La magistratura nell’occhio del ciclone? Siamo solo all’inizio. Direi di andare a rievocare due nomi: Chiara Schettini e Paolo Adinolfi

Una attenta (come dovrebbero essere tutti i cittadini consapevoli) lettrice mi segnala l’articolo (che riporto a seguire) descrittivo del tanfo di fogna che aleggiava intorno al Tribunale Fallimentare di Roma sin dal 2013. Il pezzo lo scrisse una fuori classe del giornalismo italiano quale è stata Rita Di Giovacchino che il maledetto COVID ci ha portato via qualche ora addietro. Quello stesso articolo era stato scelto dal vostro Leo, il 4 gennaio 2014 (ma chi mi leggeva allora?) per aprire un ragionamento sui tribunali fallimentari (e implicitamente sulla intera magistratura italiana) spesso veri luoghi di formale malaffare utile a tenere a stretto contatto soprattutto di interessi economici della criminalità e dei giudici.
Mi interessavo di quel tipo di magistratura (civile e fallimentare) per più e articolati motivi ma in modo particolare in quanto certo che la sparizione/omicidio del giudice (lui onesto e per questo tolto di mezzo) Paolo Adinolfi fosse maturato in tale groviglio bituminoso. Anche il Caso Adinolfi caratterizzato da tentativi di depistaggio e messa in sordina, e infatti nodale per la storia della Repubblica. Comunque, e spero di non sbagliarmi, non tutto il male viene per nuocere e in questo clima di oscenità che riguarda la magistratura potrebbe succedere che qualcuno “se la canti” e finalmente sapremo da chi e perché è stato ammazzato Adinolfi.
Io quel che poco che potevo fare a suo tempo, penso di averlo fatto. Il resto è nelle mani degli ultimi onesti. Anche per onorare Rita Di Gioacchino.
Oreste Grani/Leo Rugens
PERCHÉ CHIARA SCHETTINI (TRIBUNALE FALLIMENTARE DI ROMA) RISCHIA DI AGGRAVARE LA SUA SITUAZIONE GIUDIZIARIA CON DICHIARAZIONI TANTO CALUNNIOSE?
Inizio citando il Dr Antonio Giangrande presidente della ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE:
“Basta fallimenti truccati promossi dal sistema di potere, che distruggono aziende sane. Basta caste professionali, che gestiscono con arbitrio la svendita dei beni per arricchirsi alle spalle dell’indifeso cittadino imprenditore”.
Rita di Gioacchino, studiosa di realtà complesse, esperta e competente giornalista (http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/rdigiovacchino/), ben introdotta negli ambienti giudiziari romani, a proposito dell’interrogatorio di 60 pagine reso alla magistratura dall’ex giudice Chiara Schettini si è così espressa:” … uno spaccato devastante del sistema di corruzione del Tribunale fallimentare di Roma”. “Spaccato devastante“, espressione inequivocabile. Ora ci aspettiamo che la “devastazione”, faccia tabula rasa del sistema delinquenziale denunciato, con chiamate di correità circostanziate, dalla detenuta eccellente, già giudice delegata, Chiara Schettini. In un Paese dove fallisce una piccola o media impresa ogni due ore (avete letto bene!), ci si dovrebbe aspettare, come scelta di politica strategica, almeno un azzeramento dei vertici del Tribunale in oggetto se non, quando le nuove leggi lo dovessero consentire, qualche “fucilazione alla schiena”. In guerra, e l’Italia lo è da troppi anni, questa forma punitiva si usa per i traditori dello Stato. Passatemi l’eccesso ma, se si pensa a quanta sofferenza questa gentaglia ha provocato, alimentando ingiustizie, dando il via a rovine morali ed economiche, l’idea di eliminarli (almeno metaforicamente) si fa strada. Oltre, non è opportuno che un incompetente (quale sono), vada. Viceversa, nella materia che è più mia, mi sovviene che il padre della dottoressa, l’avv. Italo Schettini, fu giustiziato dalle Brigate Rosse, il 29 marzo 1979. Nove giorni dopo l’assassinio di Mino Pecorelli e nove giorni prima della retata denominata “7 Aprile”. Lei aveva 14 anni e assistette, drammaticamente, all’esecuzione. Se ben ricordo, di lui, i proletari armati, non pensavano un “gran bene”. Schettini aveva fama di accaparrarsi case alle aste giudiziarie e da quei beni “legittimamente” acquisiti, sfrattare i non abbienti. Niente che potesse giustificare un’esecuzione crudele e in grande stile (mi sembra che ci andarono in sei ad accopparlo) come quella che gli fu dedicata ma… leggete le modalità con cui la signora degli spolpamenti giudiziari ha agito e ditemi se è mai possibile che il mondo sia talmente sottosopra che “le colpe dei figli ricadano sui padri”. Sapevo che, ingiustamente, fosse il contrario!
