Le guerre politiche (e non solo) del dopoguerra nell’IRAQ post Saddam
Dal sette maggio, ufficialmente, Mustafa al Kazemi è diventato il premier dell’Iraq. A dargli il benvenuto più che gli iracheni, Stati Uniti e Iran. Gli iracheni, quelli della piazza, da ottobre chiedono elezioni anticipate e non vogliono nessuno legato al mondo politico sotto qualsiasi forma a governarli. Infatti non appena uscita la notizia dell’incarico al numero uno dei servizi segreti nelle piazze irachene si è vista la gigantografia di al Kazemi affissa sul legno con una croce rossa. E i messaggi più o meno identici recitavano: vattene!
Ma Mustafa al Kazemi è un uomo di Stato e conosce bene i meandri della politica e anche quelli dei rivoluzionari: dal sette maggio ad oggi ha preso diversi provvedimenti in favore dei manifestanti: istituzione di una commissione di inchiesta per gli assassini nei confronti dei manifestanti da Baghdad in giù; all’antiterrorismo è tornato uno dei generali più amato dalle piazza: Abdul-Wahab al-Saadi. Il generale messo in cantina dal suo predecessore per questioni personali si è accreditato tra i giovani come il generale anti ISIS ha combattuto contro Daesh in Anbar a Fallujah, a Ninive, Mosul e a Slahuddin, Baiji, tre città tristemente note a chi segue i fatti sanguinosi dell’Iraq ai tempi di Daesh.
Tra i problemi iracheni comunque non possiamo trascurare quattro grandi tematiche che stanno facendo tenere il fiato sospeso sull’area Medio Orientale: la crisi economica; il ritorno di Daesh; l’emergenza pandemia COVID 19; relazioni Iraq – Iran e Iraq -Usa.
La crisi economica irachena è dovuta a vari fattori, il principale è il calo del prezzo del petrolio, ad aggravare la situazione la mancanza dell’approvazione della legge di Bilancio 2020 in discussione finalmente alla Camera dei rappresentanti e attesa per il voto entro il 30 giugno, e elemento non nuovo: la corruzione ad alto livello. La legge di bilancio era stata formulata dagli uomini del governo di Adel Abdul Mahdi secondo una quotazione della vendita del petrolio fissata a 40 dollari al barile. L’Iraq ha un PIL che per il 90 per cento dipende dalle rimesse del petrolio, tenendo conto che ci sono stati giorni in cui il petrolio era sotto il dollaro al barile, non è difficile immaginare la crisi di liquidità che il paese sta attraversando senza per altro vedere la luce fuori dal tunnel. Gli economisti iracheni si sono divisi tra quelli che hanno preteso e voluto un avvicinamento a paesi vicini con richieste di prestiti e quelli che hanno chiesto con nessuna risposta riforme e revisioni sugli stipendi. Il fatto è che già dal mese di aprile l’Iraq è dovuto ricorrere a stratagemmi finanziari per pagare gli stipendi. Come se non bastasse qualche buon tampone ha pensato bene di rubare le pensioni ed ancora non si contano le accise di corruzione presentate dalla Commissione per l’Integrità di fronte ai magistrati e al parlamento.
In questo contesto al Kazemi si è diretto o ha mandato il suo ministro per l’Energia in vari stati chiedendo prestiti, tra i paesi “amici” che hanno aderito alle richieste irachene, l’Arabia Saudita ha promesso 4 miliardi di dollari all’Iraq per far fronte al pagamento degli stipendi. Gli Stati Uniti oltre ad aver promesso aiuti hanno concesso all’Iraq una deroga alle sanzioni con l’Iran proprio in materia di energia. Per ora la situazione è questa con al vaglio anche la riduzione della quantità di moneta estera per far fronte alla liquidità del paese. Gli stipendi dei ministeri stanno per essere pagati a maggio via Carte di Credito. Non citiamo qui, per questioni di spazio, il problema tra Baghdad e Erbil per le rimesse del petrolio.
