New Piano Marshall? Proverei prima a far fare le aste a quelli che lo citano
Qualche giorno addietro nella programmazione di una qualche tv è andato in onda “Salvate il soldato Ryan” di Steven Spielberg. Un capolavoro. Se non lo sapete (ma è difficile che non lo sappiate) la storia è vera nel senso che trovate a seguire riassunta come è in realtà andata. In questa sede mi interessa usare uno spunto che il film mi ha fatto sovvenire: il nome di George Marshall. Marshall, nel film, è il Capo dello Stato Maggiore dell’Esercito americano (tale nella vita reale, dal primo all’ultimo giorno della Guerra Mondiale che gli anglo-americani vincono, tra l’altro, grazie alle sue grandissime capacità organizzative) che mette in moto il rientro di Ryan prima che anche lui muoia.
Chi era, dunque, il vero protagonista di Salvate il soldato Ryan? Si chiamava Frederick Niland ed era nato a Tonawanda, nello stato di New York, da una famiglia di origini irlandesi. All’entrata in guerra degli Stati Uniti, come altri suoi coetanei, Frederick e i tre fratelli, Bob, Preston ed Edward, raggiunsero i due fronti principali del conflitto, la Francia e il Pacifico. Edward, creduto erroneamente morto, fu fatto prigioniero in un campo della Birmania, mentre Preston e Bob, invece, persero la vita durante i primi giorni del D-Day. Frederick lo scoprì quando provò a far visita a Bob, assegnato all’82.ma Divisione Aviotrasportata. La notizia arrivò con tutto il suo carico d’angoscia, che sarebbe diventato più pesante alla scoperta del decesso di Preston, a Utah Beach.
George Catlett Marshall (Uniontown, 31 dicembre 1880 – Washington, 16 ottobre 1959) è stato un generale e politico statunitense.
Grande organizzatore e stratega militare, assunse nel 1939 la carica di Capo di Stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti, mantenendo l’incarico per tutta la Seconda guerra mondialee divenendo il principale consigliere militare del presidente Franklin Delano Roosevelt che riponeva piena fiducia nelle sue capacità.
Pur non assumendo mai comandi operativi sul campo, Marshall, personalità austera e autorevole che godeva di grande prestigio all’interno delle forze armate, diresse dagli Stati Uniti lo sforzo bellico globale del paese e svolse un ruolo decisivo per il potenziamento dell’esercito americano che si trasformò nel corso del conflitto in una potente ed efficiente macchina da guerra completamente motorizzata in grado di vincere sia in Europa che nel fronte del Pacifico.
Dopo la seconda guerra mondiale, come segretario di stato del presidente Harry Truman, legò il proprio nome ad un piano per la ricostruzione post-bellica in Europa, passato alla storia come Piano Marshall.
Nacque in una famiglia di ceto medio di Uniontown, Pennsylvania e studiò presso il Virginia Military Institute. Dopo il diploma entrò nell’Esercito degli Stati Uniti e gli vennero assegnati diversi incarichi negli Stati Uniti e nelle Filippine: qui prese parte alla guerra filippino-americana prima come comandante di plotone e poi comandante di compagnia.
Durante la prima guerra mondiale si occupò di pianificare operazioni e addestramenti della 1st Infantry Division. In seguito lavorò al fianco del generale John J. Pershing, comandante dell’American Expeditionary Forces, e la sua collaborazione fu di importanza vitale per la riuscita dell’offensiva della Mosa-Argonne. Divenne generale di brigata nel 1936 e capo di Stato Maggiore generale nel 1939.
In questa carica riorganizzò profondamente le forze armate statunitensi nella prospettiva della guerra, ed esercitò un grande influsso sulla condotta delle operazioni in tutti gli scacchieri bellici del mondo.
Nel 1941 fu fatto Massone “a vista” (cioè senza cerimonia rituale d’iniziazione) dal Gran Maestro della Gran Loggia del District of Columbia.
Partecipò anche alle conferenze interalleate di Casablanca, Jalta e Potsdam, in cui vennero decise le grandi linee strategico-politiche della guerra. Dopo la vittoria tentò, senza successo, una mediazione tra Mao Tse Tung e Chiang Kai-shek per evitare la guerra civile in Cina.
Nel 1947 fu chiamato dal presidente Harry Truman alla segreteria di Stato, e fu allora che, in un discorso all’Università Harvard, offrì agli Stati europei il finanziamento di quel programma di ricostruzione economica che passò alla storia come piano Marshall. Il piano fu accettato solo dai paesi dell’Europa Occidentale, che contribuirono a formularlo nei dettagli.
Nel 1950, nominato da Truman segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America in seguito allo scoppio della guerra di Corea, rimase in carica un anno. Ebbe il premio Nobel per la pacenel 1953. Fu anche decorato della Legion d’Onore.
Morì nel 1959 e venne sepolto nel Cimitero nazionale di Arlington, Virginia.
Nella mia vita (e anche in quella di molti di voi) Marshall è il nome del Piano di cui, spesso a sproposito, in questi giorni “bellici”, sentite parlare perfino dall’ultima delle Giorgia Meloni d’Italia. Il Piano Marshall (il proponente era appunto il Segretario di Stato fresco di guerra guerreggiata finita) ha la mia età (è del 1947) e questo è uno dei motivi per cui sono affezionato al nome e agli effetti indotti. Sono – di fatto – un figlio allevato con i proventi del Piano.
