Effetti collaterali iracheni del dopo Soleimani: la nuova politica di Qani 

Tra le stupidaggini a cui ci ha abituato l’amministrazione Trump che di politica Medio Orientale e centro asiatica non ne capisce nulla, di certo l’uccisione di Qassem Soleimani e di Muhammad al Muhandis è stata la peggiore, anche perché queste due morti lasceranno una scia di sangue incalcolabile dietro di sé. Soleimani era uno stratega. Sapeva farsi amici tutti coloro che servivano a realizzare o a portare a compimento un progetto politico nel lungo termine. Come sanno bene gli americani, fu proprio lui a dare casa in Iran e budget ai qaedisiti tra cui Abu Musab al-Zarqawi in fuga dall’Afghanistan. Li arrestò per dare loro: belle case, agevolazioni economiche, bella vita. Al momento opportuno nel 2003, Soleimani liberò i prigionieri di Al Qaeda “detenuti” in Iran, gli stessi che rientrati in Iraq colpirono: il quartier generale dell’Onu e l’ambasciata giordana a Baghdad e un importante santuario sciita a Najaf. Soleimani era così: capace di tutelare gli interessi iraniani. Parlava molte lingue tra cui l’arabo, molto bene e l’inglese. Sapeva relazionarsi con le massime autorità religiose sciite di Libano, Iraq e Iran. Amato e rispetto da tutti i suoi uomini. Tra i maggiori esborsi economici firmati da Soleimani troviamo quello verso Hamas nella striscia di Gaza e tutto sempre in funzione anti USA a protezione del suo amato Iran. C’è chi in America ha contabilizzato in 600 vite umane la responsabilità di Soleimani di soldati americani uccisi in Iraq, Siria, Libano, Yemen e Afghanistan. Gli americani però si sono dimenticati di contabilizzare, per esempio, i soldati iraniani e i miliziani afgani, pakistani, libanesi e iracheni morti per combattere Daesh in Siria e Iraq e volte anche in città di confine in Libano. Soleimani era abituato alla frugalità era di origini umili ma sapeva farsi onore nelle stanze dei bottoni. Non a caso nel 1997 fu scelto come leader delle Sepāh-e Qods, Al Quds Force, ramo di élite della Guardia Rivoluzionaria Iraniana volta a condurre le operazioni oltreoceano in Medio Oriente e oltre.

E non a caso il bombardamento aereo americano ha colpito il vice comandante delle PMU irachene al Muhandis, chiamato l’Ingegnere. I due erano alleati e amici dagli anni ’80 dello scorso secolo. E qui il secondo errore statunitense. Al Muhandis esattamente come Soleimani era un uomo frugale, carismatico unico in Iraq che sapeva far dialogare le milizie sciite pro Iran e quelle no. Se c’era un problema di lotte intestine, vessazioni sulla popolazione arrivava al Muhandis e la cosa si chiudeva in poco tempo e a vantaggio di tutti.  Se servivano uomini per combattere Daesh sul fronte siriano al Muhandis li rimediava. Uccidere questi due uomini non significa eliminare la radice del male, ma aver gettato i semi di molti mali perché non più controllati da nessuno e non di certo sarà possibile portare questi semi sotto il terreno coltivato dai fattori statunitensi. Per restare in casa irachena la morte di al Muhandis ha mobilitato tutte le milizie sciite pro Iran che hanno spinto per arrivare a quella che è nota come richiesta del parlamento al governo di trovare una soluzione entro breve tempo per la fuoriuscita delle truppe della coalizione dall’Iraq.  Adel Abdul Mahdi dimissionario ma al momento unico successore di se stesso ha richiamato tutte le PMU dal fronte contro ISIS dove sta mandando l’esercito e sta distribuendo le PMU, detti anche squadroni della morte a Baghdad, Kerbala, Najaf, Nassiriyah, Maysan, Dhi Qar. Le cosiddette aree calde delle manifestazioni irachene ma sta anche distribuendo le milizie sul territorio iracheno a guardia delle forze della coalizione, tutte Italia compresa, a cui è stato chiesto di fare le valige al più presto e lasciare il territorio.

