Con il Sud dell’Europa e le donne e gli uomini di buona volontà

L’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, simpatico o antipatico che vi fosse (ma certamente fesso disinformato non era certo), anni addietro, ebbe dire, in occasione della costituzione di una sezione dell’Agenzia d’Informazione ANSA per i Paesi del Mediterraneo: «Il Mediterraneo è il luogo d’incontro storico fra l’Europa e il mondo arabo. La scelta è fra due prospettive: accelerare la creazione di un’area di stabilità e di progresso; subire gli effetti nefasti dell’incomprensione e della contrapposizione. Gli strumenti di comunicazione possono contribuire al rafforzamento della conoscenza e del rispetto reciproco. Vi riusciranno, se sapranno trarre ispirazione da principi e valori che sono parte integrante della millenaria vicenda mediterranea». Da allora (come passa il tempo, maledizione!) le cose si sono messe decisamente a favore della seconda ipotesi (quella della incomprensione e della contrapposizione) e il Mediterraneo non ha avuto più pace. Neanche una pausa per ragionare.   

Occorre, quindi, decidere quali comportamenti assumere, o non assumere, come singoli, gruppi, comunità, aziende, affinché non debba prevalere la linea dell’estremismo, del fanatismo, del terrorismo, e percorrere la strada della convivenza, della collaborazione, della cooperazione, della pace, che può essere promossa con l’azione politica delle istituzioni, dei governi, e con le opere di quanti appartengono al mondo della cultura e dell’arte, al mondo economico e delle imprese.

Il Mediterraneo si presenta con un’immagine coerente, un sistema complesso in cui tutto si fonde in una unità originale. Così scrive Fernand Braudel e, sulla base di questa convinzione, negli anni ho posto, nella mia marginalità e ininfluenza, la Questione Mediterranea (e quella del dialogo religioso implicita) al centro del mio interesse mettendo in cantiere, in chiave per ora intuitiva, alcune iniziative. L’integrazione che chiamerò sud europea e nord africana, infatti, e la pace tra i rispettivi popoli dipendono anche e soprattutto dall’attuazione di pratiche di dialogo e di incontro a livello culturale, in una cooperazione volta a costruire ponti (mai “cose” tipo quella del Ponte sullo Stretto che serve ad altro) e canali di comunicazione stimolando, valorizzando, utilizzando le energie, le capacità, le vocazioni, per progetti e finalità comuni, nell’ambito di un ideale e di un programma alto di cittadinanza planetaria.

Il documento che trovate a seguire lo considero utile ad affrontare la fase. Dentro ci sono pensieri sufficienti per invertire la rotta e questo, per poter tornare a navigare nel Mediterraneo, è questione prioritaria.

Oreste Grani/Leo Rugens