Sequi: Includere nella costruzione del futuro Stato Afgano i taliban! Si sono presi già tutto

Nel novembre del 2009 quanto è accaduto da Ferragosto 2021 in poi in Afghanistan era facilmente prevedibile anche solo leggendo alcune di quelle fonti aperte di cui tanto si fa uso nella nostra Italia “disinformata”.
Perfino l’UDC Alessandro Forlani (il figlio di Arnaldo), ad esempio, a quella data (12 anni addietro!), ospitato in “Formiche” del Brandani e Messa, già sceglieva espressioni che non lasciavano dubbi sull’esito della intera vicenda.
“Una sequela di errori ha indotto quell’atmosfera di sfiducia in cui si innesca la ripresa di iniziativa politica e militare da parte dei talebani“.
Cosa c’era da non capire? Dove si sarebbero dovuti celare i dubbi? E a tal proposito mentre in troppi, vigliaccamente, aggrediscono l’alleato USA nell’ora degli errori, nella mia tradizionale e acclarata marginalità e ininfluenza, mi domando se chi ha lavorato alla Farnesina in questi anni possa cortesemente ricordarci quali iniziative leali nei confronti degli alleati (che stavano sbagliando, o che si presumeva avrebbero sbagliato), sono state prese?
“La comunità internazionale deve fare i conti con i rischi connessi a un eventuale ritiro delle missioni e con le condizioni autentiche della regione“.
Sarebbe quello che è successo in queste ore con l’aggravante che tutti eravamo stati avvertiti da dieci anni che, se ci si ritirava, bisognava saperlo fare. “…I rischi connessi a un eventuale ritiro…“. Parole lapidarie che ora suonano perfino beffa crudele alla luce di quanto stiamo vedendo.
Mi soffermo a riflettere (non costa nulla ed io notoriamente sono in pensione a nulla fare) su come si siano comportati, in questi dodici anni, presidenti del Consiglio, ministri degli Esteri e della Difesa, ambasciatori, direttori vari ed eventuali. Rifletto perché è questo farsi acquiescenti davanti a chi, soprattutto se amico, sbagliava, che mi fa paura di una classe dirigente.

Se tutto lasciava intendere che finiva così, perché ci siamo finiti in questo burrone? In questi anni trascorsi (venti da quando le Torri furono attaccate), negli USA sono cambiati presidenti e generali (da quelle parti c’è la maledetta democrazia), ai vertici della NATO il turnover è stato altrettanto vivace, al governo in Italia il valzer è stato addirittura “frenetico”, nei nostri servizi si sono alternati non pochi personaggi, eppure non trovo traccia (ma io chi sono per pensare di poter sapere di qualcosa di significativo avvenuto in politica estera in questo nostro sgangherato Paese?) di una iniziativa ragionata e praticabile (mettendoci faccia ed eventuali dimissioni) perché quanto è avvenuto (ma soprattutto “come”) non avvenisse. Certo che i nostri soldati hanno fatto tutto nel migliore dei modi e si sono comportati egregiamente, con efficienza e umanità, in questi frangenti drammatici, ma questo non ha nulla a che vedere con le conseguenze per l’Occidente che la sconfitta disonorevole determinerà.
Non critico quindi i nostri soldati volontari o i loro ufficiali. Parlo di altre poltrone. Sarebbe importante sapere se da parte degli assettati (coloro che hanno poltrone) si è fatto tutto il possibile, ad esempio, per abbassare i livelli di aggressività tra Iran e USA, contribuendo ad una neutralizzazione della guerriglia talebana.
Quali sono state (se ci sono state) le iniziative per concorrere ad una messa a fuoco delle ambiguità in Pakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, mentre si rincorreva la soluzione del Caso Marò che ci ha visto, per anni, impegnati a chiarire con l’India del perché di tanti cretini al potere in Italia. E poi c’è la pagina della formazione dell’esercito afgano mai reso affidabile nonostante i miliardozzi spesi per questo fine. Per uno come Camporini, tra gli altri e ad esempio, il reclutamento, la selezione e la formazione dei ranghi dell’esercito consentiva ottimismo. Ottimisti in una realtà dove la diserzione era stagionale e fortissima nel senso che i soldati, dopo aver passato qualche mese a mangiare e ad imparare l’uso delle armi moderne, al momento della semina prima e del raccolto dopo (parlo del papavero che è anche un fiore), sparivano, per fare attività paradossalmente meglio retribuita? Ma chi si sarebbe prestato ad una tale attività di facciata (la formazione) se non un pugno di opportunisti? Perché se non sapevate che quello che chiamavate l’esercito afgano (finalità per cui buscavate indennità di missione inconfessabili) si sarebbe squagliato in un nanosecondo, sareste, sia pure in pensione, da degradare per inadattabilità alla vita militare.

