Lanciamo una mobilitazione civile, culturale, economica per soccorrere i libanesi   

Da decine di anni milioni di persone in Libano soffrono per i più diversi motivi. Da tempo che sembra eterno la comunità internazionale ha detto molto e fatto pochissimo. In un modo o in un altro siamo arrivati all’ipotesi che venga staccata la luce per i libanesi. Bambini, donne, vecchi, malati o persone nel vigore stanno per vivere l’esperienza drammatica di vivere senza quel che oggi si ha grazie all’elettricità. Stiamo per assistere a qualcosa di terribile o qualcuno in una delle terre senza veri confini (Libano, Siria, Iraq, Iran sono stati liquidi e connotati da élite, tribù, credo a macchia di leopardo), pratica, fino alle estreme conseguenze, la tecnica del “al lupo al lupo”? Che cosa sarà dei libanesi che non facciano il terrorista, il contrabbandiere, il “palestinese”, l’informatore del Mossad? E poi, terra terra, perché quelli che un tempo erano i Grandi della Terra stanno da anni di fatto a guardare? Perché questo è successo. Ora non credo che il fallimento di questo Stato non produrrà un effetto domino. E come quelli che credono che la Pandemia sia questione di alcuni e non viceversa di tutti. Un Libano a pezzi chi favorisce? Nessuno, fino in Australia. Come è mai possibile che sia rimasto solo Papa Francesco a porsi il drammatico problema? Sentiamo, malato e preoccupato, cosa Bergoglio ha da dire di questa cosa che in Libano non ci sono i soldi per pagare le bollette. 

Oreste Grani/Leo Rugens