Alcuni scoprono che l’esercito turco (membro super della Nato) fa la differenza in Libia

Dagli Stati Generali (2020) sono uscite indicazioni per modernizzare l’Italia. Modernizzare? Che parolona! E chi non vorrebbe “modernizzarla” questa nostra bellissima Patria?

Dobbiamo lavorare tutti a questo fine, dice Giuseppe Conte e per farlo accenna ad alcune linee (questa è la sostanza del suo dire da giorni) di un possibile Action Plan. Si chiamava già così un quarto di secolo addietro quando la comunità italiana si trovava in un evidente stallo. Parlo degli anni che vanno dal 1992-93 a pochi mesi dalla celeberrima discesa in campo di Arturo Ui, alias Silvio Berlusconi. Discesa in campo resasi necessaria per la “defezione forzosa” di Bettino Craxi e del Gruppo dirigente del PSI. Sulla “defezione forzosa” stendo un velo pietoso ma siccome spesso leggo di nostalgie (soprattutto in politica estera mediterranea appunto) per i bei vecchi tempi andati (Sigonella ed altro) oggi vorrei lasciare nel web, sempre memore, alcuni riferimenti alla morte celebrale della NATO (così Macron si è espresso ieri), all’Impero Ottomano, alla chiamiamola Libia, all’Algeria, alla vicinissima e ancora amica Tunisia. In questo blog ci sono molti post con riferimenti storici a queste regioni.

Con pazienza (e se ne avete ancora con amore) rileggeteli e vedrete che senza “memoria” difficilmente si può mettere mano alla complessità mediterranea. In queste ore finalmente si fa strada una domanda ineludibile: cosa si sta facendo alla Farnesina, guidata da Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, persona che più di tutti (Far-ne-si-na-Far-ne-si-na) nell’attuale compagine governativa ha àmbito a quel delicatissimo dicastero? Cosa si fa per buscarsi il lauto stipendio dopo che antistante l’Italia, l’Egitto è in armi, così come la Russia, l’Arabia Saudita, la Francia e, soprattutto, il gigante turco? Un gigante militare, caro Luigino, come sa perfino uno come Angelo Tofalo. E se non ne sapesse a sufficienza l’amico intimo piazzato a fare il sottosegretario basterebbe, di questi intrighi internazionali e della dimensione degli armamenti ottomani, chiedere lumi ad Annamaria Fontana e al di lei marito Mario Di Leva che appunto di triangolazioni geopolitiche relative alla Libia, Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Iran, Russia e Francia trattavano quando si frequentavano con la coppia Tofalo-Maffei. Direte che facevano altro ma lo scenario di fondo alle loro ipotesi di “commerci” era costituito da quanto questi paesi ancora fanno. Quelli che non fanno più niente siamo noi italiani che, idiozia dopo idiozia, ingerenza dopo ingerenza, dilettantismo dopo dilettantismo, mascalzonata dopo mascalzonata siamo stati espulsi dal teatro. Neanche i macchinisti di scena ci fanno più fare. Dice il Messaggero di ieri a firma Alessandro Orsini che facciamo gli spettatori. Dico io, in modo più semplice e senza l’autorevolezza di altri, che neanche gli spettatori paganti ci fanno fare. Al Teatro Mediterraneo, semplicemente, non ci fanno più entrare, neanche se compriamo il biglietto.

Davanti a casa nostra (come se fosse sul ballatoio nello stesso condominio) si prepara una guerra ancora più cruenta dell’attuale e siamo senza guida. Certamente siamo senza occhi e orecchie al di là di qualche millanteria e “disinformazione” sulla nostra attuale consistenza “intelligente in loco”.

La variante che ha spiazzato tutti (l’inversione di marcia delle forze armate in campo) era prevedibile: la Turchia non solo ha un numeroso esercito ma, per ora, disciplinato ed efficiente. Anzi, è l’unico esercito vero e proprio, per ora, in campo. E questo fa la differenza con altri che fanno casino, sparano al cielo, scorrazzano a bordo di mezzi leggeri e al massimo buoni per fare foto. Ora l’egiziano al Sisi, che è un militare, ha parlato alle Forze Armate annunciando che si va in guerra passando il confine orientale della pseudo Libia, Tobruk per intendersi, e che ci si prepara a difendere con le armi il Golfo di Sirte. Sirte? Se non avete chiaro dove sia Sirte vi ricordiamo che è antistante la Sicilia nostra, la cui centralità mediterranea quelle seghe dei cinque stelle hanno rimosso in tutte le sue implicazioni.

Avevano stravinto in Italia e in Sicilia appunto ma nulla è stato pre-pensato in vista di quanto sta accadendo, se non piazzare Luigi Di Maio alla Farnesina e i parenti di Giancarlo Cancelleri ovunque fosse possibile. Un po’ poco rispetto al mandato ricevuto e l’occasione storica di riprendere, tramite un’intelligence colta e radicata, un disegno geopolitico di leadership mediterranea che ci competeva. Ora, messi fuori dal teatro, paradossalmente, pagheremo perfino i biglietti. A cominciare dal ritorno di fiamma del tema dei profughi (anche poveri diavoli libici) che nella campagna elettorale appena iniziata potrebbe favorire, ancora una volta, un inetto come Matteo Salvini.

Oreste Grani/Leo Rugens