Se qualcuno, senza protestare o dignitosamente arrivare a dimettersi, si è fatto lasciare letteralmente fuori dalla porta in un finto ruolo di alleato, si deve solo ragionare della amoralità di tali comandanti e della inutilità di tali brillanti carriere. Sempre per rimanere al generale Vincenzo Camporini (tocca a lui ma potrei citare altri) oltre due lustri addietro (era il 2010) era convinto, lungimirante, che un governo di coalizione in Afganistan, si preparava, in poco meno di tre anni, a mettere ai margini gli estremisti (toppata 1°), che le nostre truppe truppe si sarebbero ritirate gradualmente (toppata 2°) e che, in Afganistan, sarebbero rimasti alcuni addestratori (toppata 3°). Il tutto perché l’obbiettivo dichiarato era creare forze di sicurezza afgane (si chiamava ISAF in quanto Forza internazionale di assistenza alla sicurezza) che potessero autogestirsi. E questa affermazione non la classifico come toppata o dovremmo, in un mondo meritocratico, porci il problema di come fare, a norma di legge, a far restituire gli stipendi, il TFR e la pensione del signor generale. Ma, notoriamente, non si può. Anzi, il generale (uno dei tanti) è stato protetto/premiato (è quello che per Azione di Calenda si interessa di questioni militari) dopo aver detto questo cumulo di cazzate.
Per tornare alla classe dirigente italiota nel suo complesso, sarebbe interessante sapere infine cosa, in accordo con chi in Italia lotta quotidianamente per contrastare i danni strutturali che il traffico dei narcotici determina dalle nostre parti e in tutto l’Occidente, si è riusciti a mettere a punto perché la scelta economica e culturale dell’Afganistan di essere terra di produzione d’oppio e di transito del derivato, fosse vanificata.
Oreste Grani/Leo Rugens

P.S.
Camporini, non se la prenda a male, tanto è in ottima compagnia. Sono io che dovendo cominciare da qualcuno, ho scelto lei. Ho comunque ragione perché in tanti avete gravi responsabilità ma, stia tranquillo, non rimarrà solo. Avete (non in primissima persona ma come vertice delle Forze Armate) responsabilità su come, tanto per fare un esempio doloroso, i parà della Folgore (6 morti + 4 feriti) furono bersagliati per la condotta che i nostri avevano tenuto nei mesi precedenti (niente ricostruzione) e successivi alla costituzione della Task Force 45. Se qualcuno mi aiuta potremmo perfino arrivare a ricordare qualcosa che abbiamo fatto, o non fatto, da quelle parti a seconda di come cambiava il vento a Palazzo Chigi. Più soldi o meno soldi vuol dire acquisto di Lince e di Dardo. Vuol dire acquisto di UAV Predator, che se qualcuno acquista, qualcuno vende. O l’uso sistematico degli A 129 Mangusta la cui sola manutenzione sbilancia un bilancio. Per dire che Kabul è valso più di una messa. Se i Cinque Stelle non fossero stati quelli che sono stati, capire in tempo la Missione Afgana (non solo quella ovviamente), poteva, ad esempio, cominciare ad essere un terreno di verifica di come venissero spesi i soldi dei contribuenti, nella giungla (in quanto realtà intricata) contabile che riguarda il Ministero della Difesa, dove comprare cose senza rischiare di favorire quel venditore o quell’altro è un esercizio di vero funambolismo amministrativo.
Perché, sarebbe bene non dimenticarlo, la guerra costa. E il nostro coinvolgimento a Kabul, nell’ultimo ventennio, vede alternarsi a Palazzo Chigi (e non solo) Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Con i loro rispettivi ministri degli Esteri e della Difesa. Berlusconi e Prodi che entrambi per le questioni euroasiatiche/medio orientali (che non siano strettamente i loro business o incarichi consulenziali), non sono proprio il massimo.
Ma i Cinque Stelle, arrivati dove si poteva cominciare a verificare (e se necessario disarticolare) i tentacoli dell’industria bellica, nostrana e internazionale, avevano un gran da fare a contabilizzare/giustificare gli scontrini dei bar limitrofi alla Camera o al Senato. In modo che nulla capissero di dove si trovano e soprattutto cosa gli italiani si aspettavano che fossero, coraggiosamente e onestamente, capaci di fare.

