Astenersi dal rappacificarsi con i Talebani ma prepararsi ad affrontare il Dragone Rosso ormai tornato

La mia disistima per Giulio Andreotti ormai è nota. Eppure c’è una sua frase arguta a suo tempo detta che oggi andrebbe tenuta in debita considerazione rispetto agli avvenimenti geopolitici prossimi venturi: in sostituzione alla pax americana è arrivato il tempo di elaborare una pax cum America. E il Divo Giulio, che di latino masticava, con quel “cum” sapeva cosa ipotizzava. Ma Andreotti giace e le sue battute non macinano più.

Siamo orfani perfino degli Andreotti e irrompe il tempo della complessità e della imprevedibilità. Perfino noi che riteniamo di essere spesso preveggenti, siamo molto molto molto preoccupati. Certamente senza un pensiero planetario anche le questioni locali, alla Afghanistan, sono irrisolvibili e potrebbero innescare la Grande Tragedia.  

Il ritiro da Kabul non poteva essere organizzato in modo peggiore e questo ormai lo sa il mondo intero. Gli USA stanno inoltre per chiedere agli altri sei paesi del G7 di non lasciarli soli in questa figura di merda. E questo atto di lealtà/solidarietà/corresponsabilità vogliono che avvenga prima di trasferirsi in blocco nell’assise più ampia e articolata denominata G20. Cioè il mondo che conta. Il mondo dove si gioca al Grande Gioco che è notoriamente un gioco che può essere giocato, ma mai vinto. E da come sarà giocato questa volta, dipenderà la sorte dell’Umanità. E non faccio per niente il tragico. I talebani infatti sono solo uno dei giocatori in campo e non certamente il più pericoloso. Intendo dire che i talebani hanno una vocazione territoriale “nazionalistica” e certamente non espansionistica. La loro vittoria pesa molto, ma in rapporto al sistema complesso rappresentato dalla antica alleanza con il Pakistan e, soprattutto, come zone di influenza sinergiche con la signora Cina. Ma non sono i Talebani che vi devono preoccupare. I giocatori “forti” sono il Pakistan, con le sue armi atomiche, e la Cina con la sua flotta (di natanti e di articolate strategie culturali, se non ancora ideologiche) ormai pronta solcare i mari

Perché, sentite a me, è la Cina il colosso con cui, eventualmente, dialogare (evitando di farlo attraverso Giancarlo Elia Valori o Ettore Sequi che sono entrambi già stati, a suo tempo, “pomiciati” dagli uomini e dalle donne di Pechino) e non certo, lo ripeto, i talebani. Che sono notoriamente provinciali e territoriali come il vostro vecchio e stanco Leo Rugens.

Oreste Grani/Leo Rugens 

Oriental dragons on a temple

P.S.

Mai dimenticare inoltre due cose: la prima che, il 13 settembre 2012, ho pubblicato un post dall’intrigante titolo “E se i cinesi cambiassero rotta?“. Da rileggere in stretta correlazione con “Il più grande servizio segreto del XXI secolo“, altro post che ritengo ancora istruttivo.

La seconda è che, in realtà, un mio pseudonimo nel web, oltre al notorio Leo Rugens, è Il Ritorno del Dragone. Meditate gente, meditate e lasciatemi divertire un po’ ora che, per ragioni personali, non avrei proprio motivo alcuno per sorridere.