Filosofi, antropologi, architetti, urbanisti, pensatori complessi uniti verso Melbourne 2023

Siamo stati mandati al fronte senza armi“, dice un infermiere che per i modi e la determinazione con cui accusa, va tenuto in debita considerazione.

Fronte e senza armi, espressioni che evocano altri tempi ma una vecchia attitudine della politica e degli “stati maggiori” italiani al tradimento. Senza capacità di pre-vedere nel tempo, ciclicamente, hanno lasciato massacrare i nostri compatrioti. A volte per inadeguatezza delle classi dirigenti; altre per dolo. Infermieri, medici, sacerdoti, farmacisti speriamo che dall’interno delle corporazioni qualcuno dei superstiti trovi la forza di raccontare. A quanto si intuisce c’è materia per decenni. Narrazioni che devono accompagnare la ricostruzione. Ricostruzione che dovrà basarsi su scelte etico morali che solo i pensatori complessi e i filosofi potranno alimentare.

Noi del blog, ad esempio, con un gruppo di alleati, lavoriamo perché ci si prepari, provati dal Cigno più nero che si potesse prevedere, a recarsi a Melbourne 2023 per partecipare, con una folta e qualificata delegazione, a ragionare di futuro del Pianeta al 25° Congresso Mondiale di Filosofia. Il nostro sogno è veder partire, per l’appuntamento australiano, francesi, spagnoli, italiani quali rappresentanti non solo di questi tre grandi Stati ma come embrione di quell’Europa che, alla fine, non abbiamo mai potuto veder nascere. Sarebbe una proposta forte scoprire pensatori complessi di questi tre paesi (ma perché non altri “filosofi” di paesi mediterranei?) fra loro in rapporto fertile, dopo essersi misurati in incontri di preparazione. Si tratterebbe di recarsi nella lontana Australia per ovviamente esprimere i propri individuali pensieri ma per opzionare (prima che altri lo facciano) la sede del grande e determinante (per la salvezza dell’Umanità) raduno del 2028.

Questo in realtà stiamo facendo quando ci battiamo, con la nostra semplicità di mezzi, per far rinascere, a Rimini, presso la Villa Des Vergers (altro che casupole per turismo come alcuni ipotizzavano!) le Giornate internazionali di Studio del Centro Pio Manzù. Raccogliendo l’indicazione strategica di Edgar Morin che ci ricordava (a Rimini ma ancora – forte quercia – con i suoi ultimi libri) che ciò che non si rigenera, degenera. E ciò è particolarmente vero per la libertà e la democrazia. Ora che la libertà e la democrazia, aggiungo io, sono sotto l’attacco per l’evento pandemico in corso. Ho ascoltato in queste ore Doriana Mandrelli e Massimiliano Fuksas, opportunamente intervistati dalla RAI, e ho appreso che, sia pure costretti dalle norme, ma favoriti dal censo, si sono ritrovati “liberi” nella loro casa senese (con vasto giardino) nella possibilità di lanciare appelli a ragionare, con scienza e coscienza, di futuro. Da architetti/urbanisti/umanisti transdisciplinari quali sono, ripartendo da cosa non è andato per il verso giusto. Nella sanità certamente ma anche nelle celle disumane (le case per i più) in cui troppe famiglie sono state (e saranno) costrette a vivere mettendo alla prova, nelle ristrettezze non solo economiche, sentimenti e onestà di legami.

A volte in passato la coppia mi ha letto. Qualche volta mi ha anche ascoltato. Mando loro un saluto benedicente e il suggerimento affettuoso di restituire, con pensiero e azione, quanto la vita fino ad oggi gli ha consentito. Sfacciatamente arrivo a dire che mi piacerebbe immaginare una forte e fondante contaminazione tra quanto loro si prefiggono di fare e lo sforzo che, nella nostra semplicità, stiamo ipotizzando dalle parti di questo blog. Una bottiglia nel vasto mare io la lancio: Morin (da Rimini, durante alcune giornate del Pio Manzù) era arrivato a ricordare che Bob Dylan cantava che “chi non è occupato a nascere è occupato a morire“. In questo mondo senz’anima in troppi stanno morendo ingiustamente. Aggiungo io, nella mia marginalità. Ricordando che l’amico Fuksas fu ospite nel 2012 proprio a Rimini durante una delle ultime “giornate internazionali” del Manzù, ancora vivo Gerardo Filiberto Dasi.

È tempo di drizzare le schiene “vecchie e tarde” (se tali fossero) e tornare ad allungare lo sguardo. Come il maestro Morin, alla sua età (è quasi centenario), incita ancora a fare con l’esempio e con i suoi libri.

Oreste Grani/Leo Rugens