P.S. al P.S.
Quando, caro Camporini, ho detto che non se la deve prendere a male e che non rimarrà solo, intendevo dire che la mia curiosità si spingerà, nei prossimi post, a cercare di capire cosa intendesse dire, oltre dieci anni addietro (un tempo sufficiente per, aiutato, arrivare ad influenzare la politica estera italiana ed europea), l’attuale Segretario Generale della Farnesina (cioè il vero ministro degli Esteri) Ettore Sequi (quello doppio che tradiva la moglie) quando si soffermava sul concetto di inclusione dei taliban nella costruzione del futuro stato afgano. Più che farsi includere i taliban, ad oggi, si sono presi tutto il cucuzzaro. E non vorrei, da ignorantone in tutto quale mi ritengo essere, non ci siano riusciti anche, e in un batter di ciglia, perché in troppi, anche in posizioni delicatissime, lavoravano, inconsciamente o meno, per loro e la loro vittoria. La loro vittoria e dei loro alleati dell’ISI pakistano. Dei loro alleati pakistani, nemici giurati dell’India e al tempo sicuramente ben disposti verso Pechino e il suo Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Vuol dire che aver favorito l’inclusione dei taliban ha portato acqua alla strategia planetaria cinese? La questione non è di poco conto, direbbe proprio Sequi, abituato come è ad usare questa espressione. E infatti capire chi ha lavorato per chi, è questione strategica. Per gli americani certamente, ora che vivono l’ora della solitudine e degli attacchi denigratorii.
il continuo riferimento alla vita coniugale del sequi è decisamente inopportuno se tale attività non ha leso le funzioni diplomatiche
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Buona sera gentile Pietro Vecchio. Lei scrive al blog Leo Rugens che non fa la morale a nessuno ma dicono si intenda di condizionamenti, coltivazioni, modalità con cui si arriva a commettere leggerezze ed a essere ricattabili. Ho scritto ricattabili non ricattati. Non ho detto che Sequi è ricattato. Se si ha una funzione pubblica bisogna astenersi. Siamo solo noi, liberi e ininfluenti cittadini che possiamo permetterci ogni frequentazione e scelta. Se uno tratta la materia pubblica deve essere irreprensibile. Il perché, come ho accennato, è di facilissima comprensione.
La vita coniugale del signor ambasciatore non avrebbe significato se non fosse, appunto, un funzionario dello Stato. Questo penso e questo scrivo. Un signor nessuno come il Grani sottoscritto può essere un bugiardo, non un ambasciatore. della Repubblica. Un ambasciatore può decidere di mentire in servizio, per opportunità “geopolitiche” non alla moglie. Ci rifletta e vedrà che non mi sbaglio. O.G. personalmente
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🤔
https://www.cdp.it/sitointernet/it/pasquale_salzano_biografia.page#:~:text=Pasquale%20Salzano%20%C3%A8%20Presidente%20della,Ambasciatore%20d'Italia%20in%20Qatar.
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