Di seguito potete leggere l’articolo di Rita di Gioacchino e, soprattutto un blog (fallimentareroma.wordpress.com) che, inascoltato, denunciava questa “bolgia satanica” da molti anni. Come vedete le fonti aperte e un po’ di text mining potrebbero fare la differenza per una giustizia giusta e la sicurezza dei cittadini.
Leo Rugens
APPROFONDIRE LE DICHIARAZIONI “CALUNNIOSE” DI CHIARA SCHETTINI. RIAPRIRE LA CACCIA (CON IL MASSIMO IMPEGNO) AGLI ASSASSINI DEL GIUDICE PAOLO ADINOLFI
Due storie professionali diversissime; sullo sfondo due contesti criminali, simili; stessa location dove svolgevano l’attività di magistrato.
Il 4 gennaio 2014 Leo Rugens si è occupato del giudice del Tribunale Fallimentare di Roma, Chiara Schettini, pubblicando il post “Perché Chiara Schettini (Tribunale Fallimentare di Roma) rischia di aggravare la sua situazione giudiziaria con dichiarazioni tanto calunniose?” che è stato letto (senza essere mai smentito nei contenuti) da un numero così elevato di cittadini utenti del web che se oggi si digita, nei principali motori di ricerca, il nome “Chiara Schettini” il pezzo, firmato Leo Rugens, esce ai primi posti nelle schermate dedicate alla classificazione delle notizie attinenti quella vicenda scandalosa. Come ho avuto modo di accennare nell’articolo del 4 gennaio u.s., la vita di Chiara Schettini è stata fortemente influenzata dalla tragica morte del padre ad opera delle Brigate Rosse a cui la ragazzina assistette. La Schettini, legittimamente, può essere cresciuta psichicamente fortemente segnata dalla tragedia vissuta. Forse, la Schettini non avrebbe dovuto fare il giudice se nel tempo avesse dato segni di squilibrio mentale. Comunque, quasi fosse la trama di un film dell’orrore in cui chi accusa sembra “pazzo”, sarebbe interessante sapere che fine abbiano fatto le gravissime chiamate di correità che la signora giudice, una volta arrestata, si era messa a fare. Le famose 60 pagine di dichiarazioni giurate citate dalla giornalista Rita Di Gioacchino, ai primi dell’anno 2014, sarebbe, comunque, materia estremamente interessante e utile da far conoscere ai cittadini. Le dichiarazioni, sia pur sotto stress detentivo, fatte da Chiara Schettini, potrebbero, se opportunamente approfondite e scremate da eccessi dovuti alla personalità dell’imputata, portare i migliori specialisti del giornalismo giudiziario, a eclatanti scoperchiamenti di pentoloni “giudiziari” dove, da troppi anni, si dice che, nelle ribollite, cucinate a Viale Giulio Cesare, accada di tutto a discapito della Giustizia giusta e del dettame costituzionale. Come ben doveva aver scoperto il giudice Paolo Adinolfi, scomparso senza lasciare traccia e senza che venga, almeno in occasione dell’anniversario della sua morte (il giorno in cui uscì, da via Slataper 3 a Roma per recarsi a Milano da un collega fidato di fatto, lo si può considerare, il giorno del suo decesso) ricordato dalle autorità politiche che negli anni si sono alternate alla guida del Ministero di Via Arenula. Paolo Adinolfi non è un eroe per nessuno se non per i familiari. Così come non lo è il colonnello del SISMI, Mario Ferrario.
Io, invece, seguendo lo schema investigativo che ancora una volta pubblico, ritengo che, non solo Paolo Adinolfi sia caduto nell’adempimento del suo dovere di magistrato ma anche il colonnello Mario Ferrari (che risulta aver indagato sulla scomparsa del giudice) vada considerato “ucciso” da professionisti abilitati a compiere, nell’ambiente, operazioni bagnate e non “suicidatosi” per arzigogolati e improbabili moventi.
