Presidente Draghi nell’anniversario di Capaci evitiamo di distrarci

Il “problema italiano” quindi si dovrebbe risolvere con un po’ di gare (quando si dovessero fare) al massimo ribasso.
Mani libere sinonimo di mani pulite e di sviluppo equo?
La politica proba sembra quindi dire: se si consente “mano libera” a imprenditori di buona coscienza, vedrete che, poco a poco (tremila, quattromila anni?) si aggiusta tutto. I politici/tecnici indicano la retta via del “massimo ribasso” e nel farlo sembrano rimuovere che la proposta viene fatta nello stesso Paese dove sono proliferati, recentemente, gli Ezio Bigotti, i Pietro Amara, i Luca Palamara e i grovigli bituminosi che fanno capo all’Ungheria, alla RSM, a Montecarlo o meno, alla P 2,3,4,5 o meno, al CSM. Per un vecchio barbagianni come il vostro Leone Ruggente (sempre di fauna si tratta) rimane difficile accettare come saggia questa proposta sapendo quanto illecito ha messo in moto il massimo ribasso, in tutti i campi imprenditoriali. Immaginare via peggiore di quella che, ho capito, il Governo Draghi si prepara a scegliere, rimane difficile.
Il problema del Paese evidentemente è che in troppi dimenticano come siano andate le cose nel passato recente e in quello ormai lontano.
Ad esempio ben 46 anni addietro si trovava traccia nei media di spunti di riflessione come quelli che lascio a seguire. Questo per evitare far credere che il problema del CSM sia cosa di oggi. Neanche di ieri. Professor Draghi, questo “del massimo ribasso” (e annessi e connessi), potrebbe essere il primo vero scivolone tutto a favore di quella cultura rapace che ha già governato l’Italia. Riducendola come l’ha ridotta. La stagione dell’affarismo impunito c’è già stata e ha prodotto una società incivile e violenta.
Il periodo in cui le aziende di Alfredo Romeo “pulivano i cessi” mentre, come diceva ai magistrati (nel tentativo di discolparsi) “… i politici mi saltavano addosso come cavallette, volevano soldi, io sono una vittima non un complice“, lo abbiamo già sperimentato.
Le mani libere le conosciamo già e in tutti i campi hanno prodotto mostri e sperequazioni.
Un Paese in cui una Calcestruzzi spa forniva materiale “depotenziato” rispetto ai capitolati d’appalto per costituire fondi neri destinati alla criminalità organizzata e che aveva, con tempestività, già aperto uno stabilimento a Messina proprio nella prospettiva di fornire il conglomerato per la costruzione del ponte nella zona più sismica (non mi risulta che la situazione sia mutata) d’Italia, vogliamo “liberare tutti“? Professor Draghi lei era all’estero ma da queste parti le leggi che volete varare (fate secondo vostra coscienza senza troppi lacci e lacciuoli) non può far dimenticare che durante il terremoto dell’Aquila (2009) c’è stato il crollo dell’ospedale costruito dall’Impregilo ma inaugurato solo nel 1999. Cioè dieci anni prima.
Ci aspettavamo pertanto, con lei alla guida, regole intelligenti non scelte complici dei mafiosi e degli amici dei mafiosi.
Intorno ai “grandi” e ai piccoli lavori si è sempre giocata la complicità con la criminalità. Quali dovrebbero essere le condizioni mutate? Anzi. Lo sfascio nella magistratura e nel CSM dovrebbero invitarla alla massima prudenza. Lei era un ragazzo quindicenne, non ancora orfano, quando Amintore Fanfani inaugurò (nessuno ora ricorda che fu inaugurati i 450 chilometri della Salerno-Reggio Calabria nel 1962) per unire le genti del Mezzogiorno. Non si è unito nessuno e le mafie hanno fatto soldi a palate con cui si sono strutturate e si preparano a dominare il mondo post Covid. E non solo in Italia.
Oggi inoltre è l’anniversario della strage di Capaci ed eviterei di rimuovere che se non si vuole essere complici dei criminali bisogna vigilare sui soldi. Sui soldi e gli appalti. Sui soldi, gli appalti e i politici corrotti. Vigilare sugli appalti non basta e lo sanno tutti. Buoni e cattivi. Guardie e ladri. Intorno agli appalti ci sono i subappalti. Se uno fa finta di non sapere che il trucco è tutto lì, fa un po’ la figura dello scemo o del mascalzone. Lei, presidente Draghi, non è certamente scemo e a me non risulta essere un mascalzone. Nei mille e mille subappalti di denaro pubblico ci sono le opportunità di spartire e vessare. Oltre che creare le condizioni perché le opere vengano scientemente realizzate per cadere a pezzi e così generare altro denaro. Ogni lavoro, se non lo sa glielo ricorda questo marginale e ininfluente blog, può, senza i lacci e lacciuoli di cui si parla, generare una situazione favorevole per il controllo metro per metro (loro lo sanno fare), casello per casello (se il lavoro fosse un’autostrada), per creare le condizioni di lavori perenni di ammodernamento e di ampliamento della struttura.
