Valter Tozzi è in realtà uno Zelig psicopatico?

 

È arrivato il tempo che anche Leo Rugens dica la sua su questo Valter Tozzi di cui parla l’Italia intera.

Quello di questo signore che sale e scende dagli aerei di Stato è un guazzabuglio che metà, in un paese serio, dovrebbe far saltare più di una testa. Invece qui anche l’ultima minchia dorme sonni tranquilli perché, tra l’altro, mentre dorme gli corre lo stipendio favoloso e un’indennità di cravatta che basterebbe a salvare, ogni mese, qualche famiglia di lavoratori della Whirpool. 

Chi di voi ha visto il capolavoro di Woody Allen, “Zelig“? Bene, tenete conto che la vicenda di Mister Tozzi oscilla, da alcuni anni (!!!), tra performance alla Zelig e qualcosa che, se risultasse vera, risolverebbe (in una repubblica democratica), seduta stante, il problema annoso dei vertici del DIS+AISE+AISI+una robusta pattuglia di nullafacenti che formalmente sono stati piazzati nei palazzi riconducibili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tutti funzionari/dirigenti pubblici da epurare senza compromessi o salvacondotti visto il ripetersi di situazioni “folli” o, meglio, da qualunque parte le si affrontino, “sputtananti” per chi dovrebbe essere il custode della sicurezza dello Stato. 

Per ora mi diletto (mentre, sotto-sotto me la comincio a godere) a ipotizzare che Tozzi sia un camaleontico Zelig, sempre nevroticamente in sfida con se stesso e che cercando l’impossibile non solo l’ha trovato ma, nel trovarlo, ha messo a nudo il culo dei vari direttori (e anche qualche vice) del DIS e delle Agenzie sottoposte/coordinate. Premier compreso (parlo del culo nudo) avvocato che, ormai da alcuni anni, ha ritenuto (se lo è messo in testa e bravo chi glielo spiega che non è così) di avere esperienza (e stile) per non farci ridere dietro dalle Intelligence di mezzo mondo. Direi di tutte le cancellerie che contano.  

Quindi, per ora, secondo il vostro amico Leo, il reatino Tozzi è da considerare uno psicopatico zelighiano. In attesa che si faccia avanti chi di fronte a questo paradossale spettacolino, con lo stomaco e le viscere in subbuglio, ci chiarisca come stanno le cose. Per amor di Patria, dimenticavo di aggiungere. 

Oreste Grani /Leo Rugens 

P.S.

Ad oggi Tozzi è un geometra.

Geometra ovvero colui che sa prendere le misure dei terreni. Figura professionale da non sottovalutare soprattutto rispetto ad alcuni che “nei servizi” sono conosciuti, da anni, come personaggi senza arte né parte. Personaggi da cassare che purtroppo stanno sempre lì. Anzi, stanno sempre per essere promossi direttore. 

Meglio Tozzi, sentite a me. E ora che si avvicina Natale meglio ancora “tozzetti”, possibilmente con il Vin Santo. Almeno ci consoliamo per la caduta in basso di tutti e di tutto. Niente e nessuno escluso. E sempre per merito della “centrale di informazione le Iene”.

P.S.al P.S.

E poi vi permettete di dire che Grani/Leo Rugens esagera e che deve evitare il turpiloquio. Mortacci vostra, in questa vicenda di Tozzi, altro che turpiloquio ci vorrebbe. 

P.S. al P.S del P.S.

Sapete la differenza che ci sarà sempre tra alcuni di voi e me?

Banalmente è questa: siamo nell’Ottobre 1948 (io ho poco più di 16 mesi) e dopo una vacanza di 34 mesi viene nominato il Direttore dell’Ufficio “I”; è il Generale di Brigata Giovanni Carlo Re. Il Generale Re, con il Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, costituisce (nel 1949) il SIFAR, il primo servizio segreto della Repubblica. Come deve essere strutturato e diretto un servizio segreto, qualche anno dopo, ho avuto il vantaggio di sentirmelo raccontare direttamente da Rendy, come, confidenzialmente, alcuni avevamo il privilegio di chiamare Pacciardi.    


In fine post godetevi il riferimento al film capolavoro:   «Ho 12 anni. Vado alla sinagoga. Chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita, ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco, l’ebraico. Lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico.»

(Leonard Zelig/Woody Allen)

Zelig è un film del 1983 scritto, diretto e interpretato da Woody Allen.

La pellicola è una parodia idiosincratica di un documentario su un personaggio degli anni venti-trenta. Sebbene il documentario dia tutta l’aria di essere ispirato a fatti realmente accaduti, in realtà la storia è inventata e i personaggi fittizi.

