Se ci fosse un po’ di meritocrazia Ettore Sequi dovrebbe rassegnare le dimissioni. Invece …

Stupidagginette del tipo “Anche i taliban cambiano“, senza conseguenze gravi per la UE e la pagante Italia, poteva dirle Orestino Granetto, libero di pensare una tale castroneria e di improntare il suo operare a questa intuizione culturale, ma non certo il rappresentante speciale (quando lo era) dei 27 Paesi europei coordinati ed ora nientepopodimenoche (chissà se esistendo un’Aldilà, il Grande Mario Riva si accorge dell’omaggio che, memore, gli sto facendo?) Segretario Generale della Farnesina. Cioè, essendo il politico di turno al vertice degli Esteri il volenteroso Luigi Di Maio da Secondigliano, in realtà l’uomo più potente di tale dicastero nevralgico. Perché questo, amici e cari lettori, è Ettore Sequi. Quel Sequi che ora viene drammaticamente smentito dai fatti: i taliban sono infatti cambiati, come sosteneva il diplomatico, ma, se è possibile, in peggio

L’uomo che da dieci anni influenza pesantemente le scelte che decine di Paesi, spendendo un fottiio di soldi inutilmente, hanno fatto in quel di Kabul, ha sempre pensato (e su questo pensierino debole-debole ha basato il suo agire e parte della sua carriera) che il blocco della guerriglia talibana (gli insorgenti contro cui ci siamo battuti negli ultimi venti anni) non fosse un “blocco monolitico” (quando mai queste realtà lo sono?) e che (e qui casca l’asino) sarebbe stato possibile agire, con intelligenza ed altro, per disarticolare i guerriglieri afgani isolando i cattivoni e ritrovandosi un giorno come interlocutori quelli buoni. 

Certo che gli armati che agivano e agiscono e agiranno in quelle terre sono una galassia (per usare le parole di Sequi) formatasi con influenze esterne di arabi, pakistani, ceceni, uzbeki o scampoli di al-Qaida e di altre feroci sette terroristiche ma che questo agglomerato in permanente ebollizione non avesse altro fine strategico, una volta rovesciato il governo fantoccio di turno e l’espulsione di tutti gli occidentali dal paese, la creazione di un rigoroso regime islamico, era lapalissiano. Cosa di questa vittoria ne faranno, è discorso altro. Comunque, in un modo equo e pertanto moderatamente meritocratico, una tale toppata (il governo che si è insediato parla da solo e i primi provvedimenti contro le donne lo confermano) di previsione geopolitica del Sequi, comporterebbe una onesta autocritica del Segretario Generale della Farnesina accompagnata da una ragionata lettera di dimissioni.

Invece, in un paese dove i giornalisti (tra gli altri a cominciare dalle Agenzie di Intelligence), appiattiti sulle versioni ufficiali e sempre lì a fiutare da che parte tira il vento, non fanno il loro dovere di informatori/formatori educanti, anche uno che ha fatto tanto danno “influenzando” la politica estera, verrà graziato agli occhi dell’opinione pubblica che ha altro a cui pensare. Anzi, vedrete che lo incenseranno per i ponti aerei ben organizzati. 

Oreste Grani/Leo Rugens