La vita non solo è un lampo ma è una pratica culturale. O non è niente

In questo primo quinto di secolo (ringrazio chi di dovere di avermelo lasciato vedere) si è diffusa in alcuni pensatori complessi la convinzione che i grandi valori che avevano segnato la modernità siano ormai saturi. Anzi, per essere ancora più vicini a quanto percepisco (ma ovviamente mi posso sbagliare) questa preoccupazione si prepara a diventare sempre più popolare. È come se alcuni imperativi categorici, come il progresso e una qualche fiducia nell’avvenire, non siano più elementi determinanti della nostra esistenza.
Anche l’attacco pandemico (con ciò che sta mostrando) va in questa direzione. Metaforicamente parlando (e sapete che mi aggrappo spesso alle metafore dove i miei limiti culturali mi appesantiscono) è come se Prometeo stesso fosse messo in discussione. E quando scrivo Prometeo, come certamente sapete, intendo colui che nella mitologia sottrae il fuoco agli dei. Prometeo è nella metafora mitologica l’emblema dell’energia indispensabile ad un futuro dominato dalla produzione. Certo che molti (direi troppi), semplificando e per calcolo, continuano a organizzare il vostro futuro in chiave produttiva, allontanandovi con ogni modo, lecito e illecito, dalla contemplazione (e quindi dal rispetto) del mondo in quanto tale. La pandemia (con ciò che ci obbliga a constatare), per non lasciare solo morti dolorose, spero consenta, paradossalmente, un rallentamento del fare e il comparire di una qualche trasfigurazione del produttivismo consentendo, davanti a tanto dolore diffuso e capillare, l’irrompere di una auspicabile atmosfera emotiva, di qualcosa che subentri al calcolo, alla fredda produzione, consentendo al sentimento di sostituirsi alla convinzione razionale economicistica. Non dico che, scimmiottando il gigante Goethe, si debba arrivare a pensare che “il sentimento è tutto” ma mi piacerebbe che poco ci mancasse.
Questo perché, invecchiando (il post è un tenero omaggio ai miei anni ormai trascorsi) e dovendo fare i conti con gli avvenimenti determinati dalla cattiva politica e dall’economia di alcuni contro altri, mi ritrovo attratto sempre più da termini come estetico ed estetizzante, dovendoli difendere anche in me dalla connotazione negativa che sembra accompagnarli. Ed invece (e qui mi rallento accorgendomi che mi inoltro in un campo ipercomplesso che mastico male), il termine estetico, se non erro, etimologicamente non manca di valore etico. E sopratutto (e per questo oggi mi regalo una visita al lago) perché ciò che tende all’estetico evoca, stimola, obbliga ad una strategia peculiare: dominare meno il mondo e goderne di più. Non solo. Quello che è bello penso allontani dall’individualismo e suggerisca una condivisione spirituale: posso sentire solo insieme con altri.
Almeno, in 74 anni, questo ho imparato. E mentre scrivo insieme penso, a cerchi concentrici, a mia moglie, a mio figlio lontano, agli amici cari e fidati, a tutti gli altri, ovunque essi vivano. Tutti in una “leganza” propria delle pratiche culturali. Perché, sentite a me che un pezzo di strada l’ho percorso, la vita è una pratica culturale. O non è niente.

Orestino Granetto
Auguri di buon compleanno!….e di lolngeva e prolifica vita intellettuale.👍
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Tanti auguri caro Oreste!
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Ciao Oreste! Tanti auguri!!
Quello che dici è vero. Lo penso anch’io!
🥰
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AUGURONI ANCHE SE IN RITARDO sig Grani, la seguirò sempre, il 24 mi vaccino lo faccio solo perché ho un nipote di 1 anno e mezzo, e mia figlia vuole che lo faccia.
Nn sono d’accordo sono un no Vax convinto, ma se lo chiede la figlia….
Un abbraccio
Gianni
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