Un movimento al calore bianco

“Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Il M5S da solo non può però cambiare il Paese. È necessaria una mobilitazione popolare. Io sto andando a Roma in camper, sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese”, ha scritto Grillo sul blog.

I messaggini piovono anche più tardi, dopo l’elezione di Napolitano a cui riserva parole di augurio per l’elezione “rinnovata”. Non va oltre, non vuole sbilanciarsi. Lui la partita l’ha giocata e non crede di doversene pentire. Di due cose, sembra preoccupato: ribadire la sua appartenenza alla sinistra (cosa che pone una domanda al partito di centrosinistra che non l’ha voluto votare) ed evitare che, intorno al suo nome possano nascere situazioni spiacevoli o, peggio, pericolose o violente. Così, ancora prima dell’elezione di Napolitano (quando il presidente uscente aveva già accettato la ricandidatura mettendolo di fatto fuori gioco), Rodotà, preoccupato dalle frasi di Grillo che chiamava alla “marcia su Roma”, ci ha tenuto a precisare che lui rispetta le decisioni del Parlamento e le ritiene legittime e democratiche: “Ringrazio tutti quelli che pensano a me – spiega nell’unica dichiarazione ufficiale di oggi – E sono contento chi il mio nome parli alla sinistra italiana. Per quanto riguarda le ultime vicende, sono sempre stato convinto che le decisioni parlamentari possano e debbano essere discusse e criticate duramente, ma partendo dal presupposto che si muovono nell’ambito della legalità democratica”. Poi, per chiarire meglio, ribadirà: “Sono e sono sempre stato contrario a qualunque forma di marcia su Roma”.
La Repubblica 20.4.2013

Il giorno in cui il Parlamento italiano fu circondato la sera del 20 aprile ero lì con migliaia di cittadini ad osservare lo svolgersi degli eventi. Erano presenti con le proprie insegne anche soggetti politici che mai avrebbero marciato insieme: il Prc, il popolo Viola, Casa Pound, Forza Nuova, M5S; alcuni erano circondati dalla polizia ma nessuno aveva un servizio d’ordine, nessuno aveva organizzato la piazza, perché quella non era una manifestazione indetta da Grillo, era qualcos’altro.
In attesa che filosofi o studiosi della società o storici riescano a descrivere cosa è accaduto in Italia dal 2009, data di nascita ufficiale del M5S, al 4 marzo 2018 data della sua morte nel giorno del trionfo, mi limito a fornire alcuni spunti tratti dal mondo delle lettere.
Prenderò le mosse da un saggio di Stefano Rodotà del 1973: “Elaboratori elettronici e controllo sociale”, scegliendo un brano in cui si affronta il tema cruciale dell’accesso alle informazioni da parte dei cittadini per quanto al tempo Internet fosse solo nella mente di alcuni; Rodotà mostrava molto ottimismo come si può evincere, tuttavia dobbiamo osservare che un conto è accedere a banche dati, un conto alle fonti aperte, le prime ardue da maneggiare per chi non sia addetto ai lavori, le seconde… altrettanto.
Segue una citazione tratta da “I sei giorni del Condor” di James Grady, dedicata ad alcuni professionisti della lettura delle fonti aperte, gli analisti della CIA, i quali basandosi sul confronto tra “realtà e fantasia” (ciò che accade nel mondo e ciò che accade nella letteratura) stilano rapporti che i colleghi leggeranno con attenzione…
A conclusione un romanzo minore e “dimenticato” almeno in Italia, sempre di Grady, “Calore bianco” del 1996, dove il sottoscritto, che non fa l’analista e non è per sfortuna un personaggio di fantasia, trova una corrispondenza tra l’attività di uno dei protagonisti Faron Sears, imprenditore informatico che fonda un “Movimento” per mezzo di Internet e l’attività di due cittadini italiani che tredici anni dopo fondano un “Movimento” convincendo oltre undici milioni di elettori a votarlo.