In particolare modo, mi colpisce, da sempre, nella vicenda Adinolfi, il legame tra la sua morte e gli ambienti facenti capo ad una comitiva di ex ragazzi/amici (non troppo per bene) cresciuti in un centro minore (Fiuggi) dove tutti si conoscevano e dove la banda di criminali che nel tempo si era consolidata, per scelte di vita e affaristiche, vedeva personaggi di primissimo livello della politica e della dirigenza del Paese (Lorenzo Necci ad esempio) e spregiudicati abili truffatori (i fratelli Giorgio e Giovanni Paolini ad esempio) sistematicamente soci nelle più diverse attività speculative.
Lorenzo Necci, a prescindere dalla omelia assolutoria che il vescovo Vincenzo Paglia gli volle dedicare in occasione del funerale “religioso” (bizzarra scelta visti i convincimenti del Necci), era persona, molto intelligente, ma frequentatore di personaggi dediti al disegno criminoso e di questo doveva essersi accorto Paolo Adinolfi scoprendo rizomi, “invisibili” agli occhi dei profani, che partendo da Fiuggi, come solo l’acqua sa fare, arrivavano, fino nel cuore di Roma Capoccia. Adinolfi doveva aver scoperto qualcosa di “romano” che, a quella data, era difficile da affermare in sede giudiziaria. Pensò quindi di fidarsi di un collega “milanese” in modo da girare al largo (da Roma e dalla Ciociaria) visti gli esiti dei riscontri investigativi a cui stava lavorando. Che la storia fosse gravissima e implicanti personaggi di primo piano del potere politico è dimostrato dalla scelta fatta di compiere un omicidio (reato sempre gravissimo ma estrema ratio nel caso di un giudice) quale soluzione/contrasto al rischio che il sodalizio stava per correre. Chi ha ucciso il Giudice Adinolfi (reato punibile con l’ergastolo) non poteva essere solo preoccupato delle conseguenze di bancarotte (sia pur gravi e fraudolente) che, in Italia, con buoni avvocati si sono sempre risolte. Uccidere Adinolfi aveva come fine ultimo coprire un segreto inconfessabile. Chi ha ucciso il giudice Adinolfi, ubbidiva ad ordini superiori. E chi ha dato l’ordine di ucciderlo, evidentemente, si poteva permettere di dare un ordine così impegnativo. Se fossero stati scoperti, ergastolo certo per gli assassini di Adinolfi; ergastolo certo per quelli di Ferrario; ergastolo certo per i mandanti. Forse è ora che chi di dovere, scusandosi pubblicamente per i ritardi e i silenzi, dica al figlio del giudice che le autorità competenti hanno deciso di ridare la caccia agli assassini di suo padre. E così facendo, cortesemente, provare ad ipotizzare che Mario Ferrario non si sia suicidato. Il colonnello del Sismi, non è stato trovato appeso ad una trave, non si è buttato dal muraglione del Muro Torto, non si è sparato con la pistola d’ordinanza ma, semplicemente, è stato trovato soffocato/strozzato dalla cintura dell’accappatoio legata al termosifone di casa.
Veramente è troppo. Soprattutto è troppo offensivo continuare a parlare di cambiamento, di apertura degli armadi, di rimozione dei segreti di Stato e continuare a coprire, con l’inerzia, le oscenità connesse al saccheggio della cosa pubblica che sono sotto intese a questi avvenimenti criminosi. L’appello rivolto alla pubblica opinione, da una trasmissione RAI, dal figlio di Paolo Adinolfi, merita che si riaprano, immediatamente, con il massimo impegno, le indagini.
Oreste Grani
CHI HA UCCISO IL GIUDICE PAOLO ADINOLFI?
