Franco Papitto: è morto nella sua Calabria un giornalista e un patriota

Scegliere le parole per ricordare Franco Papitto dopo quelle oneste e opportunamente commosse di Antonio de Martini, è cosa difficile, se non impossibile. Muore Franco ed è ancora vivo, i paradossi della vita sono anche questi, il decrepito Eugenio Scalfari che lo volle (all’inizio lo fece lavorare sotto pseudonimo perché Papitto si portava dietro un nome scomodo e per La Repubblica ingiustamente imbarazzante) interprete delle complessità europee per il giornale, allora, più letto d’Italia.
Muore un grande giornalista e un patriota. Muore un calabrese onesto in tempi dove troppo spesso Calabria non è sinonimo di onestà e lealtà repubblicana.
Oreste Grani/Leo Rugens

FRANCO PAPITTO SE N’E’ ANDATO IN PUNTA DI PIEDI
L’avevo conosciuto all’università quando militava nell’estrema destra.
Dopo mille confronti assieme a Franco Oliva, lo convincemmo a lasciare nostalgie e risse coi poliziotti e passare col nostro gruppo “Primula Goliardica”, i Pacciardiani.
Una grande lotta contro tutti i gruppi universitari coalizzati – nessuno escluso- che si concluse con una denunzia e un processo in cui tutti i membri della giunta elezioni furono condannati per aver cospirato ai nostri danni falsando i risultati elettorali.L’unico a darcene atto – oltre al magistrato- fu Eugenio Scalfari con un trafiletto anodino ma rivelatore.
Facemmo un’agenzia di stampa sulla contestazione (UNIVERPRESS) cui si abbonarono L’Espresso, Paese sera ed altri.
Poi affrontammo la vita vera e le nostre strade fatalmente si separarono, ma non prima di aver dato la scalata a “Il Fiorino” di Luigi d’Amato che fu il rifugio di molti di noi Pacciardiani.
Da lì, volò a Bruxelles come corrispondente e dopo un pò, fu notato da La Repubblica di Scalfari e passò a fare il corrispondente per oltre venti anni, affermandosi nella professione a livello nazionale.
A Bruxelles andavo a dormire a casa sua e di Mirella, il suo primo amore.
Sempre assieme, fondammo un’altra agenzia “LA LETTRE EUROPEENNE” con la collaborazione dei suoi amici Arturo Guatelli (Corsera) e Philippe Lemaitre (Le Monde) e José Fralon (L’Express). Io ero l’editore.
Gli scoop si susseguirono scoppiettanti fino a che un incidente d’auto gli procurò una settimana di coma e molto cambiò. Cedetti l’agenzia, restammo amici, il figlio ebbe qualche consiglio quando andò a lavorare in Libano, ma la sorte si accanì e poco dopo la pensione perse la compagna di una vita e si ritirò nella natia Calabria dove é spirato ieri.
Mi hanno avvertito in cinque nel giro di mezz’ora. L’ho trovato ingiusto: era più giovane, aveva vissuto sempre in salita, visto da tutti (tranne che da Scalfari, va detto) come “uno di destra” mentre la una conversione – dovuta anche al carisma di Pacciardi- fu genuina. Meritava una serena e longeva vecchiaia. Mi aveva promesso una rimpatriata a settembre. Sarebbe passato a riprendersi una foto presa alla nascita della figlia Alessandra che lui non aveva più. Non ne ha avuto il tempo.
Antonio de Martini
Chi ricorda e c’era, dice che Franco lasciò una sua fidanzata “di allora” perché tu, Antonio, dicesti che aveva il culo basso.
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Non ricordo il dettaglio ma tutto è possibile. Potresti aiutarmi a ricordare.
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