La nomina di Teo Luzi al vertice del’Arma dei Carabinieri ci da diritto a sognare

Il miracolo (e non quello di San Gennaro che forse più di un politico campano si augurava avvenisse, favorendo la nomina di un conterraneo se non di un parente) è avvenuto e, a guidare l’ancora grande famiglia dell’Arma, sale il miglior comandante possibile.
Sale per suo merito (come dicono sia sempre avvenuto da quando arrivò 1° al corso dell’Accademia di Modena dove era entrato nel 1978, l’anno in cui, mai dimenticarlo, veniva ucciso Aldo Moro e le Brigate Rosse sembravano prevalere), libero di completare la carriera (cosa deve desiderare di più un vero carabiniere?) da ogni vincolo di cordata o “gratitudine” al politico prevalente di turno.
Il nuovo comandante è un militare estraneo soprattutto a quegli ambienti spesso (se non sempre) caratterizzati da interessi divergenti da quelli superiori della Nazione.
Questa volta nel Palazzo hanno dovuto, paradossalmente condizionati dai veti incrociati e dalla mediocrità di alcuni altri aspiranti, scegliere il migliore.
E questo ci da diritto, in tempi terribili (non solo per la pandemia ma per il dilagare di forme evolute di organizzazioni mafiose), di sognare.

Sognare di arrivare, con il concorso determinante dell’Arma dei Carabinieri, a vedere mettere in piena luce la parte che tende ad essere invisibile della criminalità quasi fosse lei stessa una “Luna Dicotomica“, con una faccia presente ma, per sua natura, nascosta. Come, solo un anno addietro (era il novembre 2019 con il libro La rete degli Invisibili) è arrivato a dire il duo degli autori Nicola Gratteri e Antonio Nicaso a proposito della ‘ndrangheta e della sua capacità di prosperare nell’era digitale, dove far scorrere meno sangue per dedicarsi, con sempre maggiore abilità mimetica, a tessere più trame sommerse. E contro queste abilità da tessitori di trame complesse, sogniamo di vedere in campo, determinata e agguerrita, l’Arma. Forte a sua volta di un Comandante amato, rispettato, esperto come chi conosce bene Luzi, è certo che sia.
Buon lavoro Comandante.
Oreste Grani, Alberto Massari e la redazione tutta