L’arrivo del Cigno Nero
Oggi la prendo più larga e più a cerchi concentrici del solito. In realtà, come vedremo, non credo che gli avvenimenti contemporanei possano essere compresi/risolti con il metodo semplicistico (lancio della pietra nello stagno e osservazione dei cerchi concentrici) che io stesso qualche volta ho suggerito immaginandolo sufficiente.
Quando dico che la prendo alla larga immaginate che ad un vecchio signore leggere o sentire citare un “cigno nero” (The Black Swan) prima che alla frase di Giovenale (rara avis in terris nigroque simillima cygno) o più recentemente di Nassim Taleb in economia e finanza l’espressione fa tornare in mente il personaggio della fabbricatrice di “false notizie” Annamaria (deve essere un destino questo nome!) Moneta Caglio, il Cigno Nero appunto dello “Scandalo Montesi“. Per i più giovani.
Da fonti aperte: È morta la contessa Moneta Caglio, il Cigno nero dello scandalo Wilma Montesi
Si è spenta non lontano dalla sua villa di Caponago il Cigno nero, la contessa Moneta Caglio che negli anni Cinquanta fu coinvolta nel caso della morte di Wilma Montesi, la ragazza trovata morta sulla spiaggia di Torvajanica.
Si è spenta il 13 febbraio non lontano dalla sua villa di Caponago, “la contessa” – come tutti la conoscevano in paese – Moneta Caglio Monneret De Villard. Marianna Augusta, detta anche Annamaria, aveva 86 anni ed è rimasta impressa nelle cronache nazionali e internazionali con il soprannome di “Cigno Nero”, che la giornalista Camilla Cederna le affibbiò ai tempi del caso Montesi per il suo lungo collo e per gli eleganti abiti scuri che era solita indossare. Giovane e affascinante rampolla di un’antica casata di origini nobili, la Moneta Caglio fu la principale testimone del primo caso dove politica, giornalismo e gossip si mischiarono fino a far esplodere il più chiacchierato scandalo dell’epoca, i cui echi si possono avvertire ancora oggi.
L’ultimo canto del “Cigno” è stato discreto e silenzioso, nell’assenza di qualsiasi riflettore. «Ho evitato tutto, persino l’affissione dei cartelli funebri – ha spiegato la figlia Alessandra Ricci – Non volevo trovarmi giornalisti e televisioni davanti al cancello di casa, la morte di mia madre me la volevo tenere in santa pace io». Forse perché di inchiostro versato sulla Moneta Caglio ce n’è stato in abbondanza, forse perché la scomparsa della donna, nelle parole della figlia, è arrivata inaspettata. «Mia madre era malata, aveva già avuto un paio di ictus e una serie di tia, aveva qualche problema di cuore e da meno di un mese sono emersi sintomi da Alzheimer – ha proseguito la 54enne – Ma quel sabato mattina stava bene, aveva dormito tranquilla e le avevo appena portato una tazza di latte. Poi ho sentito un silenzio di tomba provenire dalla sua stanza, anche il cane aveva smesso di rognare. Non l’ho trovata addormentata, ma morta. È stato uno choc». Sul posto è arrivata la guardia medica e «poi anche i Carabinieri, perché la guardia medica non ha stilato il certificato di morte naturale…forse pensava l’avessi uccisa io. Fatto sta che il medico necroforo ha poi attestato il naturalissimo decesso di mia madre, attribuendolo a cause senili: potrebbe essere per un attacco di Alzheimer».
La signora Moneta Caglio è uscita di scena in punta di piedi, contrastando il grande parlare che negli anni Cinquanta (e non solo) si fece di lei attorno al caso Wilma Montesi, la bella 21enne trovata morta sulla spiaggia di Torvajanica nel 1953. Già, perché Marianna fu la superteste che ebbe il coraggio e l’ardire di puntare il dito contro i festini – forse cocktail di sesso e droga – che prendevano vita a Capocotta, frequentati dalla gioventù borghese romana e dal mondo degli aspiranti vip. La tenuta incriminata era amministrata dal marchese Ugo Montagna, allora fidanzato della Moneta Caglio. Che testimoniò di non aver mai partecipato alle feste ma di riferire molte cose che sapeva da Montagna, tra cui il coinvolgimento nel gruppo dei “capocottari” di Piero Piccioni – in arte Piero Morgan, che attualmente è ricordato come pianista e direttore d’orchestra –, ovvero il figlio dell’allora ministro della Democrazia Cristiana Attilio Piccioni. Se quest’ultimo scontò lo scandalo con una carriera politica stroncata, chi pagò più di ogni altro alla fine del caso fu proprio la Moneta Caglio, condannata a 2 anni e 8 mesi per calunnia (il processo non identificò nessun colpevole, perché Wilma non morì ammazzata, ma accidentalmente per un pediluvio in mare). «A mia madre diede fastidio fino alla fine, di essere passata alla storia come la “puttana mantenuta che parla per vendetta”» ha detto Alessandra.
