Il reato di peculato e Domenico Arcuri


Il reato di peculato è materia di diritto penale. Nella mia visione del mondo è un reato particolarmente odioso perché riguarda, per etimologia antica, il gregge (pecus), cioè, mi scuso con i colti, il popolo. E se Domenico Arcuri fosse colpevole di quel che, per ora, il magistrato Paolo Ielo vuole capire del suo comportamento, in questa sporca storia risulterebbe che ex Commissario Straordinario avrebbe cercato di arricchirsi (ancora di più di quanto presumo sia) approfittando della tragedia nazionale determinatasi con la pandemia di COVID 19. 

Da subito ho il ricordo di essermi chiesto (e di aver reso pubblica questa mia perplessità in questo luogo telematico ) chi cazzo mai avesse deciso che un tipo alla Arcuri doveva divenire il dominus degli acquisti attinenti all’emergenza nazionale sanitaria. Rimuovendo il dettaglio che in Italia c’era e c’è già CONSIP per fare quel che bisognava fare in modo che Arcuri potesse fare. Se saranno trovate le prove di comportamenti illeciti solo il massimo della pena, cioè dieci anni, andrà erogata.  Al tempo rimango fermo su questo quesito “strategico”: chi ha fatto, per primo, in sede di Governo, il nome dell’uomo di Invitalia e con quali argomentazioni ha sostenuto la nomina? Perché al resto penseranno Ielo e i suoi collaboratori mentre a noi compete il dovere di non arretrare di un centimetro sul sapere a “chi” dobbiamo la scelta. Perché, sentite a me, non è cosa minore far sapere agli italiani, molti parenti dei morti per COVID o scampati al massacro riportando danni gravissimi, in quale mente perversa si è fatta strada la scelta del bradipo. Bradipo certamente e non credo sia un reato definirlo tale. Ladro di Stato, vedremo. 

Domani la Polizia mi deve notificare un atto giudiziario e sarebbe prudente stare fermo con le dita. Ma la notizia che Arcuri viene formalmente indagato, con Benotti ed altri, mi obbliga a scrivere. Domani vedremo di cosa devo rispondere io. 

Oreste Grani/Leo Rugens