Perché sosteniamo la querelle di Dario Borso verso Luigi Reitani

Riceviamo da Dario Borso e volentieri pubblichiamo. Perché?
Il lettore abituale di Leo Rugens sa che una delle aree cui ci interessiamo nel quadro della elaborazione di una cultura della sicurezza nazionale (si veda in proposito A quando la messa a punto di una strategia di sicurezza nazionale?) è quella della formazione dove l’attenzione maggiore, per quanto riguarda la sua dimensione pubblica, è rivolta all’ambito universitario cui è demandata una fase delicata e decisiva nel processo costitutivo delle classi dirigenti del Paese. Pur non avendo la forza e non essendo questo il luogo per una analisi del problema, ma per evitare gravi fraintendimenti, ciò di cui siamo interessanti non sono tanto i ricorrenti scandali inerenti rettori o docenti dediti a pratiche deontologicamente censurabili, quando non penalmente rilevanti, bensì a un problema generale che vede una pericolosa perché antica continguità se non sovrapposizione tra ambienti mafiosi, paramassonici e “religiosi” (quelli politici sono ormai al tramonto) e gli ambienti universitari e accademici. Il crollo del sistema sanitario lombardo ne è un esempio drammatico.
Sia chiaro che ospitare le repliche di Dario Borso agli attacchi del Prof. Luigi Reitani che utilizza il quotidiano di Confindustria o la prestigiosa rivista “L’Indice” per “stroncare” il lavoro traduttivo di un filosofo che riteniamo per intelligenza, scienza e coscienza prezioso al nostro lavoro, non sottointende accuse di tanta gravità, bensì la denuncia di un habitus mentale che riconosciamo immediatamente e che connota tanti, troppi intellettuali, silenti verso il potere ma ciarlieri riguardo figure indipendenti e libere quali Dario Borso. Ecco, l’avere negato a Borso lo spazio o l’agibiltà a luoghi per replicare ad accuse pesantissime circa il suo lavoro di traduttore e interprete di Celan, è sufficiente a farci considerare il Prof. Reitani un sintomo del problema universitario nazionale.
Buona lettura.
Alberto Massari

Caro Alberto, complimenti innanzitutto per il tuo https://leorugens.wordpress.com/2020/12/13/cera-un-caso-italiano-su-celan-e-leo-rugens-lha-quasi-risolto/. Purtroppo sono di nuovo costretto all’angolo dallo stesso pugile Reitani, che imperversa senza nemmeno più rispettare il gong. “L’Indice dei libri” di dicembre infatti è uscito con
https://www.edizioninottetempo.it/media/news/files/19/lanniversario-di-paul-celan-lacerato-tra-due-identita-d3766.pdf, dove sono brevemente menzionato così quale curatore di P. Celan, L’antologia italiana, Nottetempo 2020: “Al di là delle scelte traduttive, spesso incoerenti e opinabili, a suscitare perplessità in questa operazione è soprattutto la disinvoltura filologica di Borso, che fa passare come inediti i documenti presentati, senza menzionare la pubblicazione di G. Cordibella, e che ricava gran parte del suo apparato di note da B. Wiedemann senza dichiararlo”. Di conseguenza
Venerdi 11 dic., 12:35 chiedo alla caporedattrice dell’Indice di pubblicare sul loro sito online una mia replica, ravvedendo nel brano una velata accusa di plagio.
Sabato 12, 21:57 la c.r. mi dà l’ok ponendo il tetto di 5000 battute.
Lunedì 14, 8:31 le annuncio l’invio imminente della replica e chiedo che Reitani, se vorrà replicare, stia sotto lo stesso tetto.
Giovedì 17, 09:50 la c.r., scusandosi del ritardo, mi comunica la decisione di postare subito sul sito la mia replica di pubblicarle poi in cartaceo sul numero di gennaio dell’Indice.
Alle 16:45 le invio un file comprendente un paio di note che portano il tot. oltre il tetto, chiedo se va bene egualmente e se lo posta al più presto.
Alle 16.50 la c.r. mi comunica di avere appena dato ordine di postarlo e mi chiede di mandarle entro il giorno dopo una versione sotto le 5000 battute per il n. di gennaio, dove comparirà seguita dalla controreplica di Reitani.
