A difesa del piccolo Donatello D’Orazio e nel ricordo di sua madre Luana si prendano iniziative

Qualche giorno addietro, disgraziatamente preveggenti, abbiamo posto il problema della sicurezza e della salubrità del lavoro, non in Nigeria ma nell’ex rossa, evoluta, forse per alcuni anche ricca, Toscana. Lo abbiamo fatto prendendo spunto e dando spazio ad alcune notizie di cronaca giudiziaria (LA MAFIA? NON ESISTE. TANTO MENO LA ‘NDRANGHETA. SOPRATTUTTO IN TOSCANA) e alla posizione etica, morale, culturale di un imprenditore, Alessandro Quadri (ALESSANDRO QUADRI E IL MONDO PRODUTTIVO DI MALEDETTI TOSCANI) che, in quella occasione, ci ha scritto. In presenza della morte ingiusta e incivile di Luana D’Orazio (donna giovane e bella, coraggiosa madre di un bambino di soli cinque anni) torniamo sul tema della sicurezza nei posti di lavoro e su come questa Italia, se vuole girare pagina (a questo, tra l’altro, Presidente Mario Draghi, devono tassativamente servire i soldi in arrivo) debba, senza alcuna ambiguità, decidere che Luana è stata l’ultima persona a morire straziata in un capannone che mi appare luogo residuo di quei posti di lavoro, le filande e altri impianti consimili, dove negli anni, in troppi, sono stati obbligati (quando si ha bisogno di questo si tratta) a lavorare a proprio rischio.
Non sta a noi cercare i perché tecnologici (una fotocellula non ha bloccato istantaneamente la macchina?) di questa morte crudele (spero che tutti vi immedesimiate, anche per un solo minuto, nelle modalità dello strazio) ma guai se anche da questo marginale e ininfluente blog non si dovesse alzare un grido contro qualunque ipotesi di ulteriori simili episodi. E al tempo la proposta di qualcosa di concreto perché l’intera comunità produttiva toscana (certamente quella del comparto abbigliamento) adotti formalmente il piccolo Donatello, doppiamente vittima innocente di quanto accaduto. Incidente (ma che altro nome dare?) che, comunque, non non non doveva accadere.
Oreste Grani/Leo Rugens
Oreste buongiorno, dobbiamo fare qualcosa, pronto e disposto a parlarne in modo concreto.
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Nonostante la monumentale legislazione in materia di sicurezza e nonostante lo spauracchio dei controlli , si continua a morire sul lavoro in occasioni molto simili a quelle del passato. Spesso quella legislazione di cui ho detto, ha imposto limiti e costi assurdi senza andare a risolvere i problemi veri, accontentandosi a mio avviso dell’apparenza. Che vuol dire? Significa ad esempio che spesso viene dato peso a documentazione cartacea fatta un pò col “copia incolla” senza verificare a priori la conformità di quanto dichiarato. Nelle azienda a volte avvengono cose assurde tipo acquistare un macchinario a norma e poi rimuoverne le protezioni perchè ci si accorge che impediscono la corretta esecuzione delle lavorazioni…..e ciò con una sorta di tacito accordo fra imprenditore e addetti alle lavorazioni.
Quindi che dire…. per esempio, lo Stato, (quello con la S maiuscola) invece di vessare le imprese, potrebbe farsi carico di spendere bene i nostri soldi pagando chi deve fare i controlli in modo da fare consulenza preventiva all’azienda in modo che quest’ultima possa poi, con i propri consulenti, mettere in pratica le prescrizioni di sicurezza in modo semplice e sicuro. Troppa carta, troppi costi, troppa burocrazia inutile e troppe responsabilità buttate addosso alle imprese senza uno Stato che sappia aiutare e controllare…… una vera schifezza!!!
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Per non “limitare” il ns. intervento solo alle solite frasi di circostanza…….forse e’ giunto il momento di agire anche concretamente a questo “SFASCIO” totale della ns. societa’.
Per troppi anni vi e’ stata una totale indifferenza verso il mondo della piccola/media imprenditoria che, lungi dall’avere giustificazioni per le leggerezze sulla sicurezza sul lavoro di cui si legge giornalmente, ha subito il completo disinteresse delle i”stituzioni” repubblicane.
