Domenico Arcuri e la gratitudine del Grande Oriente d’Italia

Statua di Giuseppe Mazzini, Pisa

   

Chi per dare indicazioni strategiche alla nostra smarrita Italia utilizzasse l’espressione banale e, diciamolo, perfino autolesionistica e fuorviante, “Arte e Cultura: petrolio d’Italia” sarebbe considerato senza arte e senza cultura.

Petrolio? Imbarazzante l’infantile accostamento con la cultura a meno che non ci si voglia rifare a quando la Esso (e spero di non sbagliarmi)  finanziava i documentari RAI, in bianco e nero, di Mario Soldati nell’Italia della “ricostruzione”. Viceversa, tutto il mondo lo sa, “ogni goccia di petrolio, una goccia di sangue”. E lo diceva il trafficante d’armi armeno Calouste Gulbelkian.

Eppure questo tema (capisco che qualche cretino lo usa in chiave metaforica) e ciò che lega il mondo massonico del Grande Oriente d’Italia (sto parlando del GOI con tutte le problematiche che da decine di anni affiorano, con rizomi arborei, per alcuni dei suoi affiliati che risultano anche legati ad ambienti affaristico – criminali, a volte specificatamente calabresi) a Domenico Arcuri.

Quello. Il noto “specialista d’arte e cultura” (soprattutto la cultura dell’eticità, direbbe Gustavo Raffi già Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia – Palazzo Giustiniani) fu infatti chiamato a ragionare, a Rimini, all’atto dell’insediamento di Stefano Bisi, attuale Gran Maestro del GOI. Era il 5 aprile 2014 e Arcuri era già ben piazzato dove (Invitalia) si facevano gli affari della Repubblica. Ma non negli interessi dei cittadini. In un momento rituale e solenne come quello (così comunque è in massoneria l’appuntamento in cui il Gran Maestro assume la guida dei fratelli per indirizzarli verso la completezza, la dignità, il senso dela trascendenza, il rispetto dell’uomo e della natura, la tolleranza, la fraternità, il miglioramento individuale e collettivo. In sintesi verso la saggezza), mi chiedo, da profano, a chi si offre il privilegio di presentarsi e parlare ai fratelli se non ad un fratello, certamente individuato tra i grandi competenti sul tema che si sceglie di affrontare nell’occasione? Altrimenti se uno non è anche un affiliato, ritengo che venga scelto, in quanto profano, perché è considerato un’autorità indiscussa in materia. È il caso di Arcuri?

Diteci cortesemente dove sono gli accrediti di Domenico Arcuri in materia. Perché scegliere quindi lui? Per meriti culturali, torno a chiedere perplesso? Ma smettiamola!!!! Arcuri era lì, quel giorno dell’insediamento di Stefano Bisi, per dare un segnale, quasi fosse un gesto di gratitudine verso gli ambienti che evidentemente, nel business di Stato, rappresentava. Ed ancora oggi rappresenta. Questa è la sola ipotesi che giustifichi perché nessuno arriva a rispondermi, in modo credibile, alla domanda che da mesi pongo alla rete: che minchia c’entra Domenico Arcuri con la complessità pandemica in essere? Se mi sto sbagliando e quel giorno a Rimini, a poca distanza dal Tempio malatestiano, si è scelto di presentare Arcuri come il Federico Zeri di turno, mi scuso, faccio un passo indietro e alla sola richiesta di rimozione del post, oscuro questa grave insinuazione.

Perché, spero che si capisca cosa viceversa sostengo: le Logge calabresi furono determinanti per eleggere Stefano Bisi. E di quelle logge calabresi, da decenni, magistrati specchiati (a cominciare da Agostino Cordova e finendo a Nicola Gratteri) sostengono che sono inquinate/condizionate dalla criminalità ‘ndranghetista.

Rizomi arborei e percorsi carsici caratterizzano da sempre l’agire del GOI. P2 compresa.

Il fungo Arcuri, senza arte e cultura, potrebbe esserne un esempio tra i più classici. Goi, Massimo D’Alema, Calabria oscura, Domenico Arcuri e chi fa finta di non vedere si fa complice oggettivo.

Perché, diciamolo, che il Commissario straordinario alle “mascherine e ai banchi scolastici (e in futuro ai vaccini)” si interessasse di “processi formativi” (la scuola è anche questo) abbiamo dovuto aspettare la primavera del 2020, a pandemia esplosa, per scoprirlo. Il passaggio a Rimini non fece storia. Fargli scegliere i banchi dove sedersi è stato, eventualmente, l’unico modo di accostare Arcuri ad un luogo di formazione strategica e quindi alla cultura.

Petrolio? Così si spiegherebbe la metafora scelta per gli scemi. Chiediamo a quelli dell’ENI e vediamo se sanno cosa in materia petrolifera sa il buon Arcuri. Forse, e veniamo al sodo, come spesso accade in questi ambienti, l’Arcuri di quella giornata era semplicemente uno specchietto per le allodole atto ad illudere (o a derubare?) disillusi, frustrati o creduloni abbondanti in sala. Vedete chi si diventa “grazie a noi”? Intendendo anche uno come Arcuri!

Difficilmente si può diversamente ipotizzare che il Commissario Straordinario fosse, nel 2014, mostrato, in quel di Rimini, come immagine/esempio virtuoso di quella tradizione che ha portato la Massoneria (così la smettiamo di fare ironia che non sappiamo neanche fare bene) a pagare un tributo di sangue sui campi di battaglia, nelle celle di tortura, nei campi di concentramento, alle Fosse Ardeatine o, quando andava bene, al confino. Arcuri e le sue questioncelle numismatiche non mi sembrano proprio un esempio di trascendenza latomistica.

Arcuri è pertanto un vero mistero, Presidente Conte, e come tale è opportuno interessarsene. Come uno dei tanti misteri insanguinati d’Italia. Io, anche grazie alla memore segnalazione di un lettore, comincio, dopo essermi fatto delle domande, a darmi delle risposte. Vuoi vedere che Domenico Arcuri dopo essere andato, in quel giorno solenne, a Rimini, a testimoniare la sua stima per Stefano Bisi (o a chi per lui) è stato “premiato” affidandogli  la responsabilità di portare la bisaccia non dell’umiltà (quella che metaforicamente dovrebbe portare in spalla il massone) ma dei business attinenti la pandemia?

Attendo smentite sulla presenza di Arcuri, a Rimini nel giorno dell’insediamento di Stefano Bisi. Se nessuno mi smentisce, mi sentirò autorizzato ad andare avanti fino a trovare (spero che così sia) perché il Calabrese Arcuri ha nelle sue mani incompetenti tanto potere e tanto fatturato. Cominciando a spiegarmi, come e perché, sia stata stroncata sul nascere (non disturbate il manovratore che abbiamo scelto) ogni altra attività senza che fosse proprio Arcuri a controllare l’iniziativa. Mi chiederò infatti, fino a chiarimenti, perché non furono gli ufficiali che vengono già dignitosamente pagati nelle nostre Forze Armate ad interessarsi dell’approvvigionamento. Ufficiali pronti a fare il loro dovere senza costi aggiuntivi.

Oreste Grani/Leo Rugens