È morto John le Carré

Sono giornate di lutto per chiunque abbia a cuore la cultura e il genere umano.

Chi fosse David Cornwell, cioè John le Carré, spero lo sappiate tutti. Il gran maestro degli avvenimenti contemporanei ha cessato di vivere. Tra l’altro senza che quei troppi incompetenti e ipocriti che fabbricano a Stoccolma classifiche di valore, trovassero il coraggio di attribuirgli il Nobel. È stato un interprete di contemporaneità come solo, se ne ha gli strumenti culturali, può arrivare ad essere un “agente segreto“. Nel suo caso reclutato dal prestigioso MI6. Perché questo – cioè un agente – è stato il grande scrittore, la cui “carriera” al servizio di sua maestà britannica fu stroncata da un altro personaggio gigantesco del mondo delle ombre: il “sovietico” Kim Philby, cioè la talpa. Tornerò nei prossimi giorni su questi ricordi e stimoli biografici che si articolano intorno alla vita di le Carré, provando a non cadere nella retorica e soprattutto in banalità, appesantito come sono dai miei limiti culturali. Certamente sento il bisogno di soffermarmi sul pessimismo (profetico?) del maestro e soprattutto sullo scenario tragico a cui si è dedicato dopo la caduta del Muro di Berlino: l’Africa e il cinismo spietato con cui operano i grandi gruppi finanziari planetari che hanno assunto la forma di case farmaceutiche. Big Pharma quindi e non pinzillacchere. 

Nulla come ciò che le Carré ha descritto, venti anni addietro, nel romanzo Il giardiniere tenace va tenuto a mente mentre assistiamo alla crudele guerra della salute in cui siamo tragicamente immersi. Senza, sposando il razionale approccio culturale di David Cornwell, che si possa – ottimisticamente – vederne l’esito. 

Oreste Grani/Leo Rugens