“I polli e le galline non sono come il baccalà”


L’affare Pandemia non solo si ingrossa (vi dico dal primo giorno che non sarebbe stata una passeggiata per l’intero Pianeta e che, quando sembra messo sotto controllo, il virus, anche in paesi evolutissimi come Germania, Danimarca, Francia e, temo per tutti voi, anche l’Italia, riprende forza e aggredisce, con nuove abilità, gli umani) ma la notizia di un focolaio di influenza aviaria a Roma (Ostia-Fiumicino) dice che il peggio (vuol dire che ciò che ci ha già tanto turbato e fatto soffrire sul piano sanitario) potrebbe essere norma a cui abituarsi e soglia superata da una degenerazione prossima ventura. Figurarsi quindi cosa voglia dire accettare la logica degli eversori che mestano sui vaccini e le mascherine che vogliono sabotare la difesa. Sia pur tardiva, ma certamente qualcosa. Tra loro (li chiamo eversori e nemici della collettività) colloco anche quelli che hanno ritenuto di potersi arricchire speculando sulla grande paura e i grandissimi bisogni dei cittadini.

Sto dicendo che se si diffonde una qualche forma di influenza “aviaria” (è un’infezione che tiene in rapporto molto stretto il mondo animale e gli “umani”), contestualmente al COVID 19 ancora non domato, in presenza di una “normale” epidemia influenzale stagionale, la miscela esploderà, quasi fossimo al porto di Beirut. Ad Ostia-Fiumicino è comparso un nuovo agente patogeno o è un organismo che già conosciamo dal 1996?  Il virus ostiense è pronto a colpire il genere umano creando gravi patologie ed è pronto a diffondersi rapidamente? Basterà abbattere “i polli e le galline perché son senza spine; non son come il baccalà”? Della serie “ci mancava anche questa!”.

Oreste Grani/Leo Rugens