Venerdì 18, 12:02 annuncio l’uscita sull’Indice online della mia replica a diversi ex-colleghi (capifila Carlo Ginzburg ed Elio Franzini) già al corrente di una mia precedente analoga vicenda con Reitani sul Sole24ore, allegandone per sicurezza il file.
Alle 19:43 invio alla c.r. come d’accordo la replica di 5000 battute per il cartaceo e, non vedendo ancora la replica lunga online, le chiedo se c’è un altro modo di accesso (magari riservato agli abbonati).
Domenica 20, 20:03 scusandosi per il ritardo, la c.r. mi comunica che redattori non specificati hanno bloccato la mia replica online e che la replica mandatale venerdì per il cartaceo uscirà con la controreplica di Reitani sul n. di gennaio.
Lunedì 21, 13:47 ribadisco quanto detto dall’inizio sull’urgenza di una mia replica online alla diffamazione di Reitani, denuncio che gli accordi presi prevedevano l’immediata replica online inviatale giovedì e che solo in seguito a un suo ok le ho spedito venerdì la replica per il n. di gennaio.
Alle 14:02 la c.r. mi comunica che il numero di gennaio è in stampa.
Alle 16:23 le ribadisco che non passerò le feste senza contrastare la diffamazione, allego una rettifica di 2000 battute e pongo l’alternativa: o la postate subito online o ritirate la mia replica dal n. di gennaio.
Martedì 22, 10:37 la c.r. si addossa ogni responsabilità e mi comunica che la replica mia uscirà sul n. di gennaio ma non pubblicherà la rettifica online mancando lì l’articolo di Reitani. Chiude definendo il tutto una polemica mia molto personale e annunciando che non mi risponderà più.
Alle 15:08 le scrivo che all’assenza online dell’articolo di Reitani potrà ovviare anteponendo alla mia rettifica come cappello introduttivo: “Nella sua ricognizione sulle novità editoriali riguardanti Paul Celan uscito su L’Indice di dicembre, Reitani trattando brevemente dell’Antologia italiana a cura di D. Borso, critica ‘la disinvoltura filologica’ del curatore ‘che ricava gran parte del suo apparato di note da B. Wiedemann senza dichiararlo’. Pubblichiamo qui la rettifica di D. Borso:”.
La c.r. ha mantenuto la parola data – l’ultima solo però, di non rispondermi più.
1 – REPLICA ONLINE di giovedì 17 dic.
Luigi Reitani sul “Sole24ore” dell’8 novembre scorso in cinque righe ha contestato dieci punti della mia traduzione in quanto lontani dal suo ideale di una resa stilistica “media” (ma nessun errore, che altrimenti avrebbe segnalato eccome); qui ora, nell’ultimo numero de “L’Indice dei Libri”, riassume il tutto con “scelte traduttive spesso incoerenti e opinabili” (NB “spesso”).
Su https://tysm.org/paul-celan/ del 23 novembre avevo replicato alle obiezioni, lasciandone in sospeso due: l’una riguardante un celebre Lied romantico di cui ignorerei l’esistenza (siccome non lo nominava, ho solo dimostrato che non può trattarsi del Lindenbaum schubertiano ipotizzando casomai un legame con il Lied 15 del ciclo schubertiano della Bella mugnaia); l’altra riguardante presunte “discontinuità nel tradurre le stesse espressioni”, data la genericità del rimando alla p. 47 dell’Antologia italiana.
A una più approfondita disamina penso ora di aver compreso la seconda obiezione: in Fuga di morte l’aguzzino del lager al v. 16 comanda agli ebrei stechttieferinsErdreich e al v. 18 stechttieferdieSpaten, da me resi rispettivamente con “scavate di più il terreno” e “affondate di più le pale” perdendo così la ripetizione di stecht. Il guaio è che stechen è sia intransitivo come al v. 16 sia transitivo come al v. 18, e in italiano non c’è un verbo con analoga qualità1.