I funerali di Marianna Augusta non sono stati celebrati: «È stata cremata e prossimamente faremo solo la benedizione della salma».
Per molti anni per me “cigno nero” era stato quindi il soprannome di una disinformatrice.
Se oggi si va in rete giustamente “cigno nero” è ben altro. Ci avviciniamo all’oggi.
Il cigno nero (titolo originale The Black Swan) è infatti un saggio filosofico/letterario dell’epistemologo ed ex trader Nassim Nicholas Taleb, esperto di origine libanese di scienze dell’incertezza. Il libro tratta del forte impatto di alcuni avvenimenti rari e imprevedibili e della tendenza umana a trovare retrospettivamente spiegazioni semplicistiche di questi eventi. Questa teoria è da allora conosciuta come la teoria del cigno nero. Il libro copre anche dei soggetti relativi alla conoscenza, all’estetica, agli stili di vita, utilizzando elementi di fantasia.
Il termine “cigno nero” di Taleb è tratto, come vi ho anticipato, dalla frase del poeta latino Giovenale “rara avis in terris nigroque simillima cygno”. Questa espressione era utilizzata nelle discussioni filosofiche del XVI secolo a indicare un fatto impossibile o perlomeno improbabile. Si basa sulla presunzione che “tutti i cigni sono bianchi”, asserzione che ha avuto un senso fino alla scoperta del cigno nero australiano Cygnus atratus da parte degli esploratori europei. Questo esempio dimostra come né il ragionamento deduttivo né quello induttivo sono infallibili. Un argomento dipende dalla verità delle sue premesse: una falsa premessa può portare a un risultato sbagliato e dei dati limitati producono una conclusione non corretta. Il limite del ragionamento secondo cui “tutti i cigni sono bianchi” è dato dai limiti dell’esperienza, la quale ci fa credere che non esistano cigni neri.
Nel saggio di Nassim Nicholas Taleb si descrive come tentare di arginare gli effetti negativi degli eventi detti “cigni neri”, sfruttandone anche la parte positiva, piuttosto che tentare di volerli predire. Taleb sostiene che le banche e le imprese commerciali sono molto vulnerabili agli eventi pericolosi. I modelli sviluppati per prevederli non sono adeguati e non danno la quantità delle reali perdite a cui questi enti sono esposti. Taleb afferma che la percezione di un evento di tipo “Cigno nero” dipende dall’osservatore; ad esempio la visione di un evento di tipo “Cigno nero” per un tacchino non è sicuramente identica a quella che ne ha il suo macellaio. Di qui l’obiettivo di “evitare di essere il tacchino” scansando le aree di vulnerabilità per poter “trasformare i cigni neri in cigni bianchi“.
Il libro di Nassim Nicholas Taleb è un saggio che sviluppa l’idea che siamo ciechi alla casualità, in particolare per quanto riguarda le grandi deviazioni degli avvenimenti. Taleb spiega questo atteggiamento utilizzando inizialmente argomenti letterari, poi scientifici e matematici. Nella prima parte e l’inizio della seconda parte approfondisce l’aspetto psicologico. Nella seconda e terza parte analizza invece l’aspetto scientifico e commerciale. La quarta parte contiene dei consigli su come affrontare le incertezze del mondo, godendo comunque della vita.
Nel primo capitolo, la teoria del cigno nero si basa sulla storia del Medio Oriente. L’autore chiarisce il suo approccio all’analisi storica. Egli descrive la storia come opaca, come una “scatola nera” di relazioni causa ed effetto. Si constatano gli eventi storici ma non si ha modo di determinare quali eventi li hanno prodotti.
