Se Calenda va al ballottaggio il nuovo sindaco della Capitale sarà lui

Non so se uscirò di casa per andare a votare per chi dovrà, eletto sindaco della Capitale, ereditare il “nulla organizzato” che sta per lasciare Virginia Raggi. Il primo partito, a Roma, comunque, sarà quello di chi non eserciterà il diritto al voto. Dopo il Partito degli Astenuti/Incazzati verranno gli altri che, a mala pena, tutti sommati, faranno la metà dei romani adulti. Già questo descrive la gravissima responsabilità che l’avvocaticchia si è assunta cominciando a sbagliare scegliendo, da subito, gli oscuri fratelli Marra, finendo con l’accettare, in punto di morte, perfino il bacio viscido di Maurizio Costanzo e le incursioni dell’esuberante Lorenza Fruci fatta assurgere ad erede, in politica culturale, di Renato Nicolini, Carlo Giulio Argan, Gianni Borgna. Per citare alcuni.

Dicevo che non so se andrò a votare. Io come tanti altri che conosco. Se dovessi uscire di casa eviterò di segnare il nome di Michetti (quanta brutta gente gli ronza intorno!), di Gualtieri (che noia!), della Raggi, ovviamente. Di ora in ora cresce l’ipotesi (così si mormora) che lo sparigliatore Calenda riesca ad attrarre un numero sufficiente di insoddisfatti (per mille e mille motivi anche all’interno dei propri partiti di riferimento) per sgambettare i troppo sicuri. E se Calenda va la ballottaggio, sarà sindaco lui.  

Oreste Grani/Leo Rugens 

P.S.

E se Calenda dovesse essere sindaco dovrà trovare (questo è il suo primario compito) una sincronizzazione tra politica e società civile inaugurando quella che si chiama gestione dei sistemi complessi materia dove la povera Raggi, anche se avesse voluto, non aveva strumenti culturali per capire di cosa si parlava. L’assoluta mancanza di sincronia va riequilibrata trovando una modalità operativa attraverso cui la politica, ripensando se stessa, torni a dettare i tempi e le modalità di organizzazione della società civile e non il contrario. La mancanza di coordinamento che eventualmente erediterà Calenda tra esigenze (quasi tutto) e risposte, tra costume e norma, ha creato un indebolimento di tutte le strutture comunali che non sono state in grado di programmare come affrontare i possibili scenari futuri. La politica a Roma deve ritrovare l’azzardo della visione verso il futuro, insieme (altro che Michetti e compagnia cantando) con il realismo di una buona programmazione, fondatasi su metodi scientifici ed avanzati.