Al centro del dibattito internazionale ma non locale il ritorno di Daesh nelle regioni dell’Anbar; Ninive; Salahuddin, Diyala; Baghdad; Kirkuk o per dirla con le parole dei terroristi non il ritorno ma il risveglio dei dormienti. Per capirci in termini numerici parliamo di circa 20 attentati alla settimana nello scorso mese del ramadan che più o meno seguono la seguente dinamica: attacco con cecchino o armi medie e leggere di un accampamento militare, più o meno isolato, tentativo di fuga da parte dei militari su mezzi a quattro ruote, ed esplosione di IED piantate lungo il percorso di fuga. Una altra strategia messa in atto da Daesh è: incendi di campi di grano con relativo rapimento dei contadini che normalmente fanno parte di un clan, sterminio dei proprietari attesa della polizia federale (incendi per lo più a Diyala o a Kirkuk ) che sostengono i pompieri nello spegnimento dei campi e esplosione delle IED piazzate nei campi che stanno bruciando. A favorire l’attivazione delle cellule dormienti, che in realtà hanno continuato dal 2018 ad oggi ad addestrarsi e a operare sui monti Makhmur e Hamrin, le misure di contenimento nel mondo da COVID 19. Moti contingenti stranieri hanno lasciato l’Iraq alla luce dei lockdown nei paesi di origine. Questo ha dato modo a Daesh che conosce bene il territorio di andare a d aprire gli arsenali nascosti da 2018, prendere le armi e compiere attentati. I combattenti non è stato difficile reperirli, alcuni sono locali, altri sono fuggiti dalle carceri curde siriane, altri dai campi profughi dove erano nascosti, altri ancora sono mercenari chiamati dalle tribù che hanno in odio le milizie sciite che continuano a chiedere il pizzo, a violentare, saccheggiare e rapire sunniti. Ricordiamo che ancora ci sono 800 madri nella sola Fallujah che attendono di sapere che fine hanno fatto i loro figli. Al Kazemi oltre ad aver rimesso alla guida dell’anti terrorismo Al Saadi nei giorni scorsi si è recato a Kirkuk per incontrare le forze armate, per incoraggiarle e ringraziarle per quanto fatto sino ad ora. Nel frattempo ha incontrato anche Faleh Fayyad numero uno delle PMU irachene, milizie sciite con una importante presenza politica. A loro ha chiesto di fare un passo indietro dal punto di vista politico e un passo avanti nella lotta a Daesh. Ha chiesto a Fayyad di collaborare nel nord del Paese. Fayyad il 20 febbraio ha incontrato i leader dei Peshmerga curdi nel Kurdistan. L’obiettivo di al Kazemi per accontentare anche gli amici americani è quello di ridurre l’influenza politica delle PMU e in qualche modo farle confluire nell’esercito regolare. Proprio il 2 giugno sei ha notizia che Fayyad abbia chiesto alle milizie tribali vicina alle PMU di abbandonare la politica e confluire direttamente nelle PMU.