Nel secondo capitolo, Taleb racconta la storia immaginaria di una scrittrice (Evgenija Nikolaevna Krasnova) e del suo libro pubblicato sul web che viene scoperto da una piccola casa editrice. Questa pubblica il libro, che diventa un bestseller internazionale. La piccola casa editrice si trasforma così in una grande società, e la scrittrice è diventata famosa. Questo evento è descritto come un evento Cigno Nero.
Nel terzo capitolo, Taleb introduce i concetti di Estremistan e Mediocristan. Egli li usa come guida per definire le modalità di previsione in base all’ambiente. Gli ambienti Mediocristan sono sicuri e statici. In questo contesto è possibile utilizzare la distribuzione gaussiana. Negli ambienti Estremistan invece è errato utilizzare una distribuzione gaussiana, in quanto sono ambienti dinamici e imprevedibili.
Il quarto capitolo raccoglie gli argomenti discussi in precedenza, applicandoli alla sorte del tacchino. Taleb lo usa per illustrare il problema filosofico dell’induzione, spiegando che le prestazioni passate, le serie storiche, non sono a suo dire indicatori del rendimento futuro.
L’approccio del “cigno nero” è diverso rispetto agli approcci filosofici precedenti, in particolare dall’epistemologia, in quanto si tratta di un fenomeno con specifiche proprietà empiriche e statistiche che egli chiama “il quarto quadrante”. Il problema secondo Taleb è legato alle limitazioni cognitive del processo decisionale. Queste limitazioni sono due: filosofiche (matematiche) ed empiriche (pregiudizi umani).
Il problema filosofico è relativo alla scarsità delle conoscenze a disposizione al momento dell’analisi degli eventi rari in quanto questi non appaiono nei campioni statistici del passato. Nel quarto quadrante la conoscenza è incerta e le conseguenze enormi. Siamo nel quarto quadrante e solo i filosofi a congresso potrebbero trovare soluzione. Ma prima del 2023, non dovrebbero essere in grado di incontrarsi. E lo dovranno fare, se sarà possibile, in Australia.
Prima di Taleb autori come Hume, Mill e Popper si sono concentrati sul problema dell’induzione logica, cercando di trarre conclusioni generali a partire da osservazioni specifiche. Nel “Cigno Nero” Taleb si concentra su un evento unico con grande impatto. La sua tesi è che quasi tutti gli eventi storici provengono dall’inaspettato. Nonostante ciò l’uomo si convince che questi eventi sono spiegabili col senno di poi. Questo perché gli esseri umani non riconoscono gli eventi rari e in parte perché la natura della nostra esperienza ci porta ad avere la propensione ad estendere le conoscenze e le esperienze esistenti a eventi ed esperienze future. Ad aggravare questa tendenza naturale entra in gioco anche la nostra formazione culturale e formale. La formazione culturale è un prerequisito necessario per l’apprendimento; infatti Bertrand Russell ha osservato: “Una mente aperta è una mente vuota“. Tuttavia non possiamo essere completamente aperti, ma dobbiamo evitare anche di essere completamente chiusi. Sarebbe più efficace se si potesse trovare un equilibrio tra il noto e l’ignoto e tra i limiti della nostra conoscenza e quelli dell’esperienza. Sempre cercare sperando di trovare la terza via. L’effetto di eventi imprevisti è probabile che sia parte integrante della ricerca di questo equilibrio. Così, il raro e l’inaspettato sono molto più significativi per la nostra formazione culturale di quanto la gente spesso immagina. Taleb sostiene che la proposizione “sappiamo”, in molti casi, è un’illusione, anche se necessaria; la mente umana tende a pensare che lo sa, ma non sempre si ha una base solida per questo delirio di conoscenza. Questa nozione che non sappiamo è molto vecchia, databile, almeno fino ai tempi di Socrate. Il metodo socratico di interrogativo e confessione di ignoranza è l’approccio giusto. Analogamente, ponendosi contro a chi ritiene che il progresso della scienza abbia reso il mondo perfettamente spiegabile, Taleb sostiene che pur essendo vero che la scienza ha aggiunto la conoscenza, noi corriamo sempre il rischio di vivere esperienze improbabili e rare con il rischio di essere scioccati da questa conoscenza ed esperienza o di non essere aperti a essa. Così le parole di Socrate contengono una grande verità: “so di non sapere”.