Alberto Massari

Stefano Rodotà, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, 1973

“Nel trattamento delle informazioni, infatti, l’elaboratore elettronico consente la conciliazione di due dati fino a ieri contrastanti: l’aumento delle informazioni raccolte e il loro reperimento sempre più rapido e agevole (che significa anche possibilità di trasformare l’informazione dispersa in informazione organizzata). Da ciò discende oltre ai noti risultati effìcientistici, la possibilità di quell’accesso alle informazioni fino a ieri impedito da fattori fisici.
In tal modo, il potere di controllare la gestione delle informazioni può essere esteso, teoricamente, fino a ciascun membro di una collettività: una volta ampliate e diffuse le possibilità di accesso, ciò può non soltanto risolversi in un più immediato controllo sulla gestione delle informazioni, ma soprattutto incidere sul potere che su quelle informazioni si fonda.
Qui, forse, siamo davvero ai confini dell’utopia: ma siamo pure di fronte a possibilità che la tecnologia sta rendendo reali, e che sarebbe assurdo trascurare chiudendosi nello scetticismo o in grette preoccupazioni difensive.
Naturalmente, l’espansione delle possibilità di accesso e di controllo fa sorgere nuovi problemi, derivanti appunto dalle quantità enormi di dati di cui l’impiego consente la raccolta e il trattamento. A questo punto, si impone un’ultima distinzione. Per i dati individuali, l’ampliarsi delle possibilità di raccolta, trattamento. e reperimento porta con sé nuovi problemi di tutela e di segretezza, determinati pure dalle caratteristiche del mezzo tecnico.
Ma, per i dati generali, risultanti dall’aggregazione di una molteplicità di singole informazioni, il problema è esattamente l’opposto: rendendone possibile la più diffusa conoscenza, l’elaboratore elettronico non potrà forse consentire la realizzazione di quel diritto all’informazione, la cui mancanza tanto impoverisce la democrazia della nostra organizzazione sociale?”

James Grady. “I sei giorni del Condor”, Rizzoli, 1975 (ed originale Six Days Of The Condor, 1974)

“… i successi più importanti non vengono dalle operazioni di spionaggio condotte nell’ombra e nel mistero, ma nascono dalla paziente lettura, per ore e ore, di periodici tecnici altamente specializzati. Essi [i ricercatori della CIA animati da «patriottismo e senso del dovere»] sono veri e propri studiosi professionali. E la loro opera è tanto oscura quanto inestimabile.”

[…]

