“lo feci mettere a verbale che era irrealizzabile e fantasioso. Saccone insisteva per procedere”
Avrà avuto le sue buonissime ragioni, aggiungiamo noi, curiosi di sapere quali “numismaticamente” fossero.
Comunque, diciamolo, stiamo parlando della peggio gentaccia del Paese. In questo blog marginale e ininfluente blog, tirati per i capelli, stiamo per trattare chi, annidato dentro l’ENI (quello un tempo guidato dal patriota Enrico Mattei) e in Finmeccanica (prima di arrivare a chiamarsi Leonardo) ha trovato complici per servire, dopo essersi accreditati a spese dello Stato (ogni centesimo che ci siete costati li avete usati per farvi i cazzi vostri), non solo Mammona e le sue articolazioni ma, è questo è gravissimo, per lavorare ai fianchi, da vili “quinte colonne” la Repubblica e quello che rimaneva del sogno di una qualche sovranità nazionale. Sabotatori e quinte colonne, questo siete stati o un grande paese come eravamo non si sarebbe potuto ritrovare saccheggiato e alla sbando come si trova. Prima nel comparto energetico ora nella pomposa sicurezza cibernetica.
Non c’è racconto giornalistico onesto, non c’è libro che vi descriva, non c’è inchiesta giudiziaria (anche quando siete riusciti a salvarvi suggestionando qualche giudice o testimone) che non vi descriva come avidi servitori dei vostri C/C e dei vostri veri padroni. Ci prepariamo a far affiorare, dal passato, alcuni episodi vergognosi che, riletti oggi, fanno capire fino in fondo che nel M5S, quasi si fosse ignari di tutto (dei veri deficienti o dei gran mascalzoni?) vi siete fatti affiancare/consigliare dai peggiori scelti proprio tra quelli che quando vi candidavate a cambiare il Paese e la sua classe di grassatori amorali indicavate come il male assoluto.
Passo dopo passo, nomina dopo nomina, delega dopo delega, vi ritrovate avvinti come l’edera, giustificando tutti e tutto, a quelli che la storia consegnerà agli archivi di Stato come veri traditori della Repubblica. Certamente, quando la giustizia riuscirà a fare il suo corso (e ci riuscirà), non vi troveranno in rapporto fiduciario con quelli che il professor Maurizio Viroli definisce veri servitori dello Stato. A voi vi sorprenderanno, al massimo, nelle braccia di padroni che di voi, nel frattempo, avranno fatto polpette. Mentre vi sodomizzavano. Ovviamente, metaforicamente. Quel che segue sono spunti di memoria che Andrea Greco, l’autore del libro “Lo Stato Parallelo“, mette a disposizione di chi non vuole distrarsi o, peggio, dimenticare.
In particolare rispetto alla funzione svolta da Umberto Saccone, in ENI, in stretto rapporto con la Selex Sistemi Integrati “controllata” all’epoca da Sabatino Stornelli (quello). Saccone, per chi esordisce come lettore della vicenda e non ha dimestichezza con questi nomi, è il personaggio che da mesi sta interferendo con quanto nella nostra marginalità e ininfluenza stiamo facendo nel tentativo di renderci utili all’Italietta. Che, al di là degli affettuosi diminutivi, è la nostra Patria. Non certo la stessa di Saccone.
Il racconto, appena iniziato, continuerà finché non avremo avuto soddisfazione. Il coniglio vigliacco se ne faccia una ragione o passi subito alle querele. Ma si chiama padella-brace e bisogna avere coraggio per querelare Leo Rugens. Ci vuole coraggio che il coniglio non sembra avere visto come agisce strisciando dove ritiene di non essere visto, ascoltato, valutato.
