Guai se ci lasciamo condurre da chi non riesce ad alimentare speranza

Da poche ore circolano notizie (non mi suonano “false”) di una mutazione del COVID 19 così come è stato conosciuto in questo anno di diffusione ultrarapida. La notizia che evidentemente non si è voluta tenere riservata sta ormai facendo il giro del mondo. La news è che in Inghilterra in oltre mille (1.000) casi di “infetti” l’aggressore ha mutato faccia e abilità.
Stiamo dicendo che (ritengo degli scienziati competenti) qualcuno sostiene siamo di fronte ad un nuovo agente patogeno. Vi sembra poco trovandosi l’Umanità già nel guaio in cui si trova? La notizia (difficile che qualcuno si metta a fare casino tanto per farlo in un momento come quello in cui tra poche ore i due vecchietti regnanti dovranno dare l’esempio dando via alle vaccinazioni di massa) potrebbe essere che mutando il COVID 19 (diventando 20/21/22 o altra numerazione) si prepari, con altre caratteristiche e capacità di resistere al contrattacco degli umani, a creare nuove gravi patologie quali, fatemi scherzare in questi momenti tragicomici, la caduta dei piselli di tutti gli uomini tra i 30/50 anni, la fine dei capelli a tutti quelli che ancora ne hanno, la cecità per le ragazze in età di sviluppo degli organi riproduttivi. Per come gli umani si stanno comportando si meriterebbero una tale bizzarra abilità devastatrice della mutazione che viene annunciata e in particolare In Italia sarebbe auspicabile che il New Virus avesse una capacità selettiva di colpire, per cominciare, i rappresentanti del Governo, i loro tirapiedi e gli stupidi che ancora si appassionano alle loro finte/vere schermaglie di potere.

Chiusa la parentesi provocatoria del post certamente la notizia di questa variante, se confermata, ribadirebbe che l’aumentata e prolungata trasmissione del virus originale senza che fossimo capaci di una vera reazione adeguata ha dato tempo al misterioso e agguerritissimo mondo dei virus di organizzare o un diversivo o, dopo averci distratto con gli attacchi del COVID 19, di sferrare l’assalto finale. Ho fatto cenno critico a nessuna vera reazione non tanto riferendomi all’agitarsi intorno al business delle mascherine, dei fatturati per degenze o all’uso di alcuni farmaci piuttosto che altri fino all’acquisto e predisposizione di gazebi artisticamente ben disegnati, ma al fatto che non ho sentito un fiato che sia stato uno, intorno al non essersi preparati (comincia, dopo quasi un anno di massacri e dolore infinito ad emergere il dubbio che questi criminali non abbiano fatto tutto quanto era loro dovere fare) a ciò che era prevedibile e previsto. E soprattutto su cose sensate da affrontare per dare significato ad un eventuale dopo. Se ci sarà dato di averne uno. A tanto deserto fa eccezione quanto leggo ci si prepara a fare per alimentare speranza (e non genericamente con appelletti tra l’ingenuo e il manipolativo come ci sta abituando il Governo italiano) in occasione della 49esima Settimana Sociale che si terrà a Taranto il 21-24 ottobre 2021.
Il tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. Tutto è connesso“. Taranto – sede scelta – è la città “martire dell’ILVA” e vittima di come si stanno lasciando andare le cose, aggravatesi in presenza della pandemia devastante.
Per preparare le Giornate è stato messo a punto un corposo documento che mira ad essere, con l’opportuno anticipo, un instrumentum laboris dato che come si evince fin dal titolo l’evento di riflessione punterà i riflettori sul rapporto certo tra ecologia ed economia, tra ambiente e lavoro, tra crisi ambientale e crisi sociale, nella consapevolezza che non ci sono due crisi separate (ora più che mai in presenza della devastante pandemia) bensì una sola, complessa e dolorosissima crisi socio-sanitario-ambientale.
Per continuare a scrivere di questa iniziativa “strategica” (tale oggi più che mai) saccheggio (spero di non fare danno animato da buona volontà) un articolo uscito il 20 novembre u.s. sull’Avvenire a firma di Mimmo Muolo.
Si riferisce di un documento di 65 pagine divise in 7 capitoli, più alcune domande finali.