Per quanto riguarda l’emergenza COVID 19, l’Iraq ha cominciato a negare la presenza dell’epidemia il 29 febbraio mentre a partire dal 5 febbraio ha cominciato a dire che alcuni iracheni, 14 provenienti dalla Cina, erano sotto controllo all’ospedale al Furat di Baghdad. Il COVID 19 in Iraq è arrivato via Iran, in modo particolare dalle persone che si recano in pellegrinaggio nelle città sante come Najaf e Kerbala. Altra zona colpita subito da COVID 19 è stato il Kurdistan anche qui per motivi di scambi commerciali tra Iraq e Iran. Il primo caso accertato in Iraq risale al 24 febbraio: studente iraniano a Najaf. Da questo momento in poi le misure prese sono state regionali e nazionali. In Iraq a inizio COVID c’erano 39 respiratori per 40milioni di abitanti. A far fronte all’emergenza ci ha pensato la Cina che da tempo ha messo gli occhi sull’Iraq soprattutto per la questione energetica, Pechino ha bisogno di petrolio. Due aerei sono atterrati a pochi giorni dall’insediamento di al Kazemi con mascherine e materiale sanitario mentre il 4 giugno è stata GE Healthcare a inviare respiratori all’Iraq. Il cinque giugno la situazione in Iraq era la seguente: 8.840casi registrati, decessi a 271 e casi di recupero a 4.338. Il cinque giugno il Sottosegretario del Ministero della Salute, Hazem Al-Jumaili, ha detto prima che coprifuoco è stato revocato, tornando alla vita normale e di coesistenza con il nuovo virus Corona, in arrivo anche le nuove disposizioni per via del crescente numero di infezioni con il virus Corona. E poi ha negato la revoca del coprifuoco. Saranno sconsigliati gli incontri con molte persone, consiglio di uso di mascherine. Poi avrebbe smentito. Gli ottomila casi registrati sono infatti il risultato di circa 30.000 tamponi eseguiti in 20 città sparse per l’Iraq su una popolazione di 40milioni circa. Le città più colpite: Baghdad zona al Khark; Mosul zona sud dove si registrano molti lavoratori di rientro dall’Iran e sfollati interni; aree dei campi profughi; Najaf; Kerbala e ora Diyala e Salahuddin per via dei valichi e del contrabbando Iraq, Iran. La politica di al Kazemi per il COVID 19 non si discosta da quella di regime del resto del mondo.
Infine non trascurabili le relazioni Iraq – Iran. Il 10 giugno una delegazione statunitense si incontrerà con una delegazione irachena per dare vita a una serie di accordi su cinque grandi tematiche: relazioni internazionali, azioni militari, finanza e formazione scolastica. Al Kazemi ha scelto 21 nomi ma solo cinque di questi saranno deputati a firmare, nessuno di loro ha una carriera politica alle spalle. Nel frattempo al Qa’ani il nuovo numero uno della Guardia Rivoluzionaria iraniana è stato a Baghdad con il ministro per l’energia iraniano per parlare con il ministro per l’energia iracheno. E i rumors asseriscono che nell’ambito dell’incontro Al Qa’ani abbia incontrato le milizie sciite pro Iran. Gi stati Uniti di recente hanno invitato l’Iran a lasciare l’Iraq in modo particolare lo ha fatto Mike Pompeo, a lui ha risposto il nuovo presidente del Parlamento iraniano eletto il 28 maggio, Mohammad Bagher Ghalibaf ex sindaco di Teheran, con trascorsi militari pilota delle IRGC con abilitazione a far volare gli Airbus, che ha detto in una dichiarazione alla stampa iraniana che la politica statunitense in Iraq non è ben vista. Ultimo, ma solo in termine di interesse, attore sulla scena irachena è Erdogan che appena insediato al Kazemi ha chiamato per offrire il suo sostegno e il suo aiuto ai progetti di sviluppo iracheno. Ricordiamo che la Turchia sta assetando l’Iraq con la messa in funzione della diga che sottrae acqua dal Tigri.
Gertrude Bell
Eljh Baley
Mentre l’Iraq soffre, negli USA Dabliu Bush e Colin Powell scaricano il folle dai capelli improponibili, che reagisce come una vipera, scoperchiando altarini, mentre l’insulso Biden continua a rimanere “non pervenuto”. Il folle, in ogni caso, di guerre non ha proprio voglia (un briciolo di buon senso? Mah!) e l’esercito gli volta le spalle (guarda caso). In ogni caso, cominciano a volare gli stracci. E il ridicolo capelluto è imprevedibile… Mi sa tanto che ne vedremo delle belle!
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/06/07/elezioni-usa-da-bush-a-romney-anche-parte-dei-repubblicani-scarica-trump-powell-votero-biden-il-tycoon-e-un-pericolo/5827298/
"Mi piace""Mi piace"
Dalle nostre parti le cose si fanno sempre più penose, con Palamara che spunta da tutte le parti e -novità?- in più di un caso accoppiato all’ex presidente della Repubblica GIORGIO NAPOLITANO.
