Con Maurizio Belpietro è – per ora – una questione di araldica
Quindi per il duca (ho scritto consapevolmente duca e non principe o re) dei contaballe (vedi post da ieri in rete e per cui aspettiamo querela e che oggi ripostiamo “per vedere l’effetto che fa” come cantava Iannacci) del giornalismo italiano Maurizio Belpietro, il problema del Ministero della Difesa (e pertanto, in parte, della sicurezza della Repubblica) era ed è la definizione della pratica dell’alloggio assegnato, o meno, alla ministra Elisabetta Trenta?
Così come la politica interna/estera va definita ammettendo o meno nell’equipe dell’imminente Festival di Sanremo, la scrittrice Rula Jebral, giornalista, fino a prova contraria (intendo fino a quando, per l’ennesima bufala o campagna artatamente costruita, un giorno Belpietro sarà radiato dall’Ordine) anche collega del “proprietario” del settimanale Panorama e del quotidiano dal nome ultra pretenzioso: La Verità. Luogo mentale difficile da servire se uno è maestro/duca riconosciuto e sentenziato in falsità.
Per ora Belpietro è solo “duca” per essere pronti ad elevarlo al rango di principe non appena ce ne desse ulteriore motivo.
Mai rimuovendo che, anche nel caso Trenta, ci potrebbero essere moventi reconditi per un tale accanimento da parte del “duca” (“duca dica” penso che sia una delle battute “regine” di Antonio de Curtis, in arte Totò) visto la dimensione del business che ruota intorno al passato e al futuro della Difesa.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S.
- Nel novembre 2009 Maurizio Belpietro e l’ex pentito di Prima Linea Roberto Sandalo sono stati condannati in sede civile dal tribunale di Monza per diffamazione nei confronti del Segretario diNessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia. I fatti risalivano a tre anni prima, quando il Giornale pubblicò un’intervista a Sandalo, nuovamente detenuto per attentati contro alcune moschee. L’intervistato accusava D’Elia dell’omicidio di una guardia giurata. Il Tribunale, accogliendo le contestazioni di reato della procura di Firenze, accertò che si trattava di notizie palesemente false e inventate ma presentate da Belpietro come fossero verità. Il giudice di primo grado, Letizia Anna Brambilla, ha assolto l’autore dell’intervista Stefano Zurlo ma ha inflitto la pena della multa sia a Sandalo che a Belpietro, condannati in solido al risarcimento dei danni.
- Nell’aprile 2010 è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per diffamazione nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte, per un articolo del 2004 quando era ancora direttore de Il Giornale, alla pena di quattro anni di carcere e al risarcimento delle parti civili per 110.000 euro. In seguito ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo che, il 24 settembre 2013, senza entrare nel merito della condanna, ha stabilito che la pena detentiva era eccessiva.
- Nel 2013 venne condannato a un’ammenda di 15.000 euro per “procurato allarme” in merito a unabufala, pubblicata tre anni prima sulla prima pagina di Libero, su un presunto attentato che sarebbe dovuto avvenire ai danni del politico Gianfranco Fini.
- Nel 2015 Belpietro e il collega Gianluigi Nuzzi vengono condannati entrambi a 10 mesi e 20 giorni per calunnia nei confronti della catena di supermercati Coop Lombardia. Il reato è caduto inprescrizione nel giudizio di appello, che si è concluso per entrambi con la condanna per ricettazione.
- Nel 2015 Belpietro viene denunciato per il titolo di prima pagina “Bastardi islamici” apparso su «Libero» il 13 novembre. Il 18 dicembre 2017 è stato assolto “perché il fatto non sussiste”.
- Nel 2016 l’Ordine dei Giornalisti ha sanzionato Belpietro e il suo collega Mario Giordano per aver diffuso odio etnico nei confronti dell’etnia rom, questo a causa di un articolo in cui accusavano (generalizzando a tutta l’etnia in questione) alcuni rom di una rapina nella quale, però, i responsabili non erano dei rom.
Procedimenti in corso
- Belpietro è stato condannato in primo grado per diffamazione dal Tribunale di Desio, per affermazioni relative al caso di Piergiorgio Welby, avendo paragonato il medico Mario Riccio ai «boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA».