904 è il numero di un treno che non va dimenticato

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Gli italiani (e i cittadini del Mondo) non sono solo brave persone  ma anche gentaccia che ordisce la morte dei compatrioti. Ed io consiglio, alla vigilia di avvenimenti che potrebbero essere, nel prossimo anno, anche tumultuosi e divisori, di non dimenticare nulla. Come un cervello degno di questo nome sa fare. Ogni ricordo (chi che fosse in vita e adulto può non ricordare quel Natale tragico?), ogni immagine (e quante furono), ogni associazione mentale in un primo tempo non è che una fugace sensibilizzazione delle sinapsi attraversate dal flusso di impulsi che costituiscono l’oggetto del ricordo stesso. Se interviene un “rinforzo” (e questo post anche questo vuole essere), ad esempio per effetto della concentrazione che caratterizza un apprendimento, le sinapsi sono soggette a modificazioni più consistenti che “solidificano” il ricordo: dicono che sia sintesi di materiale proteico. Se è solo proteine e poco/molto altro, rimane difficile pensare che quello a cui assistiamo sia solo una rete intricata di cellule e prolungamento e non il substrato delle facoltà superiori dell’uomo. Tra queste facoltà mettiamoci anche il non dimenticare che alcuni, all’apparenza uguali ad altri, hanno scientemente bruciati vivi esseri umani innocenti. Compresi tre innocentissimi bambini felici di aver preso il treno 904 per andare a festeggiare il Natale.

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Non me ne esco oggi con questi discorsi strappalacrime così tanto per fare un po’ di retorica ma per ricordarvi di aver postato un articolo che non voglio io stesso dimenticare. E per quello lo ripropongo anche a ribadire (e ricordare) quello che questi inadeguati ragazzotti pentastellati non hanno saputo/voluto fare. Nessun armadio aperto in anni di presenza parlamentare. A cominciare da ci si è piazzato prima al COPASIR e poi a trastullarsi con le armi e con le Guerre stellari. Anche partendo dal ricordo di quei 17 morti e 267 feriti. Questione irrisolta di politica estera. Come i calci in culo presi anche in Libia dovrebbero confermare al neo ministro degli Esteri, l’inamovibile Luigi Di Maio.

Oreste Grani/Leo Rugens

P.S.

E a proposito di memoria e di stima reciproca che si consolida nel tempo sui valori di riferimento e a prove di dialogo, tengo a pubblicare un commento che, con grande tempestività e sensibilità, il lettore Antonio Albanese mi inviò a proposito di quanto avevo scritto, cinque anni addietro, oggi. Ancora ci frequentiamo, per amicizia e per professione. Saluto cordialmente il prezioso amico inviando a lui e alla sua bella famiglia, auguri affettuosi.


IL TRENO 904 E LA STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE. OVVERO COME SAREBBE STATO MEGLIO CHE QUALCUNO AVESSE FERMATO IL DITO TWITTANTE DI MAURIZIO LUPI

Il 28 aprile 2014 pubblicavamo il post:

RINO FORMICA DETTO “IL MATTO” – A PROPOSITO DI ARCHIVI DA APRIRE: LA STRAGE DEL TRENO 904 E LA POLITICA ESTERA ITALIANA

Race between an express train and an airship, 1911

Il 23 dicembre 1984, intorno alle diciannove, una carrozza del treno “rapido” 904, mentre attraversava la galleria di San Benedetto Val di Sambro, saltò in aria e nell’esplosione rimasero uccisi 17 italiani e orribilmente feriti, altri 267.

Nel Partito socialista, non tutti erano ladri o servi del potere “gelliano”. In particolare modo, il più volte ministro Rino Formica, a pochi giorni dalla strage, confermando la “buona  fama” di essere un “diverso”, un matto (cioè un uomo libero), capace di dire atroci verità (Formica è l’autore dell’espressione che riassumeva la politica in “un impasto di sangue e merda”) disse che, con la strage di Natale, l’Italia era stata avvertita con il sangue.

“Ci hanno mandato a dire che l’Italia deve stare al suo posto sulla scena internazionale. Un posto di comparsa, di aiutante. Ci hanno fatto sapere, con il sangue, che il nostro paese non può pensare di muoversi da solo nel Mediterraneo (sempre la stessa storia! ndr). Ci hanno ricordato che siamo e dobbiamo restare subalterni”. E qui veniamo alle dolenti note: queste affermazioni erano vere all’epoca, verissime  durante i grandi rivolgimenti recenti in Africa (ancora in essere) e, temiamo, se non si opera con determinazione un cambiamento, anche nel futuro prossimo.