La prima cosa che – senza alcuna ipocrisia – va ricordato di Marshall è che è stato un massone. E che massone! Massone di quella massoneria democratica e progressista legata anche al nome dei Roosevelt. E per essere ancora più precisi a Eleanor Roosevelt, moglie del Presidente Franklin Delano e madrina (attenti alle date e alla portata delle scelte culturali) della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che è del 1948. Marshall, Roosevelt entrambi massoni quindi. Il primo addirittura iniziato alla Massoneria “a vista”, cioè senza cerimonia formale.
OresteGrani/Leo Rugens
Questi “Cattivoni” di Americani!
Vincono la guerra ed invece di essere rimborsati cacciano pure oltre 13 md di USD! Mi piacerebbe attualizzarli ad oggi, quei $, per capire meglio il reale valore!
Il mio primo approccio con il Piano Marshall, lo ho avuto durante il corso di Economia Politica Agraria, nel 1982. Particolarmente l’ ambito dedicato ai Paesi Mediterranei, che dovevano essere Aiutati, in particolar modo nel settore Agricolo, orientando e dettando le Guide della Politica Europea in questa direzione fino ad Oggi.
Se si facesse il conto totale finanziario che quel Piano ha innescato dagli Anni ’50 ad Oggi, in favore della Ricrescita economica Agricola della EU, credo che utilizzare un fattore moltiplicatore pari a 100 delle cifre attualizzate sia insufficiente.
E’ grazie a Marshall ed ai programmi nati in quegli Anni che lo smembramento della EU altro non sarebbe che una Sconfitta.
Credo che questi conti li stiano già facendo, tenendo in considerazione un Piano perfetto e ben congegnato, oltre 50 Anni fa. Tanto che nessuno lo ha scordato, essendo un parametro base dei Libri di testo. Meloni e Salvini permettendo!
Di una cosa sono certo, che le cifre da movimentare saranno spaventose, considerando che dalla guerra “Virale” non siamo usciti!
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Non posso non notare che anche i tedeschi dell’Ovest (con gli impianti della Ruhr distrutti e la grande area industrial-mineraria della Sassonia-Anhalt passata ai sovietici), all’epoca, usufruirono del Piano Marshall, facendone però un’uso diverso da quello dell’Italia. Ad esempio, non ci hanno fatto la Cassa del Mezzogiorno…
Nella Ruhr rimessa in piedi nel dopoguerra, a partire dagli anni ’70 è stato avviato un piano di de-industrializzazione che ha trasformato un’intera regione.
Berlino, città dove ho vissuto a più riprese a partire dal 1986 per periodi lunghi anche fino a sei mesi usufruendo di una politica degli affitti volta alla mobilità sociale (soprattutto giovanile), è grande quanto Roma, solo che, oltre ad una rete capillare di autobus su gomma e di tram su rotaia, ha 2 sistemi di metropolitana, la U-Bahn sotterranea e la S-Bahn di superficie, la cui costruzione è stata avviata ai tempi della Grosse Berlin, cioè dagli anni ’20. Su questi mezzi di trasporto, che hanno una distanza tra una fermata e l’altra di una decina di minuti a piedi, non mi è MAI capitato di viaggiare in piedi, perchè la frequenza ed il numero delle vetture sono tali che l’attesa non supera i 5-6 minuti. Ciò mi ha consentito, in una delle “notti dei musei”, di muovermi rapidamente e senza alcuna difficoltà letteralmente da un capo all’altro della città.
Mi è capitato di utilizzare una macchina soltanto poche volte, soprattutto nell’estate dopo la caduta del Muro, per andare a fare il bagno nei laghi che si trovano fuori dalla città, a nord, che prima ricadevano nel territorio della DDR.
Ho avuto modo di osservare le trasformazioni legate alla riunificazione, cioè come è stato guidato un cambiamento non indolore di modi di pensare e di vivere, così come ho studiato l’intervento sull’area industriale della Sassonia-Anhalt (Bitterfield, Wuttemberg, Leipzig), dove i sovietici avevano mantenuto, con ammodernamenti minimi, gli impianti degli anni ’30 e ’40, oltre tutto privi di qualsiasi dispositivo anti-inquinamento, e dove, dopo la riunificazione, si registravano livelli di disoccupazione del 45%.
Chiacchierando sul Covid al telefono dall’Italia (dove la questione dell’Ilva è ben lontana dall’essere risolta) con i miei amici tedeschi – amanti del mio Paese, delle sue bellezze e, particolarmente, della sua cucina anche se in un modo talvolta troppo simile a quello del turista occidentale davanti ad un villaggio africano – non riesco a non assumere un punto di vista diverso dalle retoriche anti-germaniche (ci risiamo con “la perfida Albione”?) della “libera stampa” nostrana, della quale i miei amici teutonici ridono, dicendo che non fornisce fatti ma pettegolezzi. E, in effetti, se ripenso alla notizia, apparsa su diverse testate nazionali, della predilezione del viceministro Sileri per l’italianità Toto Cotugno, mi viene da solidarizzare con la Merkel e con i suoi timori di brava massaia prussiana di fidarsi di soggetti così pittoreschi.
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L’ha ripubblicato su Leo Rugense ha commentato:
Prima è prima, dopo è dopo, come riuscirò a dimostrare stanco dell’ultimo arrivato che mi vuole spiegare qualcosa. Stanco.
O.G.
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