“Il National Security Act 5 del 1947 istituì la Central Intelligence Agency in seguito all’esperienza fatta nella Seconda Guerra Mondiale, quando gli americani furono colti di sorpresa a Pearl Harbor. La Agency, o la Company, come la chiamano molti suoi dipendenti, è l’organizzazione più grande e più attiva del complesso apparato spionistico americano, un apparato composto da undici grosse organizzazioni, con circa duecentomila addetti, e con un bilancio annuo sull’ordine di miliardi di dollari. Le attività della CIA, come quelle delle maggiori organizzazioni straniere del genere – l’M16 in Gran Bretagna, la KGB in Russia e il Dipartimento Affari Sociali nella Cina comunista – abbracciano un campo che comprende lo spionaggio propriamente detto, la ricerca tecnica, l’appoggio a gruppi di azione politica più o meno collegati, gli aiuti a governi amici, e le operazioni paramilitari.
La vasta gamma di attività, insieme con il compito fondamentale di tutelare la sicurezza nazionale in un mondo turbolento, ha fatto di queste organizzazioni i settori forse più importanti dell’apparato di governo. In America, l’ex Direttore della CIA, Alien Dulles, disse una volta: «Il National Security Act del 1947 ha dato ai nostri Servizi Informativi una posizione nel governo più influente di quella che servizi consimili abbiano in qualsiasi altro governo del mondo».
La principale attività della CIA è null’altro che la ricerca; la semplice, meticolosa ricerca.
Centinaia di ricercatori spulciano quotidianamente riviste tecniche, periodici nazionali ed esteri di ogni specie, discorsi e trasmissioni radio-televisive. Questo lavoro di ricerca è ripartito fra due delle quattro divisioni della CIA. La Research Division, o RD 6, si occupa delle informazioni tecniche, e i suoi esperti forniscono rapporti dettagliati sui più recenti progressi scientifici in tutti i paesi, compresi gli Stati Uniti e i loro alleati. La Intelligence Division è impegnata in una forma altamente specializzata di ricerca. Circa l’80 per cento delle informazioni che passano per le mani dell’ID provengono da fonti “aperte”: periodici, trasmissioni radio-televisive, riviste e libri alla portata di tutti. L’ID assimila tutto questo materiale e lo rielabora in rapporti che sono di tre tipi: il primo tipo riguarda informazioni a largo raggio che concernono le diverse aree d’interesse; il secondo è una rassegna quotidiana della situazione mondiale; e il terzo cerca di individuare le lacune esistenti nelle attività della CIA. Il materiale raccolto dall’ID e dall’RD viene usato dalle altre due divisioni: la Support Division 7, il ramo amministrativo che “si occupa di problemi logistici, di equipaggiamento, di sicurezza e di comunicazioni, e la Plans Division 8, che cura tutte le attività segrete, cioè dello spionaggio vero e proprio.
L’American Literary Historical Society, con sede a Washington e un piccolo ufficio di rappresentanza a Seattle, è una sezione staccata di uno dei più piccoli dipartimenti della CIA. A causa dell’imprecisata natura delle informazioni di cui si occupa, il Dipartimento è solo vagamente aggregato all’ID e, naturalmente, alla CIA. I rapporti del Dipartimento (ufficialmente indicato come Dipartimento 17, CIAID) non vengono perciò incorporati in nessuno dei tre grandi gruppi di rapporti. In realtà il Dr. Lappe, il serissimo e nervosissimo direttore della American Literary Historical Society (la cui denominazione ufficiale è Sezione 9, Dipartimento 17, CIAID), sgobba come un negro a preparare rapporti settimanali, mensili e annuali che forse non figureranno mai nel corrispondente rap“porto del Dipartimento 17. A loro volta, spesso i rapporti del Dipartimento 17 non colpiscono l’attenzione dei coordinatori dei rapporti a livello di divisione, e così non vengono inclusi in nessun rapporto dell’ID. C’est la vie.