L’obiezione più grave mossami era comunque di avere “persino” tradotto “pagano il fio”, riferito agli ebrei2. Eppure Sigmund Freud, di cui Celan fu lettore assiduo, si era espresso negli stessi termini in L’uomo Mosè e la religione monoteistica, resi da tre traduttori coordinati da Renata Colorni con: “hanno pagato pesantemente il fio”, Opere XI, Boringhieri 1977, p. 150, edizione canonica da Reitani elogiata a inizio 2006 in due recensioni alla nuova a cura di Michele Ranchetti, della quale egli contestava diverse scelte lessicali, un paio di lapsus e il plagio ai danni di Colorni passata nel frattempo alla Mondadori come direttrice dei Meridiani.
Anche a me in due recensioni ora contesta diverse sfumature, ma nessun lapsus, nel testo almeno, ché nelle note l’amico Hans Ebner, discografico della Myto Record (musica lirica), me ne ha segnalato uno alla penultima riga di p. 187, dove traduco Hirten con “capre” invece che con “pastori”, come dire pan per focaccia: per fortuna poche righe sopra con “capre” traduco correttamente Ziegen, sicché il lettore spero scuserà questo lapsus animalista3.
Purtroppo l’articolo di Reitani si chiude con un’accusa di plagio, anzi una e mezza. A quella intera ho già replicato4, per cui qui mi limito a fornire il numero esatto di battute. Apparato 49.290 tot., di cui: mie 23.720, 48%; BonnerAusgabe 18.330, 37%; Wiedemann 7.240, 15% – NB queste ultime tutte risalenti alla prima edizione 2003 e ormai largamente citate dagli studiosi, sicché, se nelle mie tre curatele passate (2010, 2011, 2016) ho menzionato Wiedemann, ora 2020 lo faccio solo nel più specialistico gemello Celan in Italia (Prospero ed.): secondo me basta e avanza.
La mezza accusa, riferita alla mia Introduzione, è di “far passare come inediti i documenti presentati, senza menzionare la pubblicazione di Giovanna Cordibella” del carteggio in francese Celan-Sereni (Ed. l’Obliquo, Brescia 2013, 300 copie numerate di cui 130 con tavola di Emilio Isgrò a prezzo congruo), del quale ora Reitani annuncia l’imminente “ripubblicazione”.
Ho saputo con leggero anticipo dello scoop dall’amica Giovanna Sereni, ma con molto ritardo dell’esistenza del volumetto. La mia ricerca sulla ricezione italiana di Celan iniziò infatti in Fondazione Mondadori l’8.XI.2010 per protrarsi fino al 25.I.2011; al Deutsches Literaturarchiv di Marbach lavorai invece nel luglio 2011 tornandoci nove anni esatti dopo, mentre in Fondazione eseguii un controllo questo settembre5– e lì scoprii tanto il volumetto quanto la scarsa dimestichezza col francese della curatrice – per rendere l’idea, nell’ultima delle sette brevi lettere, in 17 righe trovai inanellati: incipit col “lei” che evolve tosto in “voi”; personne reso con “persona” invece che con “nessuno” (granchio già emerso in una lettera anteriore, di Celan); raggiungere le plus grand nombre di lettori reso con “un più grande numero” e leur permettre di leggere reso con “permetterle”, a lei-lui Celan dunque.
I documenti editi da Cordibella che avrei spacciato per inediti si riducono a un brano di otto righe da una lettera di Sereni; avessi citato il volumetto, avrei dovuto segnalare tre tempi verbali errati: voudrait reso con vuole, semble con sembri e prie con pregherei. Mi è parso di cattivo gusto citarlo giusto per fare le pulci, e l’ho invece preso in considerazione nel mio Celan in Italia, limitandomi nell’Introduzione a rimandare in nota agli inediti conservati in Fondazione e al Literaturarchiv6.
Quando parla di “rigore”, Reitani non si riferisce alla traduzione di Cordibella, bensì alle sue citazioni in nota degli inediti, fatte secondo un corretto standard accademico. Conosco bene, ebbi a maestro Mario Dal Pra, gran frequentatore-editore di fonti dallo scetticismo greco allo humeano passando per Scoto Eriugena e Abelardo, che raccomandava a precondizione la coerenza rispetto a decisioni tecniche assunte. Ora, stante che il lettore cui mi rivolgo non è una terna di commissari concorsuali, ho osato con judicio: quindi niente bibliografie sesquipedali quando basta citare l’ultimo contributo valido donde il lettore potrà ricostruire la filiera, e niente segnalazioni minute degli autografi quando nel marbachiano catalogo in rete basta digitare mittente e destinatario per avere davanti tutto, o in Fondazione Mondadori consultare il fascicolo Celan i cui documenti cronologicamente ordinati sono facilissimi da individuare7.
