Vecchi vizi e cattivi maestri, ovvero quando la finiamo con Luigi Bisignani?

Sapere/ricordare chi fosse Carlo Boatti è per pochi. Certamente Boatti è stato un personaggio di rilievo tra i petrolieri.

Il Boatti fu arrestato il 20 aprile 1982 nel suo ufficio di console generale del Gabon. Non era un diplomatico ma semplicemente, al momento dell’arresto, il proprietario della raffineria San Quirico di Genova. Al Quirinale lo avevano perfino santificato come “cavaliere del lavoro”. In realtà (e qui ci inoltriamo nei vizi e nelle opere dei cattivi e grandi maestri) dire Carlo Boatti era come dire Giulio Andreotti tanto che la prima raffineria a Gaeta (con quel mare!!!) fu costruita negli anni Cinquanta grazie all’intervento liberatorio del leader DC presso i ministeri dell’Industria e delle Finanze. 

Per tornare al Gabon (e qui le similitudini con l’oggi si fanno avanti) nel 1970 fu Andreotti a procurare a Boatti quel contatto con Bernard Bongo, presidente del Gabon, da cui sarebbero poi nate le società miste Sofor e Sigama che ebbero l’esclusiva dello sfruttamento minerario e delle foreste dello Stato africano. Questi grovigli bituminosi erano tanto veri e profondi (ancora poco noti nelle loro implicazioni economiche etiche morali di quei periodo di radicamento neocoloniale dove il sangue e il business erano un solo putrescente impasto) che quando anni dopo, in presenza della Commissione Sindona il deputato radicale (che tempi, che forza, che speranza!) Massimo Teodori tirò fuori la contabilità della Gemoes-Gestione mobiliare Edilcentro sviluppo (una società che non a caso era servita a molti clienti di Michele Sindona – cioè la mafia – per esportare capitali all’estero) e in particolare una serie di accrediti (sarebbero bonifici) di Boatti a tale Raffaele Scarpitti (ma chi li ricorda più questi nomi e cognomi?) avvocato e tra i tesorieri della DC, lo stesso Boatti si difese dicendo che quella era tutta una manovra politica giudiziaria messa cronometricamente in atto (c’è sempre uno svizzero che si aggira) per colpire Giulio Andreotti. Invece erano criminali e basta e gli orologi svizzeri non c’entravano per nulla.

Bisignani e Andreotti

Questi avvenimenti che possono sembrare riguardare personaggi minori che nei ricordi degli italiani sono poco o nulla vanno viceversa riportati alla luce in quanto è proprio in quegli anni che si creano i presupposti perché i giovinetti apprendessero l’arte, la mettessero da parte e mantenessero tutta la vita una immarcescibile ammirazione per il divo Giulio. Tra questi giovinetti c’è certamente Luigi Bisignani, ancora qualche giorno addietro considerato da alcuni magistrati parte del groviglio ENI-Nigeria-OPL 245 tanto che si chiedono per lui anni 6 anni e otto mesi di punizione.

Sono i primi anni Settanta quando si possono collocare nel tempo i grandi affari militar-petroliferi con la Libia mentre la tensione con il Medio Oriente prepara la crisi del 1973 e mentre (se si bazzica il governo, la Farnesina, i Servizi) non si può non sapere che ci sarà un rincaro dei prodotti petroliferi che incrementerà la speculazione, il mercato nero e il contrabbando. In questo clima il Governo e gli andreottiani ritengono utile predisporre misure a favore degli speculatori e dei contrabbandieri. La vostra Italia è fatta anche così per cui non vi meravigliate se a pensar male ci si azzecca. Non sono chiavi interpretative complottiste: questi pezzi di merda fanno proprio così. Immaginate che in Italia vigeva una legge del 1957 che prevedeva la sospensione della licenza per l’esercizio dell’attività dei petrolieri nei confronti dei quali fossero in corso procedimenti penali (come a dire oggi Nigeria – ENI – OPL 245 altre situazioni similari). Bastava quindi una denuncia (ovviamente ben fondata) perché lo Stato (che parolaccia!) preoccupato potesse sospendere la licenza ai petrolieri sospettati di illeciti. Troppa grazia Sant’Antonio. Tanto che il 3 febbraio 1972 il ministro delle Finanze, con una lettera alla divisione delle dogane, chiede un parere all’Avvocatura generale dello Stato su questa procedura che evidentemente a qualcuno sembrava troppo seria e in difesa degli interessi della Repubblica. Con eccezionale sollecitudine, l’Avvocatura fornisce un parere per affermare l’opportunità di ridurre la discrezionalità dell’amministrazione finanziaria, visti i gravi danni che la sospensione della licenza potrebbe provocare ai petrolieri.

Con altrettanta sollecitudine (tutto in pochi mesi), il ministro Valsecchi emana una circolare siglata da un funzionario di nome Svizzeretto (questo cognome me lo sono inventato per strapparvi un sorriso!) che impone a tutti gli uffici periferici dell’amministrazione di non (avete letto bene) sospendere più le licenze ai petrolieri accusati di illeciti. Tutto questo, caro Salvini (o chiunque usi questo diversivo degli interventi cronometrici), fu fatto cronometricamente per favorire i ladri di Stato. La magistratura onesta sopravvissuta, da quei tempi, al massimo insegue, cerca di metterci una pezza ma arranca. Loro invece quando ordiscono preparano il piano e cronometricamente lo attuano. Qualcuno idea complotti e i criminali politici li sanno eseguire. Dal rischio di una sospensione di licenza si passò alla licenza di frodare. Per non dire (e ora il complottista che è in me si scatena) di uccidere. Infatti uno dei primi testimoni interrogati da alcuni giudici di Treviso che indagavano su quello che poi divenne lo Scandalo del petrolio morì misteriosamente schiacciato da un camion. Ed io oggi lo voglio ricordare: si chiamava Enrico Crivelli, faceva l’autista. Ma questa è un’altra storia.

Torniamo al mondo sordido che troviamo sistematicamente intorno al petrolio e ai suoi derivati. Mondo che in Italia ha avuto in Giulio Andreotti e in Licio Gelli i massimi referenti e in Luigi Bisignani (a detta dei magistrati milanesi) il massimo estimatore e continuatore di quelle figure criminali. Questa volta non è il Gabon ma semplicemente la Nigeria. Vediamo come va a finire dopo la richiesta di condanna a 6 anni e otto mesi (ad altri altro) per Bisignani a cui il Pm non vuole neanche che vengano riconosciute le attenuanti generiche. Ci sarà un motivo. Intanto, però, perché il manovratore non venga disturbato, ci sono i gradi di appello e anche se Bisignani è un noto pregiudicato la legge gli consente di agire indisturbato nell’attività di piazzamento dei suoi fedelissimi ai vertici della cosa pubblica. E questo è il vero scandalo che nessuno ha il coraggio di interrompere. Bisignani, sia pure stanco e provato, ancora comanda. Questo è il dramma, tra gli altri, del Paese.

Ma noi non desistiamo, anzi Manebimus, certi che prima di morire vedremo la nemesi dell’infinita ammirazione che ha connotato tutta la vita di Luigi Bisignani per il criminale Giulio Andreotti.

A domani amici lettori. Se ci sarà concesso.

Oreste Grani/Leo Rugens

P.S.

Il funzionario si chiamava veramente Svizzeretto ed io non ho inventato nulla. Come sempre.