Il metodo mafioso del giudice Lollo è stato troppo a lungo ignorato

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Antonio Lollo

Quella che trovate esposta a seguire è una tesi audace ma che alcuni elementi investigativi tendono a confermare. Alcune coincidenze temporali e territoriali (caratteristiche di quel tempo e di quel territorio) infatti mi spingono ad escludere che personaggi pubblici, sia pure estranei a tale ragnatela, non sapessero dell’esistenza e delle modalità in cui operava, da anni, il Sistema Criminale che faceva capo al giudice di Latina Antonio Lollo. Mentre scrivo tendo ad escludere che di un territorio di cui si conosce, a menadito, il sentire sociologico, politico, culturale si ignori che lo stesso sia totalmente pervaso da un sistema corruttivo come quello messo in piedi dal Lollo e dai suoi collusi ed associati. Perché, è bene ricordarlo senza tema di smentite o conseguenze giudiziarie, in nessun tribunale del Pianeta quello che trovate descritto nelle pagine estratte dalla sentenza n. 3199/2017 Tribunale di Perugia, avrebbe portato a una condanna così mite e patteggiata isolando dal quadro generale e dalle complicità comprovate le attività criminali del Lollo. Chiunque avrebbe dovuto chiamare (e giudicare come tale) quel che segue “associazione a delinquere con l’aggravante dell’agire con metodo mafioso“. Non so se si definisca in legalese così quello che accadeva a Latina, ma la sostanza è questa. Metodo mafiosissimo soprattutto quando il Lollo esigeva il pizzo su ogni foglia produttiva o in via di fallimento (o fatta appositamente fallire) che si muovesse a Latina.

Sentenza Lollo

Invece, abilmente difeso dall’avvocatessa Grazia Volo, questo traditore del giuramento alla Repubblica, non solo viene considerato un criminale avulso dal resto del Pianeta, quasi fare le cose che faceva Lollo fosse parte di una sceneggiatura di un video game a cui si accede per giocare individualmente, senza rapporti sostanziali con complici (mentre, viceversa, ogni parola della sentenza descrive un grado di intimità e di correità impressionante tra più persone), ma si decide di giudicare i complici separatamente e con  quelle lentezze e modalità gattopardesche perché nulla di fatto cambi. Si è giudicato (sentenziando alla fin fine con poca severità) quegli anni e quei danni inferti al tessuto produttivo di quel territorio, come se mai fosse possibile un comportamento dissociato dagli altri criminali attuando un tale modello dissipativo “da soli”. Mi chiedo inoltre come tutto questo è accaduto senza che le autorità politiche, possano aver ignorato un fenomeno tanto pervasivo ed onnivoro. Soprattutto personale politico, come ho cominciato ad accennare in altro post che, per specializzazione, avrebbe dovuto avere una ipersensibilità ai fenomeni mafiosi e destabilizzanti la collettività. Faccio il nome del parlamentare che da decenni ha radici (e quindi si presume capacità di ascolto e di monitoraggio della comunità) sul territorio Claudio Fazzone, fiduciario in quelle provincie di Forza Italia e, ai tempi d’oro, grande amico di Silvio Berlusconi. Mi lascia perplesso che un parlamentare scelto per rappresentare il berlusconismo nella delicatissima Commissione Antimafia, dal 2013 al 2018 (ora, dopo aver cessato il ruolo in Antimafia, evidentemente ben valutato, Fazzone è uno dei dieci parlamentari che sorveglia l’operato dei Servizi Segreti), non si accorgesse che in quegli stessi anni (certamente dal 2013 al giorno dell’arresto di Antonio Lollo e della sua banda avvenuta nel 2015) la giustizia fallimentare a Latina la esercitava gentaccia di quella risma.

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Ho scritto altre volte che si ha diritto a non avere iodio a sufficienza che ti gira nel corpo  (e come se uno dicesse che qualcuno non ha abbastanza sale in zucca e quindi è cretino) ma si dovrebbe evitare, nell’Interesse della Repubblica, che tali uomini e donne, chimicamente insufficienti, siano preposti alla sicurezza dello Stato. E voglio vedere quale Tribunale mi può dare torto, considerando diffamatoria tale insinuazione. Le pagine che riproduco sono sconcertanti anche alla luce di quanto ho appena affermato. Se poi si aggiunge che nelle ultime ore in un locale che un tempo ospitava un caseificio degli Eredi Mandara (la coraggiosa cittadina Vanessa Mandara è la denunciante di tutto questo schifo e artefice sostanziale dell’innesco investigativo che ha portato all’arresto dei criminali rei confessi) qualcuno ha dato fuoco (non credo che si tratti di autocombustione viste le condizioni in cui il locale si trovava l’altra notte) a ciò che avanza di quello che un tempo era uno stabilimento in cui si producevano “fiordilatte”, si capisce perché, settimane addietro, la Mandara abbia ritenuto doveroso e opportuno avvertire, con una lettera accorata e circostanziata, quanto era accaduto, per anni, al Tribunale di Latina, proprio il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Della fogna a cielo aperto lo sanno pertanto certamente il Presidente Mattarella e il Segretario Generale del Quirinale, Ugo Zampetti e lo ignora Fazzone? Che – evidentemente – non solo dorme da piedi ma è un parlamentare sordo e muto come una qualunque prudente scimmietta.

Oppure gli manca il sodio.

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Ci sarà tempo, vista la tempra e la tenacia della Mandara e la lealtà repubblicana del Presidente Mattarella, di tornare ad approfondire se Latina è solo terra di macachini ciechi, sordi e muti, o, ormai, invasa da Sud, anche terra di gorilla violenti mafiosi.

La cittadina Mandara, per quello che può valere, ha tutta la nostra simpatia e solidarietà. Consapevoli che siamo poca cosa.

Rimaniamo in attesa che l’onorevole Fazzone batta un colpo. Anche chiedendoci conto, a norma di legge, di questi nostri scritti.

Oreste Grani/Leo Rugens           

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