Senza un cambio culturale “nei servizi” tutto sarà vano!

Gentile Presidente Mario Draghi, ora che il passo (la “defenestrazione” di Gennaro Vecchione chiedendoci se il prefetto sapesse dove si trova l’impegnativa Praga e quale vasto archivio ex StB Státní bezpečnosti vi venga ancora conservato) è stato fatto, certi che l’ambasciatrice Belloni avrà il suo bel da fare a ridefinire e riorganizzare le finalità istituzionali delle due agenzie, mentre dovrà certo prioritariamente tenere la barra della nave Italia in grande difficoltà, proverei (che sfacciataggine questo Leo Rugens!) a fare uno sforzo per avviare un processo coraggioso (ma indispensabile) per “riformare l’intero ambiente” mettendo le mani a ciò che delle varie riforme è stato o meno attuato. 

Dopo l’allontanamento di Vecchione (non ci voleva molto a capire l’inconsistenza del soggetto guardandolo anche una sola volta da vicino come capitò durante un pranzo perfino ad un marginale e ininfluente personaggetto come il vostro Leo), non bisogna temere di sfoltire i ranghi. 

A destra e a manca. Intendendo dire nel DIS stesso e nelle due agenzie di campo. Sfoltire vuol dire “epurare” e non rifiutare le implicazioni che il termine forte comporta. 

Epurare e mandare banalmente a casa o da dove provenivano, centinaia (che nessuno si spaventi se alla fine saranno migliaia) di raccomandati. 

Perché, presidente Draghi, sono certo che pur non risultando avere specifico retroterra culturale (sentite a me è mille volte meglio così che viceversa lo avesse avuto) nel mondo dei servizi, non può, essendo intelligente, non capire che delle strutture (anche necessariamente operative) infarcite di raccomandati non servono a niente se non a dissipare soldi e residua credibilità.

Dico questo perché banalmente non è detto che sappia non solo di come ormai stanno le cose ma, in modo specifico, di un episodio, minore ma illuminante, che oggi va recuperato cercando, in una qualunque emeroteca dove fosse ancora conservato o in rete, il numero del settimanale “Panorama” uscito in edicola, in piena estate del 2010, un articolo in cui si dava notizia di una circolare riservata, firmata dal generale dei CC, Giorgio Piccirillo (l’ufficiale è del 1947 come lei e me e quindi, a quella data, ancora giovane e lucido) in quel momento direttore dell’AISI, che aveva per oggetto “la riservatezza dell’identità degli appartenenti al comparto informativo” (immaginate cosa si è dovuto arrivare a mettere nero su bianco!) e l’imbarazzante questione del fatto che non solo si doveva mantenere strettamente riservata la propria attività e appartenenza all’agenzia ma che si dovesse smettere tassativamente con le raccomandazioni non solo per entrare nei servizi segreti ma soprattutto, una volta entrati senza merito, si cessasse di utilizzare i politici di riferimento per scalare posizioni

Piccirillo fu costretto a richiamare l’attenzione di tutti i dirigenti delle divisioni del servizio e dei capi centro delle stazioni in cui si articolava l’Agenzia sulle implicazioni sotto il profilo della riservatezza (un organismo dove viceversa vigesse una tale prassi va considerato un vero colabrodo) dal momento che per far pervenire la segnalazione dal politico di turno e di riferimento, allo stesso si devono rivelare un sacco di dati sensibili e dettagli relativi agli organigrammi e alle funzioni (se non paradossalmente perfino aspetti di operazioni e legami riservatissimi). 

Bene, aver smontato Gennaro Vecchione (ed eventuali annessi e connessi) non è assolutamente sufficiente se non si da il via, modus in rebus ovviamente, al collocamento in altra situazione (questo coraggioso allontanamento darà il segnale fortissimo ad alleati e ai nemici della Repubblica di come siamo pronti, a qualunque costo, a “ricostruire” il Paese) di tutti, ho scritto tutti, quelli che, fascicolo personale per fascicolo personale (c’è tutto e soprattutto ci sono tutti i nomi dei padrini politici e di altri poteri forti, compresi, ovviamente, i banali legami familiari) non sono addivenuti all’onore di appartenere alle agenzie per merito o per alta potenzialità, ma per calci in culo. Qualcuno o qualcuna forse anche solo per il bel culo. 

Trovate pertanto subito il modo di mettere il merito a garanzia del futuro della Repubblica. In tutti i luoghi organizzativi in cui si articola lo Stato ma in modo particolare nei servizi. Impresa impossibile? E allora, senta a me, gentile e morale Draghi, anche il suo tentativo sarà vano. Anzi. Potrebbe essere l’ultimo degno di questo nome. 

Ho scritto “morale” perché, anche se può sembrare una sfida insuperabile, lei riuscirà a servire la Repubblica che, disperata, l’ha mandata a chiamare, solo se riuscirà a smentire quell’affermazione (la chiamerò obsoleta e anche all’ora in realtà superficiale) per cui si può ricordare l’ex capo della CIA a Roma, Duane Clarridge, che l’aveva elaborata: “… l’etica dell’intelligence è un ossimoro. Roba del genere non c’è mai stata e non ci sarà mai“.

Se l’asse Belloni-Draghi non scardinerà questo luogo comune, ascolti sua moglie e trovi il modo di uscire dignitosamente dall’incarico. Viceversa, tutto è ancora possibile. A cominciare dalla salita al Quirinale, colle da dove si vede meglio cosa fare dei Servizi. Ad esempio, sottrarli al condizionamento di Palazzo Chigi

Buon lavoro pertanto anche “in tema”. Per il resto (soprattutto una vita più equa e, in quanto tale, più sicura per i suoi compatrioti) non sono certo io che devo darle consigli.   

Oreste Grani/Leo Rugens