Gentile Premier lei era con la mente lontano dall’Italia quando alla vigilia delle elezioni del 2001, Berlusconi aveva fatto realizzare perfino un grande plastico del ponte che mostrava a chiunque andasse a trovarlo ad Arcore (solo la nipote di Mubarak non ricordava di averlo mai visto), spiegando che l’opera sarebbe stata un grande set cinematografico, che sarebbero venuti a vederla da ogni angolo del Pianeta come l’ottava meraviglia del mondo.
Avevamo bisogno di set cinematografici? Berlusconi, lei provi cortesemente a ricordarlo, ha guidato l’Italia per anni senza mai realizzare nulla di quanto aveva promesso nel Contratto con gli italiani (abbiamo visto di tutto, per Dio, in questo Pese e vi riuscite a dimenticare tutto) firmato durante una trasmissione pagata dalla RAI, condotta da un giornalista strapagato dalla RAI come l’immortale Bruno Vespa. L’unica cosa che in realtà il boss è riuscito a realizzare è la crescita esponenziale dei suoi affari, dentro e fuori i confini. Per prendere per il culo gli italiani e suggestionare gli imprenditori “prendini”, varò l’appalto del Ponte sulla Stretto, il più ricco mai lanciato in Italia, aggiudicato all’Impregilo all’epoca in mano (libere) dei soliti Ligresti, Gavio e Benetton. Appalto aggiudicato con modalità alquanto discutibili se un capo mafia come Marcello dell’Utri conosceva l’esito della gara prima dell’apertura delle buste. Lei potrebbe ancora chiedere ai sopravvissuti se Grani scrive cazzate. Potrebbe chiedere all’economista Carlo Pelanda se ad esempio risponda al vero che lo stesso comunicava per telefono (santissime intercettazioni) al presidente di Impregilo, Paolo Savona (lui): “Me l’ha detto Marcello Dell’Utri“. Prima dell’apertura delle buste e per bocca di un mafioso? Forse, essendo il suo governo condizionato anche da Berlusconi (cioè la mafia), un po’ di prudenza prima di tagliare lacci e lacciuoli ci vorrebbe.
Oggi, anniversario di Capaci, lei non può non sapere che la finanza criminale (questa invece è la sua materia) è molto molto molto più forte di quando, 29 anni addietro, apriva voragini al passaggio delle vetture dello Stato. Se fossi in lei (ma certamente non lo sono) mi starei attento alle dinamiche che si mettono in moto dando retta ai semplificatori che per semplificazione intendono complicità con la criminalità e gli imprenditori spregiudicati. E i politicanti annessi. Mai dimenticando che in questo Paese una signora bizzarra come Stefania Craxi è arrivata a proporre di intitolare, se mai ci sarà quella infrastruttura, al padre Bettino.
Questo per dire che questi si stanno per “allargare” (sperando che il termine renda) considerando il clima “favorevole”. Se “loro”considerano il clima favorevole, un qualche motivo ci deve pur essere.
Magistratura allo sbando quindi e politica che annaspa. Si fa largo solo la società incivile e criminale? Direi certamente che non ci si deve distrarre o lei, presidente Draghi, rischia di passare alla storia come “qualcosa” che non si merita. Ricorda infatti proprio oggi il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che qualunque forma di debolezza (e intorno ai subappalti si possono commettere errori favoriti da gravi debolezze) corrisponde ad una sorta di complicità con la mafia. Che non mi sembra cosa di poco conto.
Oreste Grani/Leo Rugens

FUOCO CONTRO I PRETORI
di Massimo Fini – L’Europeo 1975 n. 1
Un film attualissimo: anche trent’anni fa esplose l’insofferenza dei politici contro la “magistratura impicciona” e “invadente”. E furono insabbiate le inchieste giudiziarie, mentre i magistrati più coraggiosi (Sansa, Almerighi) finirono sotto inchieste disciplinari
L’anno giudiziario 1974, iniziatosi con lo scandalo del petrolio, si chiude con una notizia emblematica: il pretore Adriano Sansa, il magistrato genovese che di quell’inchiesta fu uno dei promotori, sarà sottoposto a giudizio disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura. Qual è la grave colpa di Adriano Sansa? Quella di aver detto una indiscutibile verità, e cioè che «i processi per i fatti più gravi e oscuri di questi ultimi anni sono fermi e nessuna affermazione di giudizi definitivi è venuta alla luce». Niente di più vero. Sono passati cinque anni dalla strage di piazza Fontana e quel processo, sballottato più volte tra Milano e Roma e poi approdato grottescamente a Catanzaro, non è ancora arrivato alla fase del dibattimento. Nulla si sa ancora, sotto il profilo giudiziario, del “suicidio” dell’anarchico Pinelli, né dell’omicidio del commissario Calabresi. E son fatti di tre, di quattro, di cinque anni fa. Niente autorizza a pensa- re che miglior sorte tocchi alle inchieste nate dalle stragi e dagli scandali del 1974 (ormai, in Italia, scandali, stragi e “golpe” vanno classificati ad annata, come i vini, per raccapezzarcisi).
