Chi di voi sa chi sia Donald Luskin?

E soprattutto perché mi interesso di lui, provando a ricordarvi il suo nome?
Perché Donald Luskin è un esempio di cazzaro che da decenni spara cazzate che non vengono trattate come tali ma, paradossalmente, influenzano i destini della comunità umana.
Chi di voi sa cosa sia il Financial Stability Board? L’FSB è un organismo del Fondo monetario destinato ad occuparsi degli squilibri finanziari mondiali e, in presenza di tali eventuali fenomeni, individuare le soluzioni perché… non crolli tutto. Draghi, l’attuale presidente del Consiglio, relegato ormai apparentemente a fare il premier in Italietta, ad esempio, è stato il capo dell’FSB e, da quella posizione (mi scuso per l’improprietà del linguaggio in una materia tanto oscuramente tecnica), anni addietro, nei terribili momenti che hanno succeduto la crisi finanziaria mondiale innescata dalla liquidazione volontaria della Lehman Brothers (di questi giorni nel settembre del 2008), ha saputo esprimere il meglio di se salvando banche e banchieri e al tempo attirando l’attenzione dei suoi ambienti, professionali e massonici, sulle sfide a lungo termine che aspettavano l’umanità nelle sue varie articolazioni: sarebbero entrati in crisi i sistemi sanitari (a prescindere da eventuali cigni neri pandemici), quelli pensionistici e, soprattutto, quelli legati al mutamento climatico. Tutte e tre le previsioni azzeccate in pieno. Capisco che ora vederlo dover far finta di ritenere Matteo Salvini una cosa seria sia imbarazzante e indizio di una qualche preoccupazione per il nostro futuro ma per ora teniamo duro, vigilando, perché Mario Draghi, se non si è rincoglionito, sa di cosa si parla.
Mentre lo osservate all’opera tenente conto che quando si doveva decidere per chi tra lui e il tedesco Alex Weber dovesse guidare la BCE, nonostante Draghi fosse anche un ex dirigente della Goldman Sachs e avesse un cuore che batte spesso in sintonia con Wall Street, a quel posto fu messo lui. Fu messo e per capirsi l’ascesa non fu frutto delle manovre di un paramassoncello qualunque alla Pietro Amara.
Oreste Grani/Leo Rugens