Oreste Grani/Leo Rugens
Nel 2006 al governo dell’Italia ritornò Romano Prodi, che nel novembre dello stesso anno annunciò il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq. Ma nell’aprile del 2008 la sua maggioranza prematuramente si sfaldò, e appena qualche settimana dopo Scaroni dichiarava che l’Eni era pronta a ritornare in Iraq. La situazione maturò nell’estate di quello stesso anno: «Nella nostra ultima visita – ammise Scaroni – ci siamo presentati con tutti gli argomenti che Eni può mettere sul tavolo. E credo che la nostra presenza in quel paese possa essere articolata». Così, malgrado gli Usa fossero recalcitranti per il dietrofront di Prodi, e nonostante l’Eni continuasse a smentire qualsiasi relazione tra la missione di «pace» e i suoi interessi in Iraq, nell’autunno del 2009 il gruppo riuscì ad aggiudicarsi le quote azionarie e la guida operativa di Zubair. A presidio di questa nuova bandierina piantata in Medio Oriente, la squadra manageriale di Scaroni studiava e preparava negli stessi mesi, insieme alla Selex Sistemi Integrati, la futura messa in sicurezza del giacimento. La Selex Sistemi Integrati realizzava sistemi radar e sensori per applicazioni nel settore navale, aeronautico e terrestre, e all’epoca era guidata da Marina Grossi, moglie dell’allora amministratore delegato della Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini. Il progetto di security per Zubair era grandioso, e poco intonato con la cultura di un’azienda che non si era mai voluta barricare nelle sue fortezze operative, ma aveva anzi fatto del dialogo con le comunità locali il suo tratto distintivo. Due documenti riservati ci hanno consentito di ricostruirlo nei dettagli.
Leggiamo in uno di essi che la «valutazione, pianificazione e organizzazione delle attività di security per il giacimento di Zubair sono partite il 1° gennaio 2009», a conferma ulteriore del fatto che l’accordo era stato il suggello industriale di intese pregresse. Ben ventiquattro professionisti presenziarono al meeting preliminare del 13 novembre che si svolse a Roma: otto dell’Eni, tra cui Saccone e Vecchione, tre della Kogas, cinque della Occidental, uno della Selex Sistemi Integrati, tre della Aegis (altro fornitore), due della Saipem e altri due consulenti. Dalle carte in nostro possesso emerge che il campo base di Zubair, progettato per contenere tra le 1250 e le 4350 persone, dopo essere stato sminato avrebbe dovuto essere contornato da barriere e reti perimetrali e reso sicuro sia attraverso controlli agli ingressi e sistemi di protezione del personale e degli impianti contro attacchi con autobombe, razzi, colpi d’artiglieria e mortaio, sia attraverso apparati di sicurezza elettronica criptati, collegati alla sala di crisi dell’Eni a Roma. È vero che l’Iraq è tra i paesi a più alto rischio e che nella piana di Bassora, considerata meno turbolenta dell’area di Baghdad, tra il gennaio e il novembre del 2009 si erano verificati duecentoquarantotto incidenti, quasi tutti causati da attacchi con esplosivi e armi da fuoco. Ciò non giustificava, secondo la nostra fonte, un’opera di queste dimensioni. «L’assegnazione del progetto per Zubair sarebbe dovuta avvenire per chiamata diretta» ci dice Vecchione, che partecipò ai lavori preparatori fino al momento del suo demansionamento. I guai per lui cominciarono nel 2010, quando oppose resistenza a una commessa che giudicava onerosa e sbilanciata verso il fornitore: «Non fu fatto un computo metrico per stimare i prezzi sostenuti dalla Selex Service Management.
Nel gergo si chiama “prezzatura vuoto per pieno”: tu mi dici quanto vuoi spendere e io provvedo». Questo metodo e l’assenza di una gara avevano fatto lievitare il preventivo alle stelle. Aggiunge Vecchione: «Oltre alle opere edili di base e ai controlli contro le auto kamikaze, che ritenevo misure sufficienti per Zubair, furono progettati impianti con telecamere e sofisticati sistemi di protezione perimetrale, baracche antigranate, meccanismi per tracciare le auto in modo da distinguere i “buoni” dai “cattivi”, perfino palloni sonda lanciati nel cielo con agganciati sistemi di telecomunicazione e visori elettro-ottici di fabbricazione Selex, per individuare nemici alti come una formica a decine di chilometri». Le lettere-esposto Verso la fine del 2010 si svolse una riunione molto tesa all’Eni. Erano presenti, fra gli altri, Enrico Insabella (il dirigente della security che coordinava il progetto), Saccone, Vecchione, il capo degli approvvigionamenti Alberto Chiarini e il responsabile della logistica della divisione Exploration & Production, Alessandro Trampini. Non tutti erano favorevoli alla firma. Prosegue Vecchione: «Ricordo che Chiarini disse che non poteva autorizzare un progetto eccedente di molto gli importi della sua procura. Io