Sulla pandemia da ludopatia solo l’Avvenire non molla

15 febbraio 2020

In attesa che il Coronavirus ne contagi altrettanti, per ora, ci teniamo il giusto allarme che la CEI (la Conferenza Episcopale Italiana) lancia sulla “strage” pandemica generata dal gioco elettronico praticato in locali pubblici (il bar dove vi prendete anche il rassicurante cappuccino con il cornetto) o, ancor più di nascosto, da casa.

Rimangono pertanto sulle barricate solo la Chiesa Cattolica e Papa Francesco che hanno piena consapevolezza dell’infezione dilagante e quanto danno (spesso irreversibile) il gioco stia determinando nei singoli e nelle famiglie colpite.

Provate a non dimenticare chi, quando, come, perché fece da apripista, con le sale bingo, alla pestilenza. Cercate in questo blog anche questa informazione oltre ciò che questa notte qualcuno, entrando nel blog 4.400 volte, dall’Indonesia, cercava.

Se siete estimatori, siamo lieti. Se pensate che ci impressioniamo, state prendendo una cantonata. A solo titolo esemplificativo, (ma anche per non dimenticare chi siamo stati e l’amore che abbiamo portato alla Repubblica) quando, richiesti, abbiamo fatto il “nostro dovere”, il 20 giugno 1978, concordando il nostro autoarresto, la Legge Reale – in vigore a partire dal 1975 – prevedeva fino ad 11 anni di carcerazione preventiva! Siamo ancora qui, ultra settantenni e riteniamo che sia difficile intimidirci. Fuori e dentro le aule di tribunale. Tantomeno telematicamente.

Oreste Grani/Leo Rugens