I lettori di Leo Rugens sono, giustamente, attratti dal post “PERCHÉ CHIARA SCHETTINI (TRIBUNALE FALLIMENTARE DI ROMA) RISCHIA DI AGGRAVARE LA SUA SITUAZIONE GIUDIZIARIA CON DICHIARAZIONI TANTO CALUNNIOSE?“ dedicato alle oscenità che venivano commesse, anche in tempi recenti, al Tribunale Fallimentare di Roma. Alla luce di tanta legittima curiosità intorno a vicende che descrivono un clima torbido in una sede demandata a fare giustizia, sento il dovere di tornare sul racconto fatto il 2 gennaio 2013 sotto il titolo “QUESTA VOLTA SILVIO BERLUSCONI HA RAGIONE: IL COMPLOTTO ESISTE MA …“ Dichiaro subito, per non fuorviare i soliti pochi ma attenti lettori, l’assoluta assenza di qualunque legame tra associazione delinquenziale a cui fa riferimento, oggi, la dottoressaChiara Schettini e quella che, anni addietro, si deve essere fatta promotrice della eliminazione del povero e onesto giudice Paolo Adinolfi e di chi, coraggiosamente, ha continuato ad agire perché la verità venisse a galla. Altra gente, altri servitori dello Stato, altri delinquenti ma stesso luogo e stessa materia scottante: i “fallimenti”.
Possibile che di molti delitti o oscure “sparizioni eccellenti” si debba ormai sapere quasi tutto e che, viceversa, degli assassini di Paolo Adinolfi non ci debba essere traccia?
Lo schema “investigativo” che ancora una volta pubblico, potrebbe o, meglio, dovrebbe dare un contributo alla soluzione del caso “freddo”. Come certamente sapete, per i reati quali l’omicidio, non è “mai troppo tardi”, per cercare il colpevole. Che qualcuno ci provi.
Leo Rugens
Chi si rivede! L’amico della monaca di Monza!
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/quot-loggia-quot-ungheria-svelata-piero-amara-quale-268909.htm
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Mi viene in mente che la buonanima di Catricala’ abitava in via Bertolini, a due passi da piazza Ungheria (dove, infatti, è stata celebrata la messa funebre)
https://roma.metropolitanmagazine.it/roma-domani-i-funerali-di-antonio-catricala-ai-parioli/
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Bertoloni. Bertolini è il lievito. Buon giornata amica cara.
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Il T9 mi tradisce spesso. Conosco bene la via Bertoloni, per ovvi motivi.
Chissà se davvero vi si aggiravano quegli stessi (compreso l’ex iena-sorcio Dino Giarrusso) che si davano da fare in quel di Siracusa intorno alla APROM
https://www.siracusanews.it/esclusiva-tra-i-40-della-loggia-ungheria-anche-sandro-ferraro-il-faccendiere-del-sistema-siracusa-e-indagato-a-perugia/
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Calafiore …
https://www.siracusanews.it/le-iene-processo-siracusa-lavvocato-calafiore-difensori-degli-inviati-italia-uno/
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Arrestato il primo avvocato, si va a processo con un altro
https://www.libertasicilia.it/siracusa-il-servizio-de-le-iene-il-comune-e-cosa-loro-finisce-alle-sbarre/
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leo rugens sfrugulia e lo sventurato fanciullo risponde anche con riferimento a atti giudiziari su cui è stato imposto il sonno dell’ingiustizia e della vergogna:nel mese di febbraio 1994 l’allora capo di un ufficio giudiziario ha avvertito il sottoscritto tramite terza persona di ” guardarsi le spalle ” poichè i servizi igienici incattiviti ” ex se ” e per mandato del quartetto andreotti-pci-craxi-cnr avevano attivato ahumme pedinamenti ed intercettazioni come avevo già intuito; il tre luglio 1994 il compianto e perbenissimo adinolfi ha fatto la fine annunciata cinque mesi per il sottoscritto; ho soprasseduto di avvertire il procuratore di perugia,anche massone,stante una precedente ardimentosa archiviazione in relazione ad una irrisolta strage ed ho provveduto diversamente salvando la ” ghirba “;per schettini padre aggiungo che ho molto da discutere sulla pseudo matrice pubblica attesochè una persona intelligente come sica ha affermato che le sedicenti brigate rosse ( obbligatorio il carattere minuscolo stante il liquame contenuto) avevano iniziato a fare i picciuli trasformandosi in una agenzia criminale con tariffario a me ignoto
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Leo fa il suo mestiere . E dicono che lo sappia fare. Come la corrispondenza illuminante di pietro.vecchio conferma. Grazie e andiamo avanti. O.G. personalmente
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