Generare subito luoghi di ragionamento. O sarà troppo tardi

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Il M5S (o quel che ne avanza) esprime una classe s-dirigente che è opportuno, da alcune ore, definire attonita di fronte ad avvenimenti previsti e prevedibili. I ragazzotti e le ragazzotte, fino ad oggi, guidati e reclutati da Mister Far-ne-si-na Far-ne-si-na, su base prettamente clientelare e di stretta appartenenza alla propria tifoseria ovviamente, ora che il gioco si fa duro, non sanno dove andare sull’unico terreno che bisognerà dimostrare di saper affrontare, cioè la “politica estera“. Un gruppo di “senza parte”, senza cultura propria pregressa, senza formazione e in quanto tali destinati o a rimanere silenti o, peggio, vaneggianti. Ragazzotti e ragazzotte fino a ieri euforizzati dalle prebende che il boss procurava loro piazzandoli ovunque ci fosse la possibilità di attingere al denaro pubblico adesso ci potete fare cotechini per le prossime feste natalizie. Ma bisognerà aspettare 11 mesi che, alla luce degli avvenimenti contemporanei, ci sembrano troppi per chiunque. Figurarsi per questi furbi malcresciuti, allevati come trote (ricordate il figlio di Bossi?) ossequiose.

Una che poteva provare a spiegare in quali complessità geopolitiche ci si sarebbe potuti trovare (mi riferisco ad Elisabetta Trenta), per piccoli moventi di luci ed ombre che la preparazione della ministra poteva proiettare sul duo Tofalo-Maffei, è stata, con tempismo sorprendente, cacciata per fare posto alla cordata del PD e degli ambienti che facevano e fanno riferimento sia alla genovese Roberta Pinotti che ai vertici dell’Aviazione (presenti e passati) a loro volta, generali per mille rizomi carsici legati al calabrese Marco Minniti. Questioncelle quindi di piccolo cabotaggio sono diventate la Stella Polare della politica estera (questo è il Ministero della Difesa da poche ore) in assenza totale di capacità di Luigi Di Maio di capire in quale fase di transizione (e quindi esposti a molti rischi) si trovino gli USA. Stati Uniti che, a prescindere dalle elezioni a novembre, cioè vicine, sono impegnati in uno dei dibattiti più complessi di questi ultimi decenni se non della loro intera storia dai primi del ‘900 a venire in qua. Gli americani (o meglio alcuni circoli latomistici particolarmente influenti) non sanno bene cosa debba diventare il Pianeta dopo la fine della Guerra fredda il cui clima sia pure rigido gli era familiare. Quali sono gli obiettivi che vorrebbero realmente conseguire in questo nuovo contesto? E se anche qualcuno riuscisse a formulare qualche ipotesi convincente, quale strategia si dovrebbe adottare (oltre che consumare bombe e altre carabattole del genere) per cercare di raggiungerli pienamente e, soprattutto, ad un costo accettabile? Che non è quello di alcuni droni.

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Gli USA, reduci da un impoverimento del dibattito teorico che dovrebbe sempre accompagnare queste fasi di transizione, si stanno trovando (si vede) senza le basi della strategia che prevede la conoscenza dei rapporti tra causa ed effetto. In teoria anche in queste ore, se si fosse dentro ad un processo decisionale di questa natura (causa ed effetto e feed back costante e permanente) si avrebbero le idee un po’ più chiare su come reagirà il resto del Mondo (che non solo esiste ma non starà a guardare e non mi riferisco agli amichetti di Hamas) non circoscrivendo alla sola Israele che, opportunamente, assediata come si sente culturalmente e militarmente, si mette in scia. Ma queste semplificazioni impoveriscono certamente il dibattito sulla teoria delle relazioni internazionali. Ed è questo un tema fra i più complessi perché non si limita allo scontro tra oligarchi (all’opera sotto tutti i cieli) e liberali. Tra sanguinari e democratici. Tra chi crede (e brama tale soluzione anche per indole personale) nell’importanza del potere basato sulla forza e chi, invece, per formazione culturale, auspica una sempre maggiore sviluppo dei luoghi dove si discute e si dialoga sempre alla ricerca della situazione terza inclusa. Tenete conto che di discutere realmente a pochi interessa mentre cresce nuovamente il numero di quelli che ritiene che sia arrivato il tempo di consentire a chiunque di armarsi, anche con le tecnologie nucleari, in una giungla senza regole se non quelle imposte dal più forte.

Si va verso un mondo senza limiti e senza organismi di ragionamento. Costano troppo, sembrano dire alcuni. In realtà costa molto di più armarsi ma almeno uno ha la sensazione di poter dire la sua. Questo qualcuno è, solitamente, a stecca con i produttori e far comprare armi in assenza totale di luoghi dove si riflette (l’ONU e i suoi derivati lo odiano tutti ed altro non esiste in quanto i G “qualche numero” servono solo a distribuire budget e tangenti ai politici dei Paesi dove si organizzano gli eventi) disegna la strada obbligata che produce ciò che vedete e di cui sempre più, con voce flebile, alcuni vi lamentate. Prima di concludere mi preme ricordare che paradossalmente per decenni gli USA, non hanno fatto ricorso alle armi (in modo massiccio) senza prima cercare in tutti i modi di avere una legittimazione internazionale. A volte perfino la NATO è sembrata tornare utile. Direi che questa guerra sta cominciando senza quadro giuridico. Come viceversa era accaduto in Bosnia, nel Kosovo, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. Direi di non sottovalutare questo cambio paradigmatico culturale.

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Direi che, anche su questo terreno, si ha il dovere dell’azione. Iniziative anche minori e “dal basso”, dal momento che l’UE sembra non esistere.

Oreste Grani/Leo Rugens che si è consumato le falangi a scrivere che la “politica esteraera e sarebbe stata tutto.