La funzione della Society e del Dipartimento 17 è quella di studiare i casi di spionaggio e simili che si trovano nelle opere letterarie. In altre parole, il Dipartimento legge romanzi gialli che parlano di spie e di omicidi. Le strampalerie e le situazioni contenute in migliaia di volumi del genere sono accuratamente descritte e analizzate negli schedari del Dipartimento 17. Sono stati minuziosamente esaminati perfino libri che risalgono all’epoca di James Fenimore Cooper. La maggior parte dei libri sono conservati nella sede centrale della CIA a Langley, Virginia, ma la Society possiede anche una sua biblioteca di circa tremila volumi. Una volta il Dipartimento era ospitato nella Christian Heurich Brewery, vicino al Dipartimento di Stato, ma nell’autunno del 1961, quando la CIA si insediò nei nuovi uffici di Langley, il Dipartimento si trasferì in un quartiere suburbano entro i confini della Virginia. Nel 1970 il costante aumento di questo specifico materiale letterario cominciò a creare problemi logistici ed economici per il Dipartimento. Inoltre, il Vice Direttore dell’ID mise in dubbio la necessità di lettori altamente specializzati e, quindi, profumatamente pagati. Per conseguenza, il Dipartimento riaprì la sua sezione staccata nel centro di Washington, ma questa volta sistemandola opportunamente vicino alla Biblioteca del Congresso. Poiché i dipendenti della sezione non lavoravano nella sede centrale, all’atto dell’assunzione vennero sottoposti a una sommaria indagine di categoria Secret, e non alla minuziosa indagine Top Secret indispensabile per chi deve lavorare all’interno della sede centrale. Naturalmente, i compensi erano proporzionati alla loro categoria.
I ricercatori del Dipartimento si tengono aggiornati su quanto avviene in campo letterario e si dividono il lavoro di comune accordo. Ogni ricercatore ha una sua sfera di competenza, di solito determinata in base agli autori. Oltre a riassumere gli intrecci e le tecniche di ciascun libro, il ricercatore riceve ogni giorno dal centro di Langley una serie di rapporti debitamente “purgati”. Questi rapporti contengono descrizioni sommarie di fatti realmente accaduti, ma senza nomi e con i particolari limitati allo stretto indispensabile. Realtà e fantasia vengono confrontati, e se in un libro si riscontrano vistosi punti di contatto con un avvenimento realmente accaduto, il ricercatore comincia un ulteriore esame del testo sulla scorta di un rapporto più particolareggiato ma sempre purgato. Se le analogie anche in questa seconda fase continuano ad apparire sensibili, le informazioni e i rapporti vengono inoltrati per un terzo esame a una sezione superiore del Dipartimento. Dopo di che, in qualche posto viene deciso se l’autore abbia lavorato di fantasia e sia stato fortunato o se sappia più di quanto dovrebbe sapere. In questo secondo caso, l’autore è decisamente sfortunato, perché viene inviata subito una nota operativa alla Plans Division. I ricercatori devono compilare elenchi vengono inoltrati agli istruttori della PD, che sono sempre alla ricerca di nuovi trucchi.