feci mettere a verbale che era irrealizzabile e fantasioso. Saccone insisteva per procedere». Scattarono le contromisure. Prima il direttore degli approvvigionamenti fu nominato amministratore delegato della controllata Syndial, per far sì che lasciasse il suo posto a Rita Marino. Poi furono rimossi i quattro collaboratori di Vecchione. Le cose peggiorano nei mesi successivi per l’invio di una lettera-esposto alla Procura di Roma. Sulla carta il denunciante era Antonio Bonalumi, responsabile dei contratti della security, che però negò la paternità dell’esposto, sostenendo che un anonimo accusatore avesse utilizzato il suo nome a sua insaputa per incastrarlo. Altre due lettere confezionate con la stessa tecnica furono recapitate alle Procure di Roma e di Napoli, al comitato audit dell’Eni e ad alcuni quotidiani. In quella datata 23 novembre 2010, che conserviamo nel nostro archivio, vi si segnalano «le numerose anomalie […] nella gestione dei contratti e dei fornitori della direzione security […], la pressione […] diventata insostenibile e le richieste di Umberto Saccone e di Giancarlo Rabbito pressanti e ingestibili». Rabbito era stato per nove anni il segretario di Saccone al Sismi, al cui seguito era poi passato all’Eni. «Disponibile per ogni approfondimento e a fornire tutta la documentazione», l’autore della missiva elencava una serie di imprese che avrebbero ottenuto trattamenti di favore nelle commesse: la Defense Control, la Selex, la Italgo (nonostante i suoi prezzi fossero «a dir poco fuori dagli standard di mercato»), la BluSky, la Sunrise Hill, la I&Si (già fornitrice dell’Enel) e la Nsr. Una di queste imprese, la New Eurodetective (Ned), sarebbe stata «collegata a Rabbito e Saccone» e avrebbe svolto «ogni tipo di prestazione, dalle verifiche sui dipendenti alla costituzione di dossier informativi».
In effetti, il presidente della Ned, l’ex maresciallo dei carabinieri Vittorio Umberto Di Santo, proviene dall’antiterrorismo e dal Sismi, e nei servizi di intelligence ha conosciuto Saccone e Rabbito, ma dalle visure camerali l’ipotizzato collegamento non emerge. L’intera vicenda si sgonfiò come una di quelle perturbazioni che si spostano, lasciandosi alle spalle qualche tuono esitante. L’organo di controllo interno dell’Eni inoltrò le denunce a Saccone, Scaroni e Sardo, che chiamarono a rapporto Bonalumi, il quale smentì di essere l’autore del documento. Il caso fu archiviato. Le procure non avviarono indagini, evidentemente non riscontrando negli esposti elementi per procedere. E la stampa non vi dedicò nemmeno un trafiletto. Bonalumi continuò a occuparsi dei contratti della security. A farne le spese, in un crescendo di tensione, furono Vecchione e il suo collega d’ufficio Fabrizio Tateo, sui quali ricadde il sospetto di essere stati gli autori materiali o i suggeritori degli esposti. Nel dicembre del 2010, il computer di Vecchione fu scollegato dal sistema informatico per la gestione dei contratti della security, dove erano caricate le fatture per essere contabilizzate. Fu il primo passo del suo distacco in Saipem, che avverrà in gennaio e che porterà, sei mesi dopo, al suo licenziamento. Tateo, invece, fu rimosso dalle dipendenze di Rabbito, destinato all’ufficio sicurezza per l’Italia, e nel marzo del 2011 trasferito ad altra sede romana dell’Eni con un nuovo incarico. Su di lui peserà un altro episodio collegato alle forniture della Ned: il rifiuto di sottoscrivere sette-otto note di consegna non compilate, su fogli marchiati Eni. È lui stesso a raccontarcelo: «Feci presente a Rabbito, all’inizio in maniera garbata, che la mia formazione ed esperienza nel mondo militare mi avevano reso guardingo sulla firma di fogli in bianco, e che avrei firmato soltanto fogli redatti da me personalmente. Lui insistette altre due o tre volte, io mi rifiutai con sdegno». Il timore di Tateo era che fosse una manovra per sistemare ex post qualche contratto della Ned, della quale nel triennio fino al 2010 aveva contabilizzato quasi un migliaio di fatture (molte con importi medi di circa 2000 euro, da noi visionate): una quantità di rapporti commerciali che Tateo, su richiesta di Rabbito, aveva gestito non tramite l’account di posta elettronica aziendale, ma con un account parallelo tramite Yahoo. La Ned era stata selezionata con gli stessi criteri di sicurezza e di riservatezza che erano stati fatti valere per le altre imprese fornitrici e in poco tempo era divenuta fornitore unico dei controlli sulle controparti italiane ed estere dell’Eni, su coloro che incontravano il management e sui dipendenti. Per i capi della security «tutte le persone incontrate da Scaroni e dall’alta dirigenza andavano bonificate» con la raccolta di informazioni attraverso fonti aperte incrociate con articoli e banche dati.