1 Nella sua raccolta Sul crepaccio, Anterem Ed., Verona 2014, Reitani se la cava rispettivamente con “scavate più a fondo” e “più a fondo le pale”, dove manca non solo la continuità ma pure il verbo (e il terreno). Al v. 17 intermedio poi traduce er greift nach dem Eisen con “estrae il pugnale”, e al v. 30 er trifft dich mit bleierner Kugel er trifft dich genau con “ti centra col piombo preciso ti centra il suo dardo” compiendo il miracolo di far compiere all’aguzzino la stessa operazione con tre armi diverse: pugnale-pistola-arco. In realtà è “estrae il ferro” inteso come pistola e “ti centra con palla di piombo ti centra preciso”.
2 Ancora Sul crepaccio, egli opta invece per “scontano la colpa” al v. 18 di una poesia la cui traduzione è infarcita di errori sin dal primo verso di due sole parole: Nächtlich geschürzt che significa “Notturnamente arricciate”, riferito alle labbra-labbri di cui è costituito il lembo delle corolle zigomorfe. Celan gioca sul doppio senso, sicché: arricciate “per mostrare disapprovazione, disgusto” (Treccani), mentre Reitani traduce “raggrinzite”, che si dice di faccia o pelle senza valenza psichica; e notturnamente perché le corolle delle labiate si chiudono arricciandosi di notte, mentre Reitani scambia l’avverbio per un aggettivo e traduce “notturne”, come se la distinzione fosse tra labbra notturne e diurne. Ai vv. 6-7 poi con “svegliate per un volo infinito / le cornacchie” incappa in un errore di grammatica traducendo un determinativo con l’indeterminativo “un”, e uno di lessico, in quanto Dohle è “taccola” mentre “cornacchia” è Krähle (cfr. un dizionario tascabile). Altri ai vv. 14-17 e 19-21.
3 “Chi fa sbaglia”, e quanto a Celan un solo curatore-traduttore al mondo conosco esente da errori: Elisa Biagini, “la piacevole sorpresa” che note non ne mette proprio. E “non tutto il male vien per nuocere”: controllando, mi sono accorto di aver tratto a suo tempo il brano nella versione tedesca presente allora in Wiedemann, che si è ricreduta solo nell’ultima ed. 2018 riportando l’originale francese pubblicato su rivista già nel 2001.
4 V. link supra, aggravandola: avrei ricavato non più “buona parte”, bensì “gran parte” senza citare (i.e. preso senza permesso i.e. rubato). L’automatismo che lo domina dev’essere del tipo: se in una nota esplico un riferimento testuale a Sodoma con rinvio a Genesi e questo è in Wiedemann, allora io ecc. ecc.
5 Le date di consultazione sono registrate in entrambi gli archivi. L’interim dedicai alla raccolta dei “ricchissimi materiali” editi ma obliati.
6 La stessa Wiedemann ed. 2018 cita 40 volte l’antologia italiana, quante sono le poesie contenutevi, senza citare il volumetto, forse perché come me ha notato che è incompleto, o perché sa che gli inediti sono patrimonio comune, se l’erede consente. Due i punti (peggio che) deboli della Premessa al volumetto: che Celan non avesse designato un traduttore, quando lo fece per Moshe Kahn a inizio 1969; che la collaborazione abortita tra Zanzotto e Bevilacqua riguardasse una sola poesia.
7 Coerenza di cui non manca Reitani su un altro piano, che chiamerei degli avverbi strategici. Qui, segnalata “l’imminente ripubblicazione” del volumetto “ora ampliato” al punto da “ricostruire la lunga storia che porta nel 1976”, aggiunge: “La stessa vicenda è anche al centro di un volume di Dario Borso, Celan in Italia”; sul “Sole24 ore” all’accusa di plagio con cui concludeva la stroncatura, aveva aggiunto: “Una felice vena creativa emerge invece dalla traduzione di Elisa Biagini”. Fossimo in una pagina di consigli per gli acquisti (ma in parte anche lo siamo), gli avverbi sfiorano la concorrenza sleale.
