Magistrato fa rima baciata con avvocato. Non è vero ma la sostanza è questa   

Venti anni addietro (era l’aprile del 2000) scoprii le cosacce che oggi si dicono di Luca Palamara (all’epoca erano altri nomi ma la sostanza era la stessa).

A quell’epoca scoprii le cattive abitudini del CSM e delle varie associazioni dei magistrati. Sono certo di aver parlato di quel mondo immeritocratico (l’insieme della magistratura) anche in questo blog. Quando scrivevo mi mordevo le dita per opportunistica prudenza ma so comunque di aver detto la mia, prima di questa fase ultima, in cui lo sputtanamento è tragicomico. Smentite comprese: Palamara non può aver fatto tutto da solo. Anzi. Mentre scoprivo i limiti dei magistrati e la loro rissa infinita, sappiate che il mondo degli altri, gli avvocati, mi si rivelava pieno di altrettanto gravi carenze. Altri nomi ovviamente quelli dei principi del foro che ora troverete nel racconto datato un ventennio addietro ma sappiate che è in quel clima che alla fine si sono radicati i troppi “Sistemi Lollo” o “Amara” o “Montante“, reti delle reti massonico-mafiose che sono andate per la maggiore in questi ultimi tempi. Magistrati oscenamente dedicati alla loro avidità, umana e professionale e, specularmente, avvocati “accompagnatori” che lasciano attoniti per lo svilimento del ruolo e della professione a cui si sono prestati. La Giustizia sta come sta quindi non solo per i giudici. Tribunali nelle mani di magistrati come emergono dalle inchieste in corso e avvocati adeguati a questo dialogo tra traditori della propria missione e doppiogiochisti perfino con l’assistito. In mezzo schiacciati i cittadini che si sono illusi di avere “giustizia” e che pagavano perfino parcelle. Da questo schifo, le solite mafie hanno strategicamente tratto vantaggi.

Quanto leggete a seguire si riferisce, come ho fatto cenno, ad altri nomi, altri numeri ma la sostanza – temo – sia la stessa. Con le solite ovvie eccezioni. Il racconto di quegli anni in cui scoprivo come stavamo messi nell’avvocatura comincia con la riproduzione di alcune paginette tratte dal testo “Guai a chi li tocca – L’Italia in ostaggio delle corporazioni dai medici ai ferrovieri, dai gondolieri ai magistrati” di Antonio Galdo.

Dai gondolieri ai magistrati, ma la sottotitolazione avrebbe potuto “accogliere” gli avvocati.

Oreste Grani/Leo Rugens