Il colossale progetto di sicurezza per Zubair non andò avanti nemmeno dopo l’allontanamento di Chiarini, Tateo e Vecchione. In quello stesso periodo una bufera di più forte intensità si scatenò sulle controllate della Finmeccanica. Nell’agosto del 2010, la Selex Service Management fu decapitata per l’arresto del suo amministratore delegato, Sabatino Stornelli. La direzione approvvigionamenti dell’Eni non perse tempo ad applicare il codice etico: «Tenuto conto di quanto accaduto e liquidate le ultime pendenze, Eni cesserà ogni rapporto con la predetta azienda, in quanto la stessa deve considerarsi controindicata». Fu indagato e interdetto per tre mesi dalle sue funzioni anche Galbusera, l’amministratore delegato della Italgo, posta poi in liquidazione e in parte incorporata nella Axitea. Questa traghettò le commesse verso altre società e in particolare verso l’impresa romana I&Si, una di quelle della lettera-esposto. Anche la Selex Sistemi Integrati stava per sciogliersi dentro una nube giudiziaria. A novembre del 2010 l’azienda finì sotto il torchio del pubblico ministero di Roma Paolo Ielo per commesse ricevute tra il 2005 e il 2010 dall’Enav, la Spa interamente pubblica per la gestione e il controllo del traffico aereo. La Selex Sistemi Integrati subappaltava i lavori a un gruppo di imprese che, con il metodo delle sovrafatturazioni, costituivano – secondo l’accusa – fondi neri destinati a ungere manager, consulenti, amministratori pubblici e partiti. L’inchiesta travolse Marina Grossi, Francesco Guarguaglini e Lorenzo Borgogni.
Il progetto per Zubair ne fu colpito a morte: lo avrebbe realizzato più tardi, in sordina, la controllata Saipem per una somma inferiore a quella inizialmente stimata che era nell’ordine di molte centinaia di milioni di euro. Nel 2014, dopo che il timone dell’Eni è passato a Descalzi, abbiamo chiesto conferma delle notizie in nostro possesso. L’azienda ci ha risposto con una nota succinta: «La Saipem si è aggiudicata la costruzione della base logistica del campo attraverso una gara internazionale competitiva, nell’ambito della quale non risulta alcuna evidenza della compagnia Selex e dei valori menzionati».
Greco, Andrea. Lo Stato parallelo (Italian Edition) (pp.207-208). Chiarelettere. Edizione del Kindle.
La conferma di DESCALZI ..
L’amichetto di Giggino …
Tutto si fa più chiaro
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😂😂😂
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Umberto Saccone & BLACK CUBE
https://espresso.repubblica.it/attualita/2018/06/26/news/cosi-gli-ex-007-dei-servizi-israeliani-hanno-indagato-su-rovazzi-e-fedez-ecco-tutta-la-storia-1.324154
La cosa è interessante perché mi dicono che l’attuale avvocato della ben nota Nipote-Imputata (anch’essa alla Link Campus) risulta aver avuto un contratto da quattro soldi (3000-3500€) proprio con SIAE.
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Black Cube
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Black_Cube
Vedi anche i “visiting professors” del master della Link Campus.
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Date & Coincidenze!
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https://www.linkedin.com/in/francesco-vecchione-6672bb/?locale=it_IT
Per non fare confusione, il Vecchione in questione è Francesco, non il “Direttore”; peraltro visto il curriculum e la fermezza con la quale si oppose allo sperpero di denaro bisogna dire che con questa banda non sembra avere molto a che fare.
Dionisia
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I nigeriani chiedono i danni
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/10/la-nigeria-chiede-oltre-1-miliardo-di-dollari-di-danni-a-eni-per-le-presunti-tangenti-e-i-pm-fermare-i-pozzi-in-congo-per-due-anni/5927036/
Chissà che ne pensa Capitan America..
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