H5N1, meglio noto come virus dell’influenza aviaria



Nel 2011 sul quotidianosanità.it sotto la testatina Scienza e Farmaci si poteva leggere questo articolo. Da non sottovalutare quel giorno e ancor meno oggi.
Nel 2009 si poteva leggere a firma dello sconosciuto (all’ora ed oggi dal momento che nessuno lo cerca o lo intervista a differenza di un chirurgo/politicante come Pierpaolo Sileri che impazza quasi fosse un vero e proprio “viaggiatore e piazzista” per conto di chi, evidentemente, trae vantaggio dal suo dire e fare) Massimo Zuppini:” … I primi dati riguardanti l’influenza aviaria (come vedete lo Zuppini spazia nel campo pur essendo semplicemente un dipendente di formazione giuridico-umanistica della GlaxoSmithKline Spa e al tempo membro del Centro Studi ItaSForum che di cultura della sicurezza si interessa da anni ndr O.G.) risalgono al 1996, quando, per la prima volta, il virus venne isolato (ma guarda un po’ dove !!! ndr O.G.) nella provincia cinese del Guandong. I primi 18 casi di infezione umana, che in 6 casi (minchia che percentuale!!! ndr O.G.) portarono al decesso dei contagiati, vennero denunciati (allora è un vizio !!!!! ndr O.G. ) un anno più tardi. Successivamente, la diffusione del virus sembrò arrestarsi per qualche anno, fino a quando, nel febbraio del 2003 (le opinioni pubbliche occidentali stavano dietro alle notizie della guerra in IRAQ contro quel cattivone di Saddam Hussein ndr O.G.), riprese a colpire l’uomo con due casi manifestatisi a Hong Kong su soggetti appena arrivati dalla Cina. Da quel momento il virus cominciò a estendersi con grande rapidità, colpendo soprattutto uccelli da allevamento e selvatici in tutto il sud-est asiatico. I successivi contagi umani furono censiti in Vietnam e in Cambogia nel gennaio 2004. L’arrivo in occidente avvenne all’inizio del 2005 in Russia e in Turchia. A ottobre (vedete come se la prendono comoda questi virus? ndr O.G.) dello stesso anno vennero registrati i primi casi su animali in Croazia e in Gran Bretagna mentre in Italia il primo focolaio in uccelli selvatici venne riscontrato nel febbraio 2006. Successivamente, nel mese di agosto, il virus fece la sua comparsa anche negli Stati Uniti.“

Lento e parco questo virus, dico io ma con la caratteristica di essere micidiale per la sorte degli umani che ne vengono colpiti. Ad esempio nel periodo che ho sommariamente descritto l’influenza aviaria sembra che abbia colpito un numero irrisorio di persone, 387, ma ha comportato ben 245 decessi.
Piccoli focolai epidemici ma difficile salvarsi quindi se ci si ammala. Perché mi soffermi a parlarvi di questo micidiale H5N1 è presto detto. Dove sonnecchia il virus dell’influenza aviaria pronto a passare da una semplice (si fa per dire) epidemia a una pandemia planetaria? Forse, direte non è opportuno distrarsi a cercare informazioni di un pericolo minimale mentre il COVID 19 spadroneggia. Non la penso così e mi andava di lasciarlo detto. L’H5N1 si prepara a sferrare il suo di attacco dopo averci preso le misure e aver osservato come stiamo subendo il “cugino” Covid 19 e al tempo, lasciati in balia di imbecilli sottovalutatori e speculatori da strapazzo, stiamo per “arrenderci”.
Ricordo i numeretti: 245 morti su 387 ammalati. Meditate gente, meditate.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S.
Ma questo Massimo Zuppini lo volete cortesemente rintracciare? O debbo mettere una taglia? Di tre euro, perché di quello dispongo sulla mia Carta Acquisti fino a metà novembre, ma pronto a metterceli tutti.
P.S. al P.S.
In realtà, come certamente sapete, non si potrebbero usare i soldi che lo Stato mi “carica” sulla C.A. per offrire taglie ma solo per comprare generi alimentari, pagare bollette e medicine. Per un concetto esteso di medicine potrei “lecitamente” usare i tre euro per stanare Zuppini che si interessa, tra l’altro, di strategia di sicurezza sanitaria. Vorrei tanto incontrare il dirigente GSK, di cui, tra l’altro, non riesco ad avere una foto.
Non me ne voglia lo Zuppini se lo provoco ma lo faccio a fin di bene e per rendere noto lo sforzo che aveva fatto, sin dal 2009, per mettere nel giusto rapporto Pandemia e Business Continuity e perché le aziende si dovessero preparare all’emergenza che oggi viviamo.