3 – REPLICA CARTACEO di venerdì 18 dic.
Luigi Reitani sul “Sole24ore” dell’8.XI in 5 righe mi contestò 10 punti in quanto lontani dal suo ideale di stile “medio” (nessun errore, che altrimenti avrebbe segnalato); qui riassume con “scelte traduttive spesso incoerenti e opinabili” (NB “spesso”).
Su tysm.org del 23.XI non avevo replicato a 2 obiezioni: l’una circa un celebre Lied romantico che ignorerei (dimostrando però non trattarsi del Lindenbaum); l’altra circa “discontinuità nel tradurre le stesse espressioni”, con rinvio a p. 47, Fuga di morte, dove l’aguzzino al v. 16 comanda stechttieferinsErdreich e al v. 18 stechttieferdieSpaten, da me resi con “scavate di più il terreno” e “affondate di più le pale”, perdendo così la ripetizione di stecht. Purtroppo stechen è sia intransitivo, v. 16, sia transitivo, v. 18, e manchiamo di un verbo analogo. In Sul crepaccio, Anterem 2014, Reitani traduce “scavate più a fondo” e “più a fondo le pale”, perdendo non solo continuità ma pure verbo e terreno. (Al v. 17 traduce er greift nach dem Eisen con “estrae il pugnale” e al v. 30 er trifft dich mit bleierner Kugel er trifft dich genau con “ti centra col piombo preciso ti centra il suo dardo” attribuendo all’agente la stessa azione con tre armi diverse: pugnale-pistola-arco: in realtà è “estrae il ferro” i. e. pistola e “ti centra con palla di piombo ti centra preciso”).
L’obiezione più grave era aver io “persino” tradotto “pagano il fio” riferito agli ebrei, reso da Reitani con “scontano la colpa” (v. 18 di Nächtlich geschürzt, “Notturnamente arricciate”, di labbra-i delle labiate, da lui reso con “Notturne raggrinzite” commettendo due errori, cui segue ai vv. 6-7 uno “per un volo infinito / le cornacchie” quando è “il volo” e “taccole [Dohlen]”, mentre cornacchia è Krähle come da diz. tascabile). Eppure un passo analogo de L’uomo Mosè è reso con “hanno pagato il fio” in S. Freud, Opere XI, Boringhieri 1977, da traduttori supervisionati da R. Colorni, e Reitani nel 2006 elogiò tale edizione stroncando in 2 recensioni la nuova a cura di M. Ranchetti per più scelte lessicali, un paio di lapsus e plagio ai danni di Colorni stessa, passata alla direzione dei Meridiani Mondadori.
Ora in 2 recensioni egli mi contesta più scelte lessicali ma nessun lapsus, quando invece alla penultima riga di p. 197 prendo Hirten-pastori per capre (Deogratias 8 righe sopra con capre traduco Ziegen, sicché il lettore scuserà il lapsus animalista).
Purtroppo in entrambe Reitani avanzaa un’accusa di plagio, aver io preso da Wiedemann senza dirlo “gran parte” dell’apparato di note. Ora, codesto ammonta a 49.290 battute, di cui: 48% mie; 37% BonnerAusgabe (ed. critica con date e varianti); 15% Wiedemann – NB provenienti da 20031 e ormai largamente citate dagli studiosi, sicché, se in mie 3 curatele (2010, 2011, 2016) menzionai Wiedemann, ora lo faccio solo nel gemello specialistico Celan in Italia: secondo me basta e avanza.
Ora si aggiunge l’accusa di aver io fatto “passare come inediti i documenti presentati, senza menzionare” G. Cordibella, Il carteggio Celan-Sereni, L’Obliquo 2013 (300 copie, di cui 130 con tavola di E. Isgrò).