James Grady, Calore bianco, Tropea, 1997 (ed originale White Flame, 1996)

«La politica non è quello che dicono in televisione. La televisione è la politica. Non tutta la politica è televisione. Ma tutta la televisione è politica. Le sitcom ci dicono che la stupidità è il battito cardiaco che scandisce il divertimento. Le risate registrate ci addestrano come i cani di Pavlov. I telefilm polizieschi appiattiscono violenza, avidità e eroismo in uno schermo da ventun pollici. I talk show ci intrattengono con sconosciuti che mentono sulla loro vita sessuale. I video trasformano la musica da una catalisi dell’immaginazione a un sottofondo su cui i produttori pubblicizzano i più diversi prodotti. Le pubblicità danno una forma alla nostra insoddisfazione, ci mostrano quello che dobbiamo avere, cosa dobbiamo fare e come obbedire. I notiziari televisivi sono quello che i reporter riescono a trovare per riempire gli spazi tra le pubblicità. Solo in casi rari e fortunati la verità passa sugli schermi. La realtà non emerge dai notiziari. La realtà non emerge da nessuna notizia. Tutto ciò che sappiamo dalle notizie è quello che i politici e la misericordia degli annunciatori ci con cedono di sapere. E la fantasia batte la realtà con i film delle undici. La politica non è più quella di una volta! Dalla prima volta che la gente si è raggruppata fino al giorno della bomba su Hiroshima, la politica è sempre stata qualcosa di diverso da quello che è oggi. Un tempo la politica era ciò che avveniva in uno spazio pubblico. Significava che esisteva uno spazio privato; forse solo qualche fortunato poteva rifugiarcisi, comunque esisteva. Una frontiera oltre la quale si poteva vivere lontano dal mondo. Una porta che poteva essere chiusa. Esistevano due realtà, una pubblica e una privata e, anche se erano sempre collegate fra loro, rimanevano dimensioni separate. La bomba atomica ha distrutto ogni divisione. La nostra società consumistica che deve vendere e comprare un oblio pianificato ha distrutto ogni divisione. La televisione e la cybermorale hanno travolto ogni confine. Se la politica non è quello che ci dicono in televisione»> continuò Faron «se non è quella di una volta, che cos’è oggi la politica? La politica è tutto ciò che la gente fa coinvolgendo il potere. Non esiste un “potere pubblico”, né un “potere privato”. “Pubblico” e “privato” non esistono più. Esiste solo un’unica dimensione, fatta di realtà collegate; una dimensione sola che racchiude tutto. Una dimensione che è un cosmo in continua evoluzione, ed è formato da galassie chiamate nazioni e società per azioni, sistemi solari chiamati gruppi etnici e classi economiche, pianeti che chiamiamo lavori. Ogni particella di energia si irradia a un’altra particella. In un cosmo come questo, ogni volta che re spiriamo è politica. Pensateci: nel nostro mondo cosa potete fare che non sia un atto politico? Quando cagate o quando usate una parola come questa? Esistono leggi contro la defecazione in pubblico. Leggi che governano i gabinetti delle vostre case. Se smettete di lavarvi i denti, l’Associazione dei dentisti americani e la lobby che la sostiene tremano. Come tremano i produttori di dentifricio, e i fanatici che credono che il fluoro sia una cospirazione comunista. Un avvocato può usare i vostri denti sporchi per dimostrare che siete pazzi e rinchiudervi. Se un numero sufficiente di noi smette di lavarsi i denti, i produttori di dentifricio andranno in fallimento, i loro dipendenti dovranno chiedere i sussidi allo stato e i proprietari delle azioni invocheranno un’operazione di salvataggio, finanziata con i soldi dei contribuenti! Le parole che usate: questa è politica. Ci siamo sempre sforzati di essere “corretti” nei confronti di qualsiasi grup po che ci possa causare problemi se usiamo una parola che a loro dà fastidio. Le parole danno forma al nostro pensiero, e che cos’è questo, se non politica? Fino a quando i presidenti americani potevano pensare a mia madre solo come a “una di colore” non dovevano preoccuparsi di cosa le succedeva. Così se la politica è cambiata anche la nostra vita è cambiata. La vita di tutti. La mia, la vostra. Quindi che cosa significa tutto questo per noi? Per voi? Significa che dobbiamo essere attenti. Ora più che mai, fate attenzione a chi siete e a quanto potere avete realmente. Non sperate che i politici di ieri vi portino verso il domani. Loro pensano che la “politica” sia come riuscire a farvi votare in modo che possano mantenere le loro cariche medievali. Se un uomo politico non comprende che il mondo è cambiato, non fidatevi di quello che dice. Se non si rende conto che i Crips e i Bloods, la Yakuza, le Triadi e l’organizzazione dei Ghost Shadows, i cartelli colombiani, la Mafia russa e Cosa Nostra americana sono forze politiche influenti, allora quel politico è un idiota. Nel nostro nuovo mondo, la persona che vorrebbe essere il vostro capo ha gli occhi ben aperti? Sa quali mura e forze di polizia private circondano i quartieri di tutto quel crogiolo che è il nostro paese? Siamo sempre meno una nazione, e somigliamo sempre più a un mondo di gruppi tribali identificati dall’etnia, la geografia e la ricchezza. I valori e principi che hanno identificato gli esseri umani dal giorno in cui siamo strisciati fuori dal fango, non sono spariti ma come facciamo per quello di cui abbiamo voglia e necessità… La forza costringe , il potere agisce…»

[…]

«Eccoti» disse Faron Sears. Faron sedeva rivolto verso la testa della carrozza. Sulle ginocchia teneva un computer portatile acceso, con lo schermo illuminato da una luce azzurrina.

«Qui» disse e tolse dal sedile di fronte il cappotto, che sistemò per terra, dietro le gambe. «Siediti un po’ con me.»

La guardia del corpo con i capelli a spazzola era seduto di fianco a Faron, dall’altra parte del corridoio.

«Stai lavorando» disse Sallie. «Non voglio disturbarti».

«Sto solo navigando.» Poi disse alla guardia: «Va tutto bene, puoi andare.»

Con un cenno del capo, Spazzola si alzò e si incamminò verso Monk. La forza di gravità spingeva Sallie nel vuoto davanti a Faron. «Dai, avanti» la esortò. «Fammi compagnia. È un viaggio lungo.»

C’erano tante buone ragioni per restare, quante per tirare dritto. Si sedette, lisciando le pieghe dei pantaloni con le mani, come se volesse tirarsi sulle ginocchia una gonna troppo corta.

