è aperta. Mai come adesso occorre restare con i piedi ben saldi e piantati per terra. Non a caso torneremo sul tema.

Oreste Grani/Leo Rugens


Al Baghdadi sta a Osama bin Laden come  Trump sta a Obama

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Per tutti quelli che  hanno già un bicchiere di prosecco in mano per festeggiare la morte di al Baghdadi, siamo spiacenti di rovinare la festa.

La morte di al Baghdadi, vera o presunta che sia,  non cambierà nulla nel panorama terroristico attuale, i fan di al Baghdadi in rete hanno scritto queste parole, prima che Donald Trump parlasse alla nazione: “Il numero di volte in cui una coalizione fallita ha dichiarato la morte del califfo dal 2010:5; 

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Infine, l’emiro dello stato, i suoi soldati e sostenitori sono ansiosi di testimoniare per il bene di Allah e di credere nel bene e nel male del destino. La morte è un diritto e una conseguenza per tutti e la battaglia continua fino a quando la bandiera non viene consegnata al figlio della vergine “la pace sia su di loro” e ancora lo stesso account social asserisce: “Jihad passa per la sua strada non si ferma con l’uccisione di un leader o principe o un soldato o per  la perdita di terreni o zona in cui hanno sostenuto la morte del principe o comandante ogni volta che hanno sostenuto la loro vittoria il fantasma ha sentito proiettili d’acciaio da dietro le pianure e le montagne e le voci dei Mujahideen pregare Dio”. Come a dire morto un leader ne troveremo un altro. È vero qui c’è un problema più importante che altrove perché il prossimo Califfo deve avere il sangue del Profeta, ma sicuramente da qualche parte c’è.

Ma per fare un passo indietro:  gli americani nei raid aerei sono fortissimi, non solo hanno bombardato la zona dove c’era al Baghdadi, a Barisha, che si trova a Idlib, dove il leader indiscusso dei terroristi è Abu Mohammed al Joulani, numero uno di HTS, ex al Qaeda, ex Daesh, e quindi non si capisce cosa ci facesse lì al Baghdadi, analisti del settore hanno detto: “gajardo tifoso della Lazio nella panchina della Roma” ma  come si vede nella foto dell’area bombardata,

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come accade sempre con le bombe sia quelle intelligenti che quelle non intelligenti, non è rimasto gran che. La domanda è: come hanno fatto a rilevare il DNA da un corpo carbonizzato? E ancora per sapere dove transitava Al Baghdadi, vuol dire che bisognava avere in loco un basista, e nemmeno uno di poco conto, doveva avere la fiducia di al Baghdadi, che a detta dei suoi stretti collaboratori è un paranoico della sicurezza, e un uomo di fiducia che stia a stretto contatto con al Baghdadi e sia un agente informatore USA non può essere arrivato ieri. Allora perché uccidere al Baghdadi solo ora?

Questa storia ricorda un po’ la fine di Osama bin Laden, creatura della Clinton per sua stessa ammissione in diretta TV, ucciso in un momento di basso gradimento per Obama e guarda caso in un momento poco idilliaco per Trump, pensiamo solo alla questione medio orientale senza allargarci tanto, arrivare l’omicidio perfetto del terrorista da 5 milioni di dollari.

Ma per tornare a un dato più interessante vorremmo ricordare che nel Califfato le figure più importanti sono gli Ulema. Una sorta di – ci scusino molto i muslmani lettori – consiglio dei ministri religiosi che decide le cose importanti: dalla riscossione delle tasse, alla gestione e dei flussi finanziari, strategie di guerra, logistica, relazioni con l’estero (tribù, dialoghi con i nuovi gruppi in sedi diverse dalla Siria o Iraq) riti religiosi, la dottrina religiosa da seguire e insegnare, i libri da leggere, i tribunali, le carceri, tutto quello che ha attinenza con le decisioni di uno stato.

Nello Stato Islamico gli Ulema ai tempi dei tempi erano 50 di cui l’80 per cento sauditi, gli altri dal resto del mondo: egiziani, siriani, iracheni, bosniaci, macedoni, francesi, belgi, kosovari, marocchini, ceceni, e così via. Morto un Ulema si eleggeva il sostituto.

E sono state le uccisioni di questi insieme a personaggi carismatici a variare e modificare le campagne mediatiche dello Stato Islamico ma non a eliminarlo. Tra queste le morti più importanti quella dei padri fondatori Daesh, uccisi in Arabia Saudita, dai sauditi: sceicco Abu Jandal al-Azdī Faris az-Zahrānī, lo sceicco Hamad al-Humayd e lo sceico Abdul-‘Azī at-Tawayliyya (nella foto)

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E ancora a incidere moltissimo fu la morte del comandante militare Abu Omar al Shishani (nella foto a sinistra con al Adnani a destra),

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addestrato da Russia e America di origine georgiana morto in un raid aereo USA. E ancora raid aereo ha ucciso il portavoce più carismatico dello Stato Islamico, Abu Mohammad al-Adnani, addestrato tra gli altri da al Shishani.

Eppure dicevamo i terroristi di Daesh, nonostante la morte dei loro leader più carismatici continuano a compiere attentati solo nell’ultima settimana hanno colpito a Mosul, Diyala, Kirkuk, in Iraq; Qamishli, Deir Ez Zor, Mayadeen, Homs, Raqqa in Siria; Borno, lago Ciad; Nigeria; Sinai, Egitto; Miguindanao, Filippine. Questo perché la macchina del terrore messo in moto è importante, profonda e ha tentacoli oramai non più controllabili e soprattutto continuano ad arrivare soldi. Così come si riscontra un rifiorire di al Qaeda, grazie a una ritrovata economicità. Vedi soprattutto il caso Mali e Somalia.

Come dicevamo all’inizio non c’è molto da festeggiare.

Gertrude Bell

Elijah Baley

P.S. Gli account ufficiali non hanno, al contrario del solito, ufficializzato ancora la morte dello sceicco