La mia ricerca sulla ricezione italiana si svolse in Fondazione Mondadori dall’8.XI.201 al 25.I.2011; al DLA di Marbach lavorai nel luglio 2011 tornandoci 9 anni esatti dopo, mentre in Fondazione tornai questo settembre – e lì scoprii sia il volumetto, sia la scarsa dimestichezza col francese della curatrice. Per rendere l’idea, nelle 17 righe dell’ultima delle 7 letterine, trovai inanellati: incipit col “lei” mutato tosto in “voi”; personne reso con “persona” invece di “nessuno” (granchio già emerso in una lettera anteriore, di Celan); raggiungere le plus grand numero di lettori reso con “un più grande” e leur permettre di leggere reso con “permetterle”, a lei-lui Celan dunque.
I documenti che avrei spacciato sono un brano di 8 righe da una lettera di Sereni; citando il volumetto, avrei dovuto segnalare 3 tempi verbali errati: voudrait reso con vuole, semble con sembri e prie con pregherei. M’è parso di cattivo gusto, sicché l’ho citato solo nel mio Celan in Italia. (Wiedemann 2020 cita 40 volte l’antologia italiana senza rinviare ad esso, forse perché l’elenco vi è incompleto).
Parlando di “rigore”, Reitani intenderà le citazioni in nota, fatte secondo un corretto standard accademico. Conosco bene, ebbi a maestro M. Dal Pra, gran frequentatore-editore di fonti dallo scetticismo greco allo humeano passando per Scoto Eriugena e Abelardo, che raccomandava anzitutto coerenza rispetto a decisioni tecniche assunte. Ora, stante che il lettore cui mi rivolgo non è una terna di commissari concorsuali, ho osato con judicio: niente bibliografie sesquipedali, bastando citare l’ultimo contributo valido per ricostruire la filiera, niente segnalazioni minute degli autografi quando digitando nel catalogo DLA mittente e destinatario compare tutto, o consulando in Fondazione il fasc. Celan basta seguire l’ordine cronologico dei documenti ecc.
4 – RETTIFICA ON LINE di lunedì 21 dic.
Circa l’affermazione di Luigi Ritani secondo cui il sottoscritto in P. Celan, L’antologia italiana, “ricava gran parte del suo apparato di note da B. Wiedemann senza dichiararlo”, rettifico quanto segue:
L’apparato, scandito in 48 blocchi quante sono le poesie, assomma a 49.290 battute di cui: il 48% mie; il 37% desunte dalla Bonner Ausgabe; il 15 % da P. Celan, Die Gedichte, a cura di Wiedemann, 2003.
Dalla BA (16 voll. ultimati nel 2018), che cito in testa all’apparato, desumo le date e le varanti più significative, che riporto in originale con traduzione mia tra parentesi quadre (forse la percentuale andrebbe perciò dimezzata); da Wiedemann desumo soprattutto appunti e brani di lettere trascritte direttamente da documenti inediti (anche qui da me riportati in originale e tradotti), che ormai sono diventati patrimonio comune degli studiosi, sicché, se nelle mie tre curatele passate (2010, 2011, 2016) ho menzionato Wiedemann, ora lo faccio solo nel più specialistico gemello Celan in Italia: secondo me basta e avanza.
Siccome però non basta a Reitani, procedo esemplificando col blocco di note più ampio in assoluto (pp. 196-7, sulla poesia Shibboleth): 3.440 battute, di cui il 31% mio, il 23% dalla Bonner Ausgabe, il 46% da Wiedemann (record che presuppone altri blocchi con sua presenza minima).
Tale 46% è quasi totalmente occupato da brani di due lettere, a Chiva (670 battute) e a Kirchhoff (610 battute). Wiedemann trascrive questa dall’autografo, traduce la prima da fonte francese già edita da altri, e io riporto la sua versione tedesca (sostituita con l’originale francese solo nell’ed. 2020). Fortunatamente questo errore redime un lapsus, ché nella citazione da Chiva traduco Ziegen con capre, e subito dopo in quella da Kirchhoff Hirtenstimmen con (voci di) capre invece di pastori. Il lettore benevolo capirà, Reitani forse no, tanto più che la sua malevolenza è tale da conteggiare nella “gran parte” note mie ossia di dominio comune (sui rimandi biblici, su Dolfuss filofascista ecc.) che, siccome presenti anche in Wiedemann, io avrei ricavato da lei.