«Navigare?» domandò. «E su quale oceano?»

Faron spostò di lato il portatile. «Sai cos’è Internet?»

«Forse è meglio che me lo spieghi tu.»

«Internet è come un gigantesco collettivo elettronico di cui può far parte chiunque abbia un computer e un telefono: è una rete di dati condivisi. Una rete viva, ventiquattro ore su ventiquattro. Che cresce, che è.»

«È cosa?»

«Quello che diventa. Se George Orwell avesse descritto il vero 1984, avrebbe sottolineato che è stato l’anno in cui Internet ha raggiunto un totale di mille utenti, la maggior parte negli Stati Uniti. Adesso quasi diciassette milioni di persone usano Internet in più di cento paesi; persone, non una sorta di “Grande Fratello”.»

«Ed è quello su cui stai… navigando. Ora, in questo mo mento.»

«Adesso il portatile non è collegato a un telefono e non sono inserito in rete, ma l’ultima volta che l’ho fatto, ho caricato la posta.»

«Posta elettronica.»

«Sì» disse lui. «Abbiamo creato il primo sito “politico” della rete, un “luogo” nel cyberspazio dove puoi collegarti a me o alle altre persone che si collegano a me. Una bacheca. Un file di messaggi e domande da parte di chi si collega, tutto interattivo.»

«Quante persone si collegano?»

«Circa centoquarantasettemila.»

«Centoquarantasettemila!»

«Non tutte contemporaneamente. Di solito, in un momento qualsiasi, il mio sito ha circa duemila messaggi. Commenti su di me o domande indirizzate a me.»

«E cosa ne fai?»

«Mi collego» disse Faron. «Sfoglio i messaggi. Quando ne trovo uno che mi… ispira, lo commento. La domanda e la mia risposta vengono registrate in modo da poter essere lette da altri.

«E il computer segnala che tu in persona hai dato ri sposta proprio a quella domanda.»

Faron sorrise. «Ho progettato un sistema di protezione del sito che si disattiva solo con la mia parola d’ordine. E nessuno la conosce, nemmeno Lauren.»

«Così le nascondi qualcosa.»

«Come tu nascondi qualcosa a Cole.» Indicò il portatile.

«Ogni quarantacinque giorni il sito viene ripulito. Per tenere i collegamenti aggiornati e per spingere gli utenti a ritornarci. Tutti i miei commenti vengono trasferiti in una bacheca permanente e copiati nelle biblioteche di una decina di università che lavorano su mia commissione.»

«Le parole del presidente Faron Sears, preservate per l’eternità.»

«Pensi così male di me?»

«No, io… no. Scherzavo.»

Il sorriso di Sears la perdonò. Non farlo! si disse lei; e riprese: «Ti connetti con i tuoi sostenitori personalmente e, allo stesso tempo, è come se facessi un discorso alla nazione.»

«E la persona con cui interagisco, in seguito avrà un in eresse personale nelle nostre iniziative.»

«Gesù che tocca le masse» sussurrò lei.

«Un paragone assurdamente grandioso.»

«Cosa?» Sallie scosse la testa, il cervello che lavorava a un ritmo febbrile. «Il discorso, il raduno oggi a Newark. Non… non era molto grande.»

«Quanto era grande?»

Lei lo guardò.

«Lo abbiamo annunciato nel mondo reale con volantini, il giorno prima. Un preavviso di sole ventiquattro ore, ma abbiamo avuto una risposta di trecento persone, senza contare poliziotti, volontari, collaboratori pagati e agenti FBI in incognito.»

«Eravamo solo in due.»

«Già.»

«Perché?»