“Noi non abbiamo un sistema di sicurezza nazionale capace di opporsi a questi avvenimenti“, continuò Rino Formica. “I nostri servizi di sicurezza sono inefficienti perché così li hanno voluti gli accordi internazionali. Non difendono l’Italia perché non debbono difenderla. I nostri “servizi segreti” sono funzionali alla nostra condizione di inferiorità”. Il “matto”, come lo chiamavano – rispettosamente –, dentro e fuori il PSI, così parlando, avrebbe dovuto scuotere “chiunque”. Ma non la classe dirigente italiana.

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Rino Formica, non era un carneade: era membro della Commissione P2 e, soprattutto, componente del Comitato di controllo sui Servizi Segreti. A seguito di queste affermazioni, ci furono riunioni (apparentemente) tempestose: Craxi era Presidente del Consiglio; il suo Vice era Arnaldo Forlani; Ministro degli Esteri, Giulio Andreotti (il referente politico dell’Anello) e grande estimatore di Licio Gelli. L’unico che si incazzò con Formica, fu Giovanni Spadolini, segretario del PRI, che, da giornalista/storico prestato alla politica, gli fece una sfuriata da “atlantista” offeso. Durante questa riunione drammatica era presente, in veste non minore (era Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), lo  scaltro Giuliano Amato che, udite-udite, se la squagliò (uscì dalla stanza) pur di non sentire, vedere, dire nulla in una materia tanto delicata.

Tutti morti (in senso “politico”) tranne lui che ancora aspira a fare il Presidente della Repubblica. Le frasi di Formica (non di un “matto” come Leo Rugens) descrivevano un Paese senza Strategia di Sicurezza Nazionale. Così era e così è.

Senza un cambio culturale, possibile solo innescando una vera e propria rivoluzione nel settore dell’Intelligence e della ricerca di una strategia geo politica, le “prepotenze” di paesi terzi, sono dietro l’angolo. O “asciutte” o “bagnate” che dir si voglia.

Oreste Grani

Discorsi difficili per l’attuale ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi abituato alle semplificazioni efficentistiche/affaristiche che si attuano in Comunione e Liberazione. Lupi è lo stesso lupacchiotto che, grazie all’assenza totale di cultura della complessità, da vero macho della politica, voleva, il 12 dicembre scorso, giorno dello sciopero generale, precettare i ferrovieri. Anche mio nonno Oreste, ferroviere beneventano antifascista, si sarebbe rivoltato nella tomba. Viceversa, Lupi è sempre al suo posto.

Comunque, sia pur anziano, Rino formica è ancora vivo per spiegare al cretinetto di turno cosa c’era, trent’anni fa, dietro alla strage del treno 904 e cosa si muove – invece – intorno agli appalti della TAV, oggi. Le scritte incriminate si riferiscono al malaffare che gli antagonisti/anarcoinsurrezionalisti” ipotizzano si muova intorno ai cantieri (vedi arresto della signora Maria Rita Lorenzetti ex presidente della Regione Umbria, sempre a cena e fotografata spesso in luoghi pubblici con Mauro Moretti già Presidente delle Ferrovie). Questo di farsi fotografare a cena e nei convegni – vicini/vicini – e poi di far finta di non sapere nulla delle attività dell’altro, non è, evidentemente, solo un limite di Buzzi, Poletti, Alemanno e compagnia cantando.

Che fine ha fatto Maria Rita Lorenzetti? Riteniamo che il cittadino Gianfranco Chiarello abbia ragione

Lorenzetti: talpe, tunnel e tangenti (per tacer della camorra)

La resa dei conti per la squadra di Moretti è cominciata: arrestata Lorenzetti

MENTRE BERLUSCONI SI PREPARA A VOMITARE CONTRO LE TOGHE ROSSE ALTRI MAGISTRATI PER FORTUNA CONTINUANO AD ARRESTARE I SACCHEGGIATORI DELLA COSA PUBBLICA

Gli incendi e i danneggiamenti sono atti gravissimi e come tali andranno perseguiti. Al pari del rogo di Viareggio che certamente i morti innocenti di quella notte non si meritavano. Rimaniamo in fiduciosa attesa di esemplari punizioni per gli uni e per gli altri. Se rimane un po’ di tempo e di volontà di fare chiarezza su chi fa che cosa di devastante il tessuto produttivo del Paese, non sarebbe male che si andasse a sentenza, sollecitamente, per la corruzione che si muoveva intorno ai Cantieri TAV in Toscana. Prima che vada tutto in “cavalleria”, grazie alla prescrizione. Così, tra l’altro e in modo sinergico, si combatte il “sabotaggio” e l’antagonismo degli insurrezionalisti.

Oreste Grani/Leo Rugens nipote di nonno Oreste, ferroviere.