Taleb a questo punto mette in dubbio anche l’autorità degli esperti. Gli scienziati di cui sentite in queste ore invocare la taumaturgica presenza. Dato che la verità dietro la scienza è limitata e così come il metodo scientifico, la forza conferita a un tecnico o a uno scienziato da un diploma o una laurea viene corrosa. Infatti, l’autorità può soffocare l’esperienza empirica che, tante volte, ha dimostrato di avere una base solida.
Altro aspetto degno di analisi è la “fallacia narrativa” (detta anche correlazione illusoria) che si riferisce alla nostra tendenza a costruire senza motivo storie intorno a fatti ma quando si comincia a credere alle storie si rischia di cadere in errore o di trovarsi di fronte a eventi imprevisti, i cigni neri.
Seguendo le scie di cigni buoni nuotatori mi sono ritrovato ad alcuni anni addietro quando pochi (poi sempre di più) cominciarono a dire che non ci sarebbero più stati prodotti o tecnologie nazionali, società o industrie nazionali. Si fece chiaro che, certamente, non ci sarebbero state più economie nazionali. Fu evidente (tranne a qualche imbecille che si è perpetuato fino al salvinismo organizzato) che, alla fine, ciò che sarebbe rimasto incluso in confini nazionali sarebbero stati cittadini pensanti che, nel loro insieme, se andava bene, avrebbero formato una nazione. Il patrimonio fondamentale di ogni nazione sarebbe stato dato solo dalla capacità e dalla cultura interiore dei suoi cittadini.
Quando in Italia fu ripreso il ragionamento di Robert Reich era il 1994 e chi riprendeva il discorso era uno come Lorenzo Necci (quello) che non era certo stupido ma aveva il limite/vizio di farsela con dei delinquenti (in particolare, per chi se li ricorda, i fratelli Paolini, amici intimi dell’avvocato di Fiuggi/Frosinone). Dicevo che quando Necci, in quel di Marina Velca (chissà se il mio lettore Alberto Grotti ricorda qualcosa di quei tempi andati), faceva queste affermazioni, utilizzando la saggezza di Reich, al Governo della Repubblica si stava per insediare il berlusconismo e con esso la mafia stragista che certo ora sembra calante ma che, in 26 anni di potere dilagante (finisce formalmente Forza Italia ma i suoi sgherri hanno spianato la strada alle mafie e alle forme politiche evoluzione del berlusconismo) ha saputo fare i suoi danni portandoci, senza un giorno solo di riflessione, verso il baratro attuale. Non avremmo salvato il mondo ma mezza parola di saggezza e qualche sguardo lungimirante li avremmo potuti elaborare a contrasto di un crollo di quel liberalismo dei valori che in questo stesso periodo ha caratterizzato il nuovo rapporto tra cittadino e Stato, tra Stato e mercato, tra iniziativa economica individuale e intervento pubblico nelle politiche distributive.
Nel mio dire cose quasi senza senso ho citato un politico statunitense che in pochi ricorderanno ma che, per il mio piacere, tengo a mente.
Robert Bernard Reich (Scranton, 24 giugno 1946) è un politico, accademico e scrittore statunitense, membro del Partito Democratico e Segretario del Lavoro degli Stati Uniti durante la presidenza di Bill Clinton.
Robert Reich è un economista americano e 22º Segretario del Lavoro degli Stati Uniti nell’amministrazione Clinton dal 1993 fino al 1997.
Divulgatore prolifico, è autore di numerosi saggi di natura politico–economica e ha partecipato alla realizzazione di due documentari sull’aumento della disuguaglianza economica a seguito della Grande Recessione.
È membro del Partito Democratico.
Insegna Amministrazione e Politiche pubbliche all’Università della California a Berkeley e collabora con il New York Times, il Washington Post, il Wall Street Journal e il New Yorker.
È stato sposato con Clare Danton dal 1973 al 2012.
Ha dato un ottimo esempio di downshifting lasciando di sua spontanea volontà il lavoro per poter dedicare più tempo ai propri figli.
- Supercapitalismo. Come cambia l’economia globale e i rischi per la democrazia, Fazi editore, 2008.
- Aftershock. Il futuro dell’economia dopo la crisi, Fazi editore, 2011.
- Come salvare il capitalismo, Fazi editore, 2015.
- Inequality for All (2013)
- Come salvare il capitalismo (Saving Capitalism) (2017)
Stiamo per affrontare i danni che il “Cigno Nero” pandemico si prepara a rovesciare sul Pianeta con una Italia debole per mancanza di equità, strutture ammodernate per consentire il sostengo alle grandi reti dei servizi collettivi (vedrete che i nostri ospedali mostreranno i loro limiti) , insicurezza interna (lo ripeto, nella nostra Patria comanda la criminalità), insicurezza economica-finanziaria, insicurezza energetica, insicurezza cibernetica, insicurezza delle infrastrutture critiche, ricerca scientifica insufficiente, quella ambientale irrisoria e per valutare quella sanitaria basta guardare l’oggi con occhi onesti.
Nell’ipotesi di un Cigno Nero, nessun nuovo patto di cittadinanza è stato stipulato ai vari livelli della vita pubblica sul piano istituzionale. Certamente nessun patto è pronto per le politiche del lavoro, per la politica fiscale (si vessano i deboli e si lasciano liberi i grandi evasori, come 26 anni addietro), per l’erogazione dei servizi collettivi (e vedremo se mi sbaglio ora che sbanderà il sistema sanitario di cui alcuni hanno avuto l’ardire di vantarsi e che viceversa serviva solo per arricchire smoderatamente pochi a discapito di tutti gli altri), del rapporto centro-periferia. E non mi riferisco alle sole periferie urbane.
Nessuna scelta internazionale che non fossero i cazzi di Silvio Berlusconi e dei suoi sodali è stata compiuta da decenni.
Il “casino” in Libia comincia così. non è solo colpa dei francesi. Nessuna capacità di stimolo ad un qualunque spirito di cooperazione europea, realtà geopolitica fatta crescere numericamente ma senza che ci fosse pensiero e azione per dare senso e prospettiva agli Stati Uniti d’Europa, appunto. Basterebbe pensare in che condizioni (e con quali regole) sta nascendo l’Intelligenza della U.E. Scrive Antonio De Martini a tal proposito una volta tanto sembrandomi troppo buono:
“ECCO L’INTELLIGENCE COLLEGE EUROPEO.
L’ultima creatura della Unione Europea è l’intelligence college.Avrà sede a Zagabria, aderiscono 23 Stati e sarà un inutile quasi duplicato del già inutile Nato Defence college che ha sede a Roma ( EUR).Come paesi che hanno interessi e obbiettivi e valutazioni divergenti possano riuscire a lavorare assieme senza ingannarsi a vicenda, per me – e per chiunque abbia un minimo di sale in zucca- è un mistero.Zagabria, città piccola e provinciale, permetterà di identificare gli addetti ai lavori e i frequentatori in un baleno.Sarà una grande opportunità di “humint “per gli avversari.Il generale Vecchioni (dell’inutile DIS) interpellato dai giornalisti (ormai le attività di intelligence sono press oriented) ha dichiarato che uno dei settori di collaborazione importante sarà la cyber guerra agli hackers salvo poi ingenuamente ammettere che ci sono anche lì divergenze circa l’attribuzione delle azioni ai “paesi canaglia” perché ognuno ha i suoi cattivi.L’unico aspetto di questa farsa che denota intelligenza, è stato quello di situare il segretariato generale a Parigi: almeno 23 paraculi con passaporto diplomatico d stipendio non inferiore a 12.000 € mese.L’UE non perde occasione per allargare la greppia e fa spazio a un pò di addetti ai servizi segreti che parlino bene di lei in cambio di una pensione dorata nella Ville Lumière.Parigi, anche se lontana da Zagabria, val bene una messa cantata.”
Niente reale federalismo e niente cambiamenti culturali in un’Europa di re e regine quindi. Quella era 26 anni addietro e quella è. Ma come si sa ciò che non si rigenera degenera, e ciò è vero soprattutto per la libertà e per la democrazia.