Gli Stati Uniti hanno detto il 14 gennaio tramite il consigliere per la sicurezza di Trump, O’Brian, che questa decisione del parlamento iracheno non è vincolante per Washington, però c’è da dire che dal giorno dell’uccisione di Soleimani ad oggi sono state attaccate con missili le basi di Ayn al Assad nell’Anbar: 9 missili arrivati a segno; la base di Balad nel Salhuddin: 5 missili arrivati a segno: qui ci sono stati sette feriti. E mentre scriviamo, la sera del 14 gennaio, è sotto attacco la base Taji di Baghdad, al momento non si conoscono i danni e se ci sono morti e si contano almeno 5 lanci. L’Iraq inoltre è sprovvisto di un sistema anti missile e quindi è facilmente attaccabile. Secondo l’esperto di sicurezza irachena Hisham al Hashemi, il ritorno dei battaglioni della morte a Baghdad, Bassora, Kerbala, Dhi Qar sono una chiara indicazione del collasso del potere di fronte a questi gruppi, in realtà è una scelta politica ben definita soprattutto alla luce dell’attacco statunitense in territorio iracheno. L’attacco che ha ucciso Qassem Soleimani e Muhammad al Muhandis dunque tra i tanti effetti collaterali ha avuto quello di compattare le milizie sotto il tetto di Moqtada al Sadr mentre prima non si guardavano nemmeno in volto. Adesso hanno tutte un unico obiettivo: cacciare il “nemico invasore dall’Iraq”. Non a caso il meeting tra le milizie irachene pro Iran si è tenuto non in Iraq ma Qom città iraniana tanto cara a Moqtada al Sadr. A raggiungere al Sadr: Abu Zainab al-Lami, delle Brigate di Sayyid al-Shahada, il leader Abo Alaa al-Walae, e Akram al-Kaabi, leader delle al-Nujaba. Alla fine un accordo stato raggiunto e così al Sadr con l’aiuto di Qani, mai presente alla riunione ma presente in spirito con i suoi uomini, ha fatto sì che i leder delle milizie si schierassero tutti con al Sadr e tutte hanno appoggiato la nuova manifestazione di al Sadr che chiede la fuori uscita dall’Iraq delle forze statunitensi e vuole raccogliere un milione di persone nelle varie città irachene. Questo serrare le file non porta a niente di buono per l’Iraq perché significa che il settarismo ha vinto sulla società civile. Adesso tra le altre cose c’è la nomina del leader delle brigate Hezbollah Iraq, Hadi al-Ameri  di certo sceglierà un nome e lo presenterà a Qani successore di Soleimani solo per approvazione; si fa il nome di Jaafar Husseini ma visto il momento delicato non è detto.

Ricordiamo un dato che spesso sfugge ai più mentre è noto alla social sfera di analisti iracheni: la Katiba Hezbollah, è un ramo delle Badr perché le milizie Badr non erano disposte a combattere per la coalizione e si sono unite alla polizia nazionale. Le Asaib, altre milizie, provenivano dall’esercito del Mahdi perché Sadr non era seriamente intenzionato a combattere l’occupazione.

Ma allora chi è è questa ombra di Soleimani? Ismail Qani? Qani, 62 anni, come Soleimani, era stato vicecomandante della Forza di Quds (QF) dal 2007, dopo anni di occupazione di varie posizioni di alto livello all’interno delle Guardie rivoluzionarie, anche nel suo ramo di intelligence e “quartier generale congiunto”. È stato nominato al QF quasi esattamente un decennio dopo che Soleimani ne ha assunto la guida nel 1997. Soleimani e Qani nelle al Quds erano complementari: Soleimani era a capo del dipartimento attività estere della Forza di Quds, mentre il dipartimento attività interna, i preparativi e il coordinamento erano stati assegnati a Qani. Improbabile dunque che la morte di Qassem Soleimani influisca sulla strategia generale di sicurezza e sulle politiche regionali dell’Iran, e le attività e gli obiettivi della Forza al Quds. Qani però è un uomo che non dimentica e di certo sta pianificando alla grande la vendetta per l’uccisione di Soleimani anche per una questione di sicurezza interna.

Qani esattamente come Soleimani conosce molto bene l’Afghanistan e la Siria dove ha combattuto, così come l’Asia Centrale e Meridionale. Qani a differenza di Soleimani non è amichevole, non è carismatico ma sa essere un organizzatore e sa sempre avere le informazioni che servono, essendo nato e formato nel controspionaggio.

Potrebbe esser dunque più spinoso di Soleimani perché molto più riservato. Allo stesso tempo è un uomo che prende posizioni anche forti come la difesa pubblica dell’intervento iraniano in Siria a sostegno di Bashar al Assad. A differenza di Soleimani, Qani pare abbia anche stretti legami con “gruppi di resistenza” all’interno di nazioni e comunità musulmane in Africa, area dove potrebbe pensare di estendere le attività della Quds Force.  Ecco cosa ha portato l’uccisione di Soleimani e al Muhandis: all’espansione di milizie filo-iraniane in Iraq, Siria, Libano, Balcani, Libia, Sudan, Yemen e regione dell’Asia Meridionale e Centrale.

Gertrude Bell e Elijah Baley