Ultima ora: Perché gli Stati Uniti hanno sbagliato ad uccidere il generale Qasseim Soleimani

Soleimani e AL Muhandis
Gli Stati Uniti con l’attacco con quattro missili alle 23.00 circa del 2 gennaio dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che di Medio Oriente non ne capiscono un acca.
A chiosare l’operazione statunitense nella maniera più corretta, i russi che per voce del ministero della Difesa hanno definito l’operazione Blue Linghting: “miope”.
Ed è davvero fanciullesca la dichiarazione del presidente Donal Trump secondo cui l’attacco contro Qasseim Soleimani è un attacco preventivo per salvare i funzionari statunitensi in Medio Oriente. Semmai è l’esatto opposto.
Tra le tante dichiarazioni che si leggono oggi di condoglianze all’Ayatollah Khameney, e all’Iran per la morte del generale delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane ne citiamo quattro che vanno lette su più piani culturali.
Quella di Hassan Nasrallah, segretario del partito politico e gruppo militare Hezbollah che ha detto condannando l’assassinio di Soleimani: «Completeremo la strada e lavoreremo per raggiungere i suoi obiettivi». Sembra infatti che Soleimani fosse in Iraq dopo una visita in Libano a Nasrallah e in Siria dove ha incontrato il ministro per gli Esteri, Muallem, a cui aveva promesso di eliminare i terroristi di Idlib.

Ismail Qa’na sostituto di Soleimani
E proprio dalla Siria dalle Tiger Forces, forze arabo-siriane hanno «Il generale Qassem Soleimani è un martire a causa del fatto che è stato preso di mira dall’occupante americano mentre guidava la sua macchina all’aeroporto di Baghdad». E ha proseguito il suo post asserendo: «L’esercito arabo siriano aumenta la sua preparazione e dichiara il suo sostegno all’alleato iraniano contro gli americani». Attualmente le Tiger Forces sono impiegate dai russi contro HTS, sul fronte di Idlib ma sono pronte a muovere e convergere dove l’Iran chiederà.
Un terzo e lungo comunicato viene dagli Houti in Yemen. In foto l’intero comunicato e qui brevemente un brano del comunicato: «Il capo del comitato rivoluzionario del gruppo Ansar Allah, “Houthis” in Yemen, Muhammad Ali Al Houthi, ha affermato che quella che ha descritto come una “risposta rapida e diretta” all’assassinio del comandante della Forza Quds nelle guardie rivoluzionarie iraniane, Qassem Soleimani, è stata la scelta e la soluzione».
Infine inseriamo il comunicato di Hamas, addestrata dagli iraniani e sostenuta economicamente dagli stessi il cui punto di riferimento negli ultimi vent’anni è stato Qasseim Soleimani. Nel loro comunicato hanno scritto: «Hamas condanna l’attacco contro l’alleato iraniano e il martirio del maggiore generale Qassem Soleimani».
Queste sono almeno quattro ragioni per cui gli Stati Uniti non avrebbero dovuto attaccare e uccidere il generale delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane, Qasseim Soleimani. Hamas rischia di incrinare il processo di pace iniziato sulla striscia di Gaza, non a caso Israele via Egitto ha fatto sapere a Hamas che è meglio se questa non si fa coinvolgere nella questione di Soleimani, ma se così non fosse i primi ad essere attaccati sarebbero proprio gli israeliani, quelli che hanno attaccato i magazzini di armi in Iraq a partire dallo scorso agosto.
Gli Houthi potrebbero appoggiare la causa attaccando, come è già successo l’Arabia Saudita e zone limitrofe.
Mentre le Tiger Forces insieme alle milizie irachene potrebbero pensare di attaccare le basi militari al confine tra Siria e Iraq e le milizie Sciite Al-Hashd Al-Sha’abi, quelle di Jamal Jafaar Mohammed Ali Āl Ebrahim, Abu Mahdi al-Muhandis, ucciso insieme a Soleimani potrebbero attaccare in Iraq, non solo potrebbero abbandonare quelle aree in cui ancora si scontrano con Daesh come la zona sud di Mosul, Salahuddin e Diyala e lasciare dunque campo libero a Daesh.
In ogni caso gli impianti petroliferi di Bassora, Wasit sono altri obiettivi sensibili che le PMU in segno di ritorsione potrebbero colpire per colpire un Paese che non protegge gli iracheni dall’invasore straniero, così infatti sono visti gli Stati Uniti dalle milizie sciite pro iraniane.
Oppure come sembra gli Stati Uniti preparano a una ennesima operazione irachena: 750 paracadutisti arrivati a Baghdad e 5.000 uomini previsti tra Kuwait e Iraq.
Geltrude Bell e Elijha Baley