È considerato uno dei maggiori esempi di trasformismo nell’ambito dello spettacolo.

Siamo nel 1928. L’uomo del momento è Leonard Zelig, vittima di una ignota malattia che si manifesta nella trasformazione psicosomatica dei tratti in conseguenza del contesto in cui l’individuo si trova. Ricoverato in ospedale, Zelig, che in lingua yiddish significa “benedetto”, viene seguito da Eudora Fletcher, una psichiatra che cerca di scoprire le radici dello strano fenomeno nell’inconscio del paziente. Il “camaleontismo” di Zelig si trasforma in una moda. Leonard viene affidato alla sorellastra che cerca di trasformarlo in un fenomeno da baraccone. La dottoressa Fletcher tenta di proteggere Leonard e se ne innamora. I due decidono di sposarsi, ma Zelig, turbato dagli scandali montati dalla stampa, fugge in Europa. Eudora lo ritrova a Monaco di Baviera: Leonard è alle spalle di Hitler durante un’adunata nazista. Figurarsi se uno come Tozzi non può pertanto raggirare gentili signore come Roberta Pinotti o Elisabetta Trenta. E lo dico con simpatia ma consapevole del divario tra Hitler e le nostre ex Ministre della Difesa. Fuggiti dalla Germania, Leonard ed Eudora vengono accolti trionfalmente in patria.

Il Leonard Zelig di Allen è «un uomo che non ha un sé né una personalità. Un po’ il nostro Tozzi se non risulterà in organico a Palazzo Chigi. Egli è letteralmente l’immagine proiettata degli altri, uno specchio che restituisce alle persone la propria immagine. Bruno Bettelheim (presente nel film nel ruolo di se stesso) fornisce il seguente commento: “Se Zelig fosse psicotico o solo estremamente nevrotico, era un problema che noi medici discutevamo in continuazione. Personalmente mi sembrava che i suoi stati d’animo non fossero poi così diversi dalla norma, forse quelli di una persona normale, ben equilibrata e inserita, solo portata all’eccesso estremo. Mi pareva che in fondo si potesse considerare il conformista per antonomasia”» Meditate gente, meditate. E questo perché il gioco metaforico e analogico tra lo Zelig di Woody Allen e il film dell’orrore che ci state facendo vedere con protagonista Tozzi, l’ho solo avviato in questo marginale e ininfluente blog considerando l’episodio gravissimo da cui si evincono alcune cose tutte senza eccezione alcuna, lo ripeto, dannose per la nostra reputazione in tema di sicurezza nazionale. 

Tornando al film capolavoro, è in questa accezione di personalità adattivamente camaleontica, di trasformismo identitario dipendente dal contesto ambientale, che è stata coniata in psichiatria la sindrome di Zelig (Zelig Syndrome o Zelig-like Syndrome).

Il camaleontico Zelig/Tozzi è in grado di trasformarsi in qualsiasi cosa; in una scena del film, essendo nelle vicinanze di un rabbino, immediatamente si trasforma in esso. Un potenziale agente con i contro fiocchi. 

Woody Allen aveva già subìto la stessa trasformazione nel suo film Prendi i soldi e scappa del 1969. E qui, sotto l’effetto di questo titolo, dobbiamo soffermarci nel caso che il Tozzi sia altro da un banale Zelig perché nelle perle paradossali che si infilano in questa vicenda di rapimenti e di soldi, appunto, tutto comincia a sembrare possibile. Anche che Le Iene abbiano ragione. 

Non ho voglia di chiudere il post.

Altra opera rappresentativa del “camaleontismo” (ed altro) è sicuramente “Il camaleonte” di Anton Čechov, nella quale un commissario di polizia impegnato a calmare un orefice morso da una cane cambierà idea molte volte a causa delle informazioni spesso divergenti dategli dagli altri personaggi.

Anche Anton Cechov con il suo “Il Camaleonte” (ne parleremo in altro post) alla fine potrebbe avere un certo peso in questa vicenda paradossale del geometra Tozzi mai rimuovendo che il racconto era uno dei preferiti di un tipetto come Stalin. Così dopo Hitler nello stesso post, insieme a Tozzi e Conte, sono riuscito a citare anche Giuseppe Stalin.

Interessante, comunque, questa vicenda al limite del ridicolo direbbe il mio amico Amnon Barzel, visti i budget che girano intorno ai rapimenti di cui si devono/vogliono interessare i servizi “diretti direttamente” dal Premier Giuseppe Conte.  

E rifirmo vista la lunghezza e una certa natura allusiva del post.

Oreste Grani/Leo Rugens con preghiera per il mio valente difensore penalista di accendere i motori.