«Si perdono giorni interi per organizzare i raduni politici tradizionali, sperando di avere un impatto e di essere notati. Il loro successo è giudicato in base a quante perso ne sono veramente presenti durante l’evento. Con la velocità con cui abbiamo agito, è già una notizia il fatto che ci fosse qualcuno. E c’erano anche i media. Parlando di noi, diranno: “Ma come diavolo hanno fatto?”…» Poi continuò: «Abbiamo annunciato ieri in rete che ci sarebbe stato un incontro “reale” a Newark. Quando i navigatori di Internet lo vedono, quando confrontano quei dati con quelli che si trovano nei media tradizionali, quando richiamano il mio discorso in rete…»

«Proprio perché hai parlato a bassa voce, il mondo si sforzerà di ascoltare» disse Sallie. «E ora con i computer e Internet hanno le orecchie per farlo.»

«Alcuni possono perfino caricare il video del raduno di rettamente nelle loro macchine. Possono “esserci” quando vogliono, liberi dalle limitazioni dei network.»

«E ora c’è qualcuno che vuole fermarti.»

«Non mi preoccupo che qualcuno mi “fermi”» disse Sears. «È troppo tardi. Ciò che conta è quello che avrei potuto essere.»

«Credo di capire» disse lei.

«Vorrei poter dire lo stesso. So cosa significa una parte di ciò che è accaduto, ma non lo colgo nell’insieme, non ci riesco: continua a evolvere, superandomi. Oggi, l’evoluzione è veloce come la luce.»

«Dove ci stai portando?»

«No, la domanda è: dove siamo ora e dove stiamo andando?» E aggiunse: «È importante che ci sia qualcuno come me. Meglio io che un Hitler, un Rasputin o un Charlie Manson. La rete è già diventata uno strumento politico. Le milizie di destra la usano; così come i candidati presidenziali ufficiali. I ribelli zapatisti in Messico si coprono i volti con fazzoletti rossi, attaccano il governo con gli M-16 e radunano i loro organici su Internet. La strada non giudica chi ci sta sopra. Ma se io la attraverso a modo mio, posso vaccinarci contro tutti i manipolatori e i cybermostri.»

[…]

Faron indossava una camicia di cotone sopra il dolcevita blu mare, jeans neri slavati che coprivano gli stivali.

«Mi accompagni fuori?» chiese a Dalton.

«Dove vai?» disse Cole mentre scendevano le scale.

Faron condusse Cole fino alla sala operativa, toccò il nastro giallo, lo lasciò al suo posto. Non rispose al telefono che squillava. Nell’armadio che Sallie aveva scassinato c’era un computer portatile. Faron lo aggiunse ai bagagli e tornò con Cole al pianterreno. «Non puoi abbandonare il Movimento politico che hai creato!»

«Il concetto importante è il Movimento» disse Faron. «Dopo esserne diventato l’apice, dopo che un assassino me l’ha dimostrato, ho capito che se una persona ne diventa il centro, allora tutto si appoggerà su quella persona. Allora i tentativi di assassinio avrebbero senso quanto le elezioni; allora tutto quello che siamo riusciti a creare non è altro che una copia di ciò che esiste già.»

«Abbandoni tutto quello in cui hai convinto gli altri a credere?»

«È vero il contrario. È semplice. Il mondo in cui viviamo può cambiare solo se modifichiamo il modo in cui viviamo nel mondo.»

«Geniale. Mi mancheranno queste tue brillanti…»

Faron sollevò il portatile. «Sarò qui dentro, se vuoi cercarmi. Solo che non sarò proprio io, sarà solo la pura espressione di…»

«Le idee che circolano su Internet non nutrono i bambini che muoiono di fame ad Harlem.»

«No. Ma forse possono aiutare a cambiare le menti che lasciano morire quei bambini.» Accompagnò Cole fino al la reception. Lì, su un tavolo, c’era un pacco avvolto in carta marrone.

«Con tutti i tuoi miliardi…»

«Non li ho più.» Faron aprì il pacco. «Mi sono tenuto il sufficiente per non morire di fame, ma la maggior parte del denaro è finito nei gruppi di proprietà dei dipendenti e nel progetto per Chicago, in fondazioni e in borse di studio.»”