Intanto, l’instabile inquilino della Casa Bianca, nell’ansia per le elezioni presidenziali di novembre, dopo la schizofrenia da Covid (ma sarà forse il prodotto che usa per tingersi i capelli di arancione a provocare disfunzioni cerebrali?) sembra abbandonare al suo destino il Mediterraneo (a parte il pericoloso supporto all’indagato Netanyahu), consegnandolo nelle mani del furbacchione neo-ottomano.
Il nostro ministro degli Esteri -sic!- (forse scambiato per un venditore porta a porta di aspirapolveri o di assicuazioni – il look è quello) si è visto, ad esempio, spostare un incontro già organizzato ad Ankara, mentre il super-genero del Sultano ed il boss dell’intelligence turca Fidan erano in pompa magna a Tripoli-bel-suol-d’amore, con progetti già pronti di nuovi quartieri (tipo quello GIGANTESCO realizzato ad Ankara nel giro di 3 anni, di fronte al quale anche i quartieri dormitorio della DDR impallidiscono -e questi, oltretutto, rispetto a quelli, sono pensati come parzialmente “luxury”, cioè non case popolari ma appartamenti per classe media).
Il grosso bambinone pel di carota ritiene, infatti, di poter contrastare l’innegabile avanzata cinese in Africa e anche Medio Oriente, che è frutto di una millenaria e silenziosa sapienza commerciale, facendo semplicemente BOOM, rivelando ancora una volta la strutturale difficoltà statunitense nel confrontarsi con la complessità del mondo, dove anche l’odiatissimo Iran (tanto per fare un esempio) è, comunque, l’erede di una cultura millenaria, che infatti continua a resistere, pur soffrendo, a decenni di sanzioni evidentemente inefficaci (ma quando mai l’isolamento è stato efficace?).
https://www.justsecurity.org/70654/the-trump-administrations-nuclear-test-delusions/
L’idea insensata di riprendere i test nucleari (ma con “bombette” più piccole -ci sarebbe da ridere se non fosse tragico) non sembra tener conto delle possibili conseguenze, che non necessariamente possono riguardare una risposta “nucleare”, tanto più dopo che Covid ha mostrato come sia facile mettere in ginocchio interi continenti con mezzi abbastanza economici (non vale il discorso che l’arma “sporca” si ritorcerebbe contro chi l’ha usata: basta chiudere ermeticamente le frontiere).
"Mi piace""Mi piace"
Non è un caso, quindi, che Baby Bush, che ha avuto un papà che di metodi di guerra sotterranea se ne intendeva, abbia preso le distanze dal bambinone capriccioso: nell’era del cyber-controllo usare la Bomba corrisponde all’uso di una primitiva catapulta.
E, del resto, è dal 2018 che il “blocco” (uso il termine coniato da Valentino Parlato per descrivere il sistema di potere romano: il “blocco edilizio”, appunto) petrolifero texano, saldatosi a suo tempo con il sistema holliwoodiano (si pensi a film come “Il gigante”, ad esempio) e, oggi, con la digital economy californiana, sta investendo per un progetto ben più efficace e meno rischioso in termini di conseguenze..
https://ilmanifesto.it/facebook-accerchia-lafrica/
Il bambinone, in sostanza, rischia solo di far casino. A Napoli -e nelle carceri italiane- dicono “fare ammuina”. E chissà se anche questo non c’entri con quanto avviene altrove, al di fuori dalla colonia italica…
"Mi piace""Mi piace"
Ci sta bene questo (e avevo voglia di rivederlo)
"Mi piace""Mi piace"
Qui un esempio clamoroso e anche abbastanza grottesco di disinformazione pro-Trump (Covid girava da AGOSTO, tutti SAPEVANO, anche il PAPA).
https://www.qelsi.it/2020/totalitarismo-o-italexit-parte-terza-dallobamagate-al-nuovo-risorgimento-italiano/#
Sebbene molto rozzo, sta girando parecchio. La fonte è esplicitamente “sovranista”, ma mi è stato segnalato da un amico che non è interessato al “sovranismo” e che l’ha ricevuto via Whatsapp da un collega di lavoro e, contemporaneamente, via Twitter da uno con cui gioca a calcetto che gli chiedeva “ma è vero???”
"Mi piace""Mi piace"