Sta tornando il tempo del Mediterraneo e del discorso sul Mediterraneo
“Sta tornando il tempo del Mediterraneo e del discorso sul Mediterraneo” che – giustamente – Predrag Matvejevic ha considerato questioni inseparabili. Così, comunque, il grande saggio ci ha suggerito di fare: tenere i due discorsi sempre in strettissimo rapporto.
E nel suggerirci questa strada ci ricordava che il discorso sul Mediterraneo ha sofferto della sua stessa verbosità: il sole e il mare; i profumi e i colori…”
Qualche giorno addietro (era ovviamente prima delle grandi esplosioni che hanno azzerato il quartiere intorno al porto di Beirut e annichilito le genti sensibili che abitano questo grande e sofferto lago) stavo scrivendo queste parole preparandomi a lasciarle in rete ricordando a me stesso e ai miei circoscritti lettori che la politica estera è tutto.
A volte stanco non chiudo i miei ragionamenti. Questa volta è stato meglio così perché oggi è comparso sull’Avvenire (il quotidiano della CEI) un articolo-intervista a Piero Fassino che mi appare come il tentativo estremo di ridare una politica estera alla Repubblica stremata. E in un momento tanto insanguinato. Meglio centomila volte ciò che lui ha dichiarato di quanto io, accecato dalla tristezza per la fine che si delinea per le nostre genti, tentavo di scrivere.
Leggete e non rimuovete.
Oreste Grani/Leo Rugens
Qualcuno sembra svegliarsi! Bisogna vedere, però, se alle parole seguiranno i fatti, in quale “cornice” culturale questi ultimi verranno inquadrati e in che modo intelligente verranno organizzati.
L’articolo ricorda la presenza di Unifil in Libano dal 2006, ma la cooperazione in campo culturale, con progetti di integrazione dell’inestimabile patrimonio archeologico libanese, miracolosamente rimasto integro durante la guerra civile (a differenza della vera e propria tragedia della distruzione e saccheggio di Palmira ad opera di Daesh), nel circuito dei valori della contemporaneità (e non solo nel senso del mero sfruttamento turistico), risale ad anni prima.
È grazie alla cooperazione italiana che fu riaperto al pubblico il meraviglioso museo archeologico di Beirut e quella riapertura fu il segno della rinascita dopo la guerra civile.
Il patrimonio archeologico libanese, esito di una stratificazione di forme e culture che va dal II millennio a.C. all’impero ottomano, è forse l’unico elemento identitario di un Paese lacerato dal conflitto settario (che altro non è che lo scontro “per procura” di forze ben più grandi).
In Libia non c’è solo Leptis Magna, ma un’edilizia diffusa che deriva dalla casa con patio romana (cosa ne sarà rimasto?).
Alcuni antichissimi percorsi che attraversavano l’Africa al Medio Oriente e da lì, passando per altopiani pietrosi, arrivavano nel Far East dando luogo, lungo il loro tracciato a città, oasi, khan, luoghi di culto disposti come grani (non Oreste) di rosario.
Restituire un significato a questo sistema, che è insieme storico-culturale e naturale (il nesso con la presenza di acqua è evidente) potrebbe costituire la trama territoriale in grado di sostenere l’incontro tra culture che hanno come radice comune l’attitudine umana agli scambi e la resilienza di popolazioni nell’adattarsi, sviluppando adeguate tecnologie, ad un ambiente estremo come quello desertico.
I cambiamenti in corso richiedono di riscoprire queste radici, rivalutando questa capacità creativa di adattamento.
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Deposito qui (sotto al post sul Mediterraneo e non sotto quello sulla recente tragedia di Beirut) la biografia di un importante personalità religiosa sciita libanese, davvero amata (anche negli strati più umili) dalla popolazione sciita, libanese, che mostra come qualsiasi dialogo non può fondarsi su stereotipi.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Muhammad_Husayn_Fadlallah
In un momento così difficile e pericoloso (il governo in carica si è dimesso senza aver avuto il coraggio di visitare i luoghi più colpiti dall’esplosione), la mancanza di un simile personaggio peserà non poco.
Pensando alla meschinità della nostra classe politica, il Libano mi appare quale tragica metafora della (motivata) crisi di fiducia dei governati verso i propri governatori…
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