P.S. Nel 2009 Leorugens produsse un post dal titolo inquietante: Grillo: internet “è il principio della democrazia”… e anche la fine? nel quale riportava un interessante articolo di Claudio Gerino del 19.21995 apparso su la Repubblica

Stregati da Internet la Telematica di Massa
ROMA – L’Italia scopre ‘Internet’, la ‘madre di tutte le reti informatiche’. E scopre anche le potenzialità e i rischi di una nuova forma di comunicazione, quella telematica, che sta cancellando, nel bene e nel male, le frontiere nazionali e le differenze sociali. Nel nostro paese, gli utenti della ‘rete’ sono 40 mila (dati Eurispes). Ma negli ultimi mesi, la crescita esponenziale di Internet ha determinato il ‘boom’ della telematica. Perché questo successo? Proprio ieri, Beppe Grillo, il comico italiano fustigatore del ‘144’, ha parlato a lungo di Internet: “Non crea le notizie, le distribuisce; è il principio della vera democrazia. In Internet si prende quello che si vuole e si paga ciò che si prende”. Nello stesso tempo, Carlo De Benedetti, presidente e amministratore delegato della Olivetti, in un’intervista a ‘Prima Comunicazione’, ha sostenuto che la nuova informazione “viene soprattutto dalle reti come Internet, dove sei tu a scegliere le notizie”. Due personaggi diversi, lontani per origini, scelte, comportamenti, vita come Beppe Grillo e De Benedetti indicano in Internet la nuova frontiera della democrazia. Una possibilità che i grandi gruppi dell’informatica (e della politica) sembrano aver ben capito: Bill Gates, presidente del colosso ‘Microsoft’, offre accessi a Internet attraverso i suoi nuovi programmi software. La Ibm non è da meno. E la stessa Casa Bianca ha cercato di dare un impulso notevole alle cosidette ‘autostrade informatiche’. Proprio ieri, ad Atlanta, i massimi esperti d’informatica hanno discusso a lungo dei rischi e delle potenzialità della telematica. E il settimanale Newsweek in un sondaggio ha accertato che il 45 per cento degli americani usa il computer almeno una volta al giorno. “Lo sviluppo della telematica – è stato detto ad Atlanta – sarà determinato dalla battaglia tra informazione ed intrattenimento, tra diritto alla privacy a diritto di poter legalmente percorrere le reti informatiche fornendo agli utenti tutti i servizi richiesti”. E lo scontro tra diritti individuali e d’impresa, tra libero uso delle tecnologie e protezione dell’intimità e della sicurezza dei cittadini e delle aziende sarà uno dei problemi più grossi che le ‘reti telematiche’ si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi. “Milioni di persone hanno un accesso limitato a Internet, mentre molti ricercatori devono al contempo nascondere la loro attività sulla rete per non essere disturbati e intralciati nel lavoro” hanno spiegato gli esperti. D’altro canto, una recente indagine del New York Times ha rivelato che tra gli utenti di Internet sono in grande crescita gli anziani e i giovanissimi che, attraverso la ‘rete’, hanno superato barriere generazionali e sociali. Ma nella stessa inchiesta, il quotidiano metteva in luce un nuovo pericolo, quello della grande frattura tra coloro che sono in grado, per cultura, possibilità, interessi, di utilizzare le nuove tecnologie e quelli che, invece, ne sono esclusi. Nicholas Negroponte, fondatore del Media Lab del Massachussett Institute of Technology, paventa questa nuova divisione sociale del mondo. “Dal mondo digitale – afferma il fondatore del Media Lab – vengono tagliati fuori i trenta-quarantenni di oggi, ricchi e poveri”. In questa divisione resteranno indietro, sostiene Negroponte, soprattutto le nazioni del primo mondo, quelle che ora rappresentano ricchezza e potere. “Nel 2000, quando i computer costeranno meno di una bicicletta, i paesi con una popolazione d’età media elevata saranno tagliati fuori dalla rivoluzione informatica”. Oggi, a Prato, le reti telematiche amatoriali italiane discuteranno di tutto ciò […]