Ormai la piccola imprenditoria e’ “INCHIODATA” norme burocratiche e legacci tali che impediscono una sana gestione delle aziende, nulla producendo che lutti, sia fisici che economici……….SPIANANDO LA STRADA anche ad infiltrazioni criminali che , ormai, si sono impadronite del tessuto produttivo del paese……….e a cui nulla importa se non produrre “REDDITO DA RICICLO”….altro che norme sul lavoro……
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Lo strazio per quanto accaduto deve essere seguito da pensieri ed azioni che siano soluzioni durature. Perché l’indignazione non sia la, seppur lodevole, manifestazione pubblica di dolore è necessario agire e costruire le condizioni per evitare il ri-presentarsi del problema.
Il tema della sicurezza in ambito lavorativo è importantissimo ma credo sia corretto domandarsi anche quali ambiti lavorativi sentano il peso del controllo statale e quali, invece, no!…e perché!
La partecipazione al dolore di questa famiglia distrutta è d’obbligo come d’obbligo deve essere l’assunzione di responsabilità civica nel sostenerla.
Un’appello alle istituzioni è assolutamente doveroso e…un’appello di molte voci non potrà che sentirsi con più chiarezza.
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assolutamente daccordo………muoviamoci tutti
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Mentre una famiglia deve elaborare un lutto “insensato” (io credo che siano pochi i lutti ad avere un senso se escludiamo quelli per “tempi decorsi”) allo Stato tocca elaborare un problema.
Il problema sembrerebbe semplice (anche se articolato) se, con poca attenzione, ci soffermiamo all’aspetto delle morti bianche, drammatiche sicuramente, ma prevenibili e controllabili con i controlli per la sicurezza in ambito lavoro.
il problema diventa spinoso se ci soffermiamo a pensare a quali imprenditori (e ci sono) si preoccupino della sicurezza dei lavoratori e a quali, invece, possono tranquillamente “soprassedere” agli adempimenti.
l’indignazione per quanto è accaduto deve essere motore di un obbligo morale e materiale pubblico per aiutare chi oggi soffre ma non può essere messa nel baule dei ricordi quando il tempo sfumerà il ricordo.
Mi auguro che il dolore sia motore perché quanto accaduto non accada più, anzi, perché non ci siano più le condizioni perché possa accadere…e che le condizioni di sicurezza necessarie siano PER TUTTI!!!
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daccordo su tutto muoviamoci presto
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Nonostante la monumentale legislazione in materia di sicurezza la gente continua a morire come nel secolo scorso! In effetti a fronte di norme pesanti e costose non viene ricercata l’essenza della vera sicurezza in azienda. Spesso accade che dopo un acquisto di macchinari a norma “qualcuno” rimuove le protezioni per poter lavorare in quanto queste limitano lo svolgimento delle fasi di lavoro!!!!! Ovvio che nessuno si è mai calato nella realtà di tutti i giorni. Forse uno Stato (con la S maiuscola) potrebbe invertire le questioni fornendo consulenza preventiva a chi volesse impiantare un’azienda e poi lasciare agli imprenditori la responsabilità insieme ai loro consulenti di mettere in pratica le prescrizioni. Ma forse così è troppo facile….. questa è la differenza fra “autorità” e “autorevolezza”……..di Mazziniana memoria…
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Gentile lettore, capisco sia la passione sia la cultura che animano e ispirano il suo commento anzi giudizio; non c’è dubbio che il ritmo di tre morti per cause di lavoro al giorno indichino che lo Stato, e non solo, abbia fallito nel compito di tutelare la vita e la salute dei cittadini. Ricordo che negli anni Settanta, l’ENPI produceva addirittura dei 45 giri nei quali, sotto forma di storiella per bambini, si narravano i rischi che occorrono sui luoghi di lavoro: non portare catenelle o sciarpe vicino a macchinari con ruote o ingranaggi, per esempio. Colgo il suo suggerimento finale con molto favore, permettendomi di aggiungere che altrettanto lo Stato dovrebbe educare i futuri lavoratori a una cultura della sicurezza che faciliterebbe e di molto il compito a tutti.
Grazie per l’attenzione e apresto
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La storia di Luana ci addolora e, di certo, le classiche frasi di circostanza, sentite e risentite questi giorni, non colmano il vuoto che questa perdita ha significato alla sua famiglia e al piccolo Donatello. Credo che questa morte ingiusta, debba ( e non a caso uso il verbo DOVERE) farci riflettere sulle condizioni di lavoro a cui migliaia di ITALIANI sono sottoposti. Credo, altresì, che noi tutti, in nome di una coscienza collettiva, non possiamo ignorare la questione. Spero che in futuro non ci siano altre Anna, Giuseppe o Chiara a cui tocchi in sorte lo stesso doloroso destino di Luana. Lavorare è un diritto, vivere lo è ancor di più.
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