L’Instrumentum laboris parte dallo sguardo contemplativo di San Francesco d’Assisi: la lode per il dono della creazione, che si traduce nel prendersi cura delle ferite dell’altro e della casa comune secondo lo stile del buon samaritano. Si passa poi ad esaminare l’ecologia integrale che da un lato unisce l’ecologia ambientale con quella sociale, con la cultura, con l’ecologia umana della vita quotidiana, dall’altro denuncia le ferite e gli abusi, per costruire il bene comune globale che abbraccia anche la casa comune, senza omettere il fondamentale approccio spirituale. Lo sguardo del documento si sposta poi sui «nodi da sciogliere»: i cambiamenti climatici, lo sfruttamento ambientale, la cultura dello scarto. È necessaria, viene sottolineato, una transizione ecologica che porti alla decarbonizzazione e all’adozione di un’economia circolare.
Solo così si potrà lavorare per una sanità pubblica e diffusa che sappia integrare l’aspetto sanitario con quello sociale. In sostanza, ricorda il testo, «non c’è bene comune senza inclusione, giustizia sociale e lotta alla disuguaglianza. Occorre creare valore economico e lavoro facendo attenzione a non aumentare, anzi contribuendo a ridurre, i rischi ambientali e di salute (la vicenda di Taranto è tristemente emblematica). Cambiare è possibile e i cristiani sono chiamati ad alimentare la speranza. Una ricognizione delle “buone pratiche”, sul fronte imprenditoriale, amministrativo e familiare, già esistenti nel nostro Paese alimenta questa speranza.
L’Instrumentum laboris mette in evidenza che la Settimana Sociale non vuole essere solo un evento, ma un processo che ha nello stile sinodale la sua cifra caratteristica. Ecco perché si sottolinea «lo stile partecipativo e solidale coinvolgendo le Chiese locali e le istituzioni». Il Covid sotto questo profilo rappresenta un’occasione unica per accelerare in positivo il cambiamento del paradigma economico, ambientale e sociale attuale, anche nella sanità. «L’emergenza Covid, scrivono gli estensori del documento, ci ha insegnato» che bisogna «attrezzare una sanità di territorio che sappia intervenire in modo rapido e diffuso. E che sia capace di unire la necessaria assistenza medica con un attento accompagnamento umano e sociale». Sulla finanza si legge: «Va riportata al suo ruolo sociale attraverso una cornice regolativa europea che ne combatta le tendenze più speculative». Centrale naturalmente il tema del lavoro, connesso con quello della «riqualificazione dei lavoratori e delle imprese con un impegno costante». Secondo il documento, «i contratti nazionali collettivi di lavoro possono essere lo strumento per promuovere nuove forme di produttività durevole e per armonizzazione tra lavoro-formazione-vita privata, compreso il tempo da dedicare alla cura della propria salute e di quella dei familiari». Il che non significa optare per la «decrescita felice», ma per la «sostenibilità integrale».
Sullo smart working il documento sottolinea: «Ci siamo ritrovati più ricchi di tempo e potenzialmente capaci di conciliare vita di lavoro e familiare». Ma « lo smart working rischia di ridurre la qualità delle relazioni umane, amplificare diseguaglianze se non è accompagnato da investimenti in materia di qualità delle postazioni di lavoro domestiche, di equa divisione del tempo, di cura nell’abitazione». Vanno ridefiniti anche «i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore » onde «evitare abusi» E comunque «il ‘divario digitale’ rimane un tema da affrontare». (M.Mu.)

Ci deve occupare la mente il come dare risposte (non sono interessato a chi solo “tenta” di darle), a partire dalle tante persone e dai diversi soggetti che incontriamo per strada. Soprattutto da quelli che si mettono in fila alle mense della Caritas o dove oltre al pasto si distribuiscono pacchi alimentari. O che sono costretti (le donne soprattutto con il loro bambini) a cercare rifugio e protezione dalla violenza di orchi spietati.
Sono in attesa di capire come si tradurranno in azioni concrete questi momenti di studio e di elaborazione teorica certo che si dovranno trovare risposte fuori dall’emergenze per arrivare, senza se e senza ipocriti ma, a costruire, pezzo per pezzo, anche in modo coraggioso e sperimentale (tanto così è impossibile accettare di vivere) un nuovo sistema di sicurezza sociale. Altro che mascalzonesca sconfitta della povertà annunciata dai balconi mentre si è sotto l’effetto rassicurante (e inebriante per alcune povere menti) dei propri borsellini (anche elettronici) che si gonfiano. I propri però.
Oreste Grani/Leo Rugens convinto – ora più che mai – della necessità imperativa che nessuno venga lasciato indietro.


Task force
https://rassegnastampa.news/i-membri-delle-principali-task-force-del-governo-256239.html
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