Nessuna capacità di reale convergenza di indicatori economici e solo politiche monetarie. Movimenti di soldi (montagne e montagne di quattrini) senza che una sola vocazione nazionale si armonizzasse con le altre. Solo la criminalità, come ho più volte sostenuto, ha messo in moto un sistema razionale di importazione di cocaina e distribuzione capillare. E per ogni altra attività illecita. Ora vediamo cosa il gattopardismo dei “governissimi” (ma cosa invocate come novità salvifica se non avete usato altra formula da quando Vittorio Sbardella la inventò?) ci lascia in eredità dopo il passaggio dello tzunami pandemico. S’è schiuso l’uovo (questo è anche l’evoluzione) ed è nato il Cigno Nero. E mentre veniva al mondo il Coronavirus qualcuno ha cominciato a sperare che gli umani si sarebbero distratti rispetto alle responsabilità di classi dirigenti sanguinarie e ipovedenti. Gruppi di potere (o il loro fedeli esecutori) sono pronti (basterebbe vedere il “Caso Italia”) a candidarsi per essere loro stessi i risolutori dei guai che “la fatalità” sta facendo incombere. Guai previsti e prevedibili. Se il vostro marginale e ininfluente blogger era informato dal 2009 (ne avevo cominciato a scrivere sin dal 2013) di cosa sarebbe potuto accadere qualora si fosse riproposta una epidemia/pandemia in un Pianeta interconnesso e super affollato come quello in cui viviamo, perché siamo circondati da ragazzotti in maglioncino che pretendono di dirci cosa si deve fare ora che, a loro assoluta insaputa, la pandemia (perché è una pandemia) è epifanicamente comparsa? La verità è questi incapaci hanno anche culo e ora sarà difficile che non riescano a non far credere che è tutta colpa del Coronavirus. Che si chiama semplicemente Cigno Nero.
Oreste Grani/Leo Rugens
A commento di una foto in cui la camicia sta per esplodere, il noto senatore 5s in quota D’Alema sostiene la necessità di unire le forze, senza guardare al colore politico.
Mi sembra un pessimo segnale. Riedizione del “patto del Nazareno”?
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Cigno Nero, quello citato ultimamente dall’attuale presidente Consob?
Ma parlava di sé stesso forse?
Ancora non ci credo 🙈🙈🙈
Ma come hanno fatto?
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Ma chi è questo senatore “m5s”?
Emilio?
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No no. Acqua.
Emilio è di Mediaset. Questo è di D’Alema (per ora, poi chissà: Franza o Spagna … ).
Segni particolari: giacca e camicia stanno per esplodere.
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È quello che è ubiquo in tv (in diretta e in differita contemporaneamente) e che potrebbe anche essere sospettato di aver sparso il virus vista la fortuna che gli sta portando (speriamo ancora per poco: prima o poi le magagne verranno a galla)
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Zingaretti non è neanche senatore…pardon Cuculo
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Cara Cuculo fortunatamente guardo poca TV….Zingaretti? No, vero?
D’Alema o Mediaset cambia poco….non era baffino che doveva fare la legge sul conflitto di interessi?
Renzi o Salvini non fa sempre Verdini?
Questi han tutti lo stesso datore di lavoro….
Sui Lobbisti in parlamento e ministeri quando si fa il registro pubblico?
I referendum propositivi o abrogativi a vari livelli istituzionali quando?
Sul taglio dei parlamentari lo vogliono il referendum, come mai?
Io voterò NO perché non tagli la democrazia rappresentativa se prima non sviluppi gli strumenti di democrazia diretta istituzionali.
Già adesso i portavoce sono pochi rispetto al moltiplicarsi dei casini da risolvere, e li tagliamo?
Perché già che ci siamo non ci fanno votare su vitalizi, stipendi, rimborsi, auto blu, privilegi vari, intercettazioni, ergastolo ostativo, conflitto di interessi, registro pubblico lobbisti, gioco d’azzardo, ecc…ecc…ecc…???
Perdonatemi se sono andato fuori Tema ma lo Stregattovirus è insopportabile….
Peli e baffi da tutte le parti….
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Acqua acqua!
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Cigno Nero, quello citato ultimamente dall’attuale presidente Consob?
Ma parlava di sé stesso forse?
Ancora non ci credo 🙈🙈🙈
Ma come hanno fatto?
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