L’anno scorso, di questi tempi, si parla- va molto dei “pretori d’assalto” e dello scandalo del petrolio. Tre pretori genovesi, Sansa, Brusco e Almerighi, avevano dato il via all’inizio dell’anno a un’inchiesta sulla corruzione operata dai potenti magnati del petrolio nei confronti di numerosi uomini politici. In base a una documentazione impressionante i tre pretori avevano portato alla luce indizi gravissimi nei confronti di sei ex ministri, dei quattro amministratori dei partiti della maggioranza e dei loro corruttori-corrotti: dirigenti delle società petrolifere. Si trattava di indizi pesanti come prove.
La commissione parlamentare d'inchiesta ha avocato a sé il procedimento. E, con grande disinvoltura, l'ha archiviato
Che ne è rimasto, a un anno di distanza, di quell’inchiesta? Nulla o poco più di nulla. Lasciati passare i primi clamori, la commissione parlamentare d’inchiesta ha avocato a sé il procedimento. Facendo uso di un potere di archiviazione che non le spetta in alcun modo («E che spetta in vece solo al Parlamento in seduta comune», come dichiarò a L’Europeo Marco Ramat, un altro “pretore scomodo” e quindi punito), la commissione parlamentare archiviò subito, con una velocità più che sospetta, i casi riguardanti Andreotti, Bosco, Ferrari, Aggradi e Preti. Poi, per quello che rimaneva dell’inchiesta così mutilata, la commissione ha tergiversato finché ha potuto. Quando an che i limiti della decenza erano stati sorpassati e non si poteva ormai che decide re l’incriminazione degli ex ministri rimasti nella trappola, la commissione par lamentare ha trovato il marchingegno, mirabile quanto scoperto, per rimandare tutto ancora una volta. E storia dei giorni scorsi: per guadagnare tempo la commissione ha infatti avocato a sé altri due pro cedimenti che non la riguardano per nulla, dato che in essi sono coinvolti dei ministri. Tutto è quindi rinviato di un anno o due, a quando saranno concluse le nuove istruttorie. Quanto basta comunque perché arrivi quell’amnistia che, con sfrontata ironia, vuol prendere spunto dal trentennale della Resistenza. Che fine hanno fatto, invece, nel frattempo, i “pretori d’assalto”? Non l’hanno passata liscia, naturalmente. Brusco è sta to trasferito dal penale al più innocuo settore civile (una sorte che capitò anche al primo magistrato che mise gli occhi sulle “trame nere”, il giudice Giancarlo Stiz di Treviso). Almerighi è stato più volte denunciato per abuso del “segreto d’ufficio”.
Sono oltre cinquanta in Italia i magistrati “scomodi” posti sotto inchiesta, trasferiti, o sotto processo disciplinare
In quanto a Sansa, su di lui pende la spada del giudizio disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
Il fatto grottesco è che nel frattempo al la vicepresidenza del Consiglio superiore è stato messo Giacinto Bosco, cioè proprio uno di quegli uomini politici che Sansa aveva indiziato per lo scandalo del petrolio. E sarà lo stesso Bosco a giudicare gli innumerevoli “pretori d’assalto” che, con matematica ritorsione, sono stati messi sotto accusa durante quest’anno: Marrone, che ha promesso l’indagine sui “superburocrati d’oro”: Canosa, Mantero e Federico, pretori del lavoro a Milano, colpevoli di aver creduto che lo Statuto dei lavoratori fosse una cosa seria… E l’elenco potrebbe continuare perché sono più di cinquanta “magistrati scomodi” sotto posti a giudizio disciplinare.
Così, dopo i primi entusiasmi e primi parziali successi, subito vanificati. tira aria brutta per “pretori d’assalto”. Abbiamo chiamato “d’assalto” dei magistrati semplicemente perché hanno cercato di applicare delle leggi che, fino a oggi, si era preferito ignorare. Anche sull’istruttoria di Tamburino, che fin dai primissimi passi ha dovuto difendere la sua inchiesta a denti stretti, pende già la concreta minaccia del trasferimento a Roma, con le conseguenze che è facile immaginare.
Quando inizia il semestre bianco la vedo grigia grigiastra sul nero andante….
GIUESSE ???
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