La massoneria in Africa (e non solo) come fattore geopolitico

Il miglior modo per poter comprendere qualcosa del complesso mondo di formule, ritualità, evocazioni che ci provengono dal mondo massonico sarebbe quello di rimanere in silenzio ad ascoltare cosa succede in noi quando veniamo in contatto con gli elementi simbolici che connotano questa sconfinata galassia. Spesso, inopportunamente, siamo tentati di capire la natura delle cose (in realtà illudendoci di possedere) e, per farlo, proviamo ad accorciare le distanze, scegliendo scorciatoie. Lo dico perché in questo marginale e ininfluente blog non passa giorno che qualcuno, via rizomi telematici, non arrivi a chiedere se il tale sia o meno “massone“. Di quasi tutti gli uomini pubblici perviene questa richiesta. A 73 anni e passa ritengo di intuire che la massoneria e il suo divenire è argomento senza fine. Per cui rimarrei sul prudente. Una cosa è quando, in tono quasi dispregiativo, etichettiamo qualcuno dandogli del “massone” (ma, visto i soggetti, potremmo scegliere altri epiteti) e una cosa è tenere bene in mente tutto ciò che desideriamo imparare. Anche di quegli stessi personaggi.

Oggi, su segnalazione di un lettore molto sensibile che coglie la delicatezza della fase che connota l’inchiesta MarognaPecciuServizi Segreti, condivido, sperando di fare cosa gradita, un articolo comparso il 18 dicembre 2014 a firma di Giulio Albanese, sul quotidiano della CEI l’Avvenire. Ripeto, sperando di fare cosa gradita in queste ore dove i termini devono essere pesati per evitare di fare confusione dove già potrebbe essercene troppa e nel farlo consentire a qualcuno di non essere visto in filigrana. Ci inoltriamo e ringraziamo per la segnalazione preziosa. 

Oreste Grani/Leo Rugens